mercoledì 31 agosto 2011

LAC: la pre-apertura è solo una "pre-furbata" ai danni del patrimonio faunistico

31 agosto 2011, comunicato stampa

CACCIA: LA "PRE-APERTURA" AD INIZIO SETTEMBRE E' SOLO UNA "PRE-FURBATA" AI DANNI DEL PATRIMONIO FAUNISTICO.
La Lega Abolizione Caccia ricorda i principali diritti di sicurezza del popolo disarmato.

In linea generale la stagione venatoria dovrebbe spaziare, per legge, tra la terza domenica di settembre e la fine di gennaio. La scelta di una quindicina di Regioni italiane di avvalersi in varie forme di una facoltà di deroga, autorizzando a partire dal 1 settembre alcune ulteriori giornate di caccia a tortore, corvidi ed alcune specie di anatre selvatiche, oltre ad essere una farsa implica anche danni ed inconvenienti di vario tipo.
In pratica autorizzare la caccia anche ad un limitato numero di specie, a causa della penuria di controlli, comporterà anche disturbo venatorio alle specie protette, nonchè abbattimenti illegittimi di esemplari di specie a cui la caccia non è ancora ammessa (lepri, pernici, merli,ecc.).
E' facile immaginare anche un sensibile disturbo al turismo in una stagione estiva ancora in pieno svolgimento, con un collaterale rischio anche di incidenti alla persone che frequentano le campagne sia a scopo ludico che lavorativo.
La Lega per l'Abolizione Caccia rammenta a tutti i cittadini che è vietato esercitare la caccia a 100 metri da fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o luogo di lavoro, a 50 metri di lato da strade e ferrovie, e che è vietato sparare col fucile in direzione di case e strade a meno di 150 metri di distanza; è vietata la caccia nei terreni in attualità di coltivazione sino alla data del raccolto. Chi riscontra abusi contatti telefonicamente le polizie provinciali o le più vicine stazione del CFS o dei corpi forestali regionali delle Regioni autonome.

Lega Abolizione Caccia, Ufficio Stampa

martedì 30 agosto 2011

Tar Campania ha fermato la pre-apertura della caccia

(ANSA) - ROMA, 30 AGO - In assenza del "piano faunistico" che dovrebbe regolamentare sulla base di censimenti e studi scientifici i tempi, i modi e le specie oggetto di caccia, il TAR di Napoli ha fermato la pre-apertura della caccia. Lo fa sapere il Wwf in una nota in cui spiega che il provvedimento, riferito a diverse specie, accoglie il ricorso dell'associazione ambientalista contro quanto stabilito dalla Regione Campania, che nell'approvare il calendario venatorio per la nuova stagione aveva "concesso attività non conformi alle regole".

Reggio Emilia. Spari vicino alle case La gente ferma la caccia

A San Maurizio la battaglia contro le doppiette


Reggio Emilia, 26 agosto 2011 - Mancato rispetto da parte dei cacciatori della distanza minima dalle abitazioni, con conseguenti spari ravvicinati e rinvenimento di bossoli a 10-15 metri dalle case, cani segugio che si infilano tra le abitazioni e costituiscono un pericolo per bambini e animali domestici, oltre alla presenza nelle vicinanze di un centro commerciale e di una pista per le prove di sicurezza stradale dell’autoscuola Gatti. “Un concreto pericolo per la pubblica incolumità”, secondo l’ordinanza comunale che da 20 giorni vieta l’esercizio dell’attività venatoria nei campi tra via Comparoni, via Silone e via Fieravanti, in zona San Maurizio.

«Non ero neanche a conoscenza del fatto che prima qui si potesse cacciare – ci dice Marco Gatti, uno dei proprietari dell’autoscuola – e ovviamente ero all’oscuro anche di questa questione. Siamo qui ormai da due anni, e devo dire che non abbiamo mai sentito neanche uno sparo. Però, ormai, questa è diventata una zona troppo abitata per attività del genere: direi che è un giusto divieto».

Stefano Molteni è uno dei promotori della raccolta firme in via Silone, che ha portato all’ordinanza del Comune: «Vivo qui dal 2005 e questo problema c’è sempre stato, anche se negli ultimi 3-4 anni aveva assunto maggiori proporzioni. Allora, consigliati dalla polizia provinciale che era già intervenuta diverse volte su nostra richiesta, abbiamo fatto una raccolta firme per proporre un’ordinanza restrittiva per la caccia in questa zona. Avremmo voluto che l’interdizione fosse posta su un‘area più vasta, ma le associazioni venatorie non erano d’accordo».

«Secondo me – spiega Molteni - avevano paura che quest’area di divieto più ampia si potesse collegare a un’altra confinante, creando così una zona ancora più grande vietata alla caccia. Comunque, siamo soddisfatti di questo percorso partecipativo. La cosa fondamentale è che all’apertura della nuova stagione queste nuove regole vengano rispettate e fatte rispettare: altrimenti tutto questo non sarà servito a nulla».

Letizia Signori, 15 anni, anche lei residente in via Silone, ha raccolto materialmente le firme tra i suoi vicini di casa: «Eravamo praticamente tutti d’accordo. A parte il pericolo per le persone, c’era anche il fatto che alla domenica mattina non si poteva più dormire. I cacciatori parcheggiavano le macchine qui davanti, e poi via con le urla, i latrati dei cani, gli spari: non se ne poteva più».

Laura Zeni e suo marito Luca Magnani sono convinti che sia stata una buona decisione: «Sparavano troppo vicino. Abbiamo anche un cane: avevamo paura che ce lo impallinassero scambiandolo per un altro animale. E poi davano fastidio. Qualcuno aveva trovato addirittura dei pallini conficcati negli scuri delle finestre». Anche le associazioni venatorie si sono espresse favorevolmente verso la decisione, che è arrivata però dopo lunghe e difficili trattative tra le parti in causa. «C’è chi ha cercato di estendere ulteriormente l’area di divieto – afferma Dario Paglia, presidente della sezione reggiana di Federcaccia -, strumentalizzando i comportamenti sbagliati di qualche idiota che spara verso le case».
Ivan Rocchi

lunedì 22 agosto 2011

Cacciatori fermati in Croazia

IL CASO. Tre vicentini residenti a Camisano sono stati bloccati dalla polizia durante una battuta ritenuta illegale. Sequestrati i fucili e gli uccellini abbattuti, parte dei quali sarebbero protetti. Ora devono restare in attesa del processo

Le loro vacanze le avevano programmate in Croazia, così da visitare una terra splendida e da poter coltivare il loro grande hobby, quello della caccia. Ma tre vicentini sono incappati in un controllo della polizia durante una battuta e sono stati posti in stato di fermo in attesa del processo. Dovranno pertanto aspettare fino a martedì per poter tornare in Italia, e rischiano una forte multa per delle violazioni presunte che sostengono di non avere mai commesso.
Nei guai sono finiti Antonio e Alex Bulato, rispettivamente padre e figlio, di 69 e 26 anni, e dell'amico Roberto Danieli, 24, tutti residenti a Camisano e conosciuti in paese. Sono accusati di aver praticato in maniera illegale l'attività venatoria durante una battuta in Croazia.
In base a quanto è stato possibile ricostruire - non è agevole riuscire a contattarli e la polizia locale ha ritenuto di non fornire informazioni precise sulle contestazioni mosse al terzetto - i camisanesi si erano recati nel paese dell'Est Europa in compagnia di un gruppetto di appassionati di caccia, con la supervisione di un'agenzia che gestiva il viaggio. Sono numerosi i cacciatori vicentini che scelgono questa formula per andare a cacciare nei paesi balcanici o dell'Est, per avere supporto logistico in loco e per avere ausilio in caso di guai. Come purtroppo è accaduto.
Particolari sui tre fermi ne sono emersi pochi. Da quanto è emerso, i tre erano certi di avere le carte in regola, di avere scelto una zona di caccia consentita e di avere rispettato gli orari previsti. Le normative sono rigide e i vicentini, seguendo il consiglio dei loro accompagnatori che avevano paventato loro i rischi di trasgredire le regole, erano stati fiscali nel seguirle.
Con i due Bulato e con Danieli c'erano almeno altre tre-quattro persone. I vicentini sarebbero stati sottoposti ad un controllo a sorpresa da parte della polizia forestale croata che ha iniziato a muovere loro delle contestazioni. Sono intervenuti gli accompagnatori croati che hanno fatto anche da interpreti facendo comprendere ai camisanesi che secondo la polizia parte degli uccelli che avevano cacciato erano protetti, e quindi vietati. Per questo hanno dovuto seguire gli agenti in una caserma poco lontano nella quale sono stati compiutamente identificati e trattenuti.
L'attesa è durata molto a lungo, come spesso avviene in queste occasioni. Altri vicentini coinvolti in passato in disavventure del genere hanno sostenuto che uno degli aspetti più fastidiosi è quello di dover restare per intere giornate in una stanza in attesa di avere informazioni che apparentemente non arrivano mai.
Quello che i Bulato e l'amico di famiglia sono riusciti a sapere è che il magistrato aveva deciso di processarli, e che quindi erano in stato di fermo fino a martedì, quando è stata fissata l'udienza in tribunale. La loro auto è stata tenuta in caserma, le loro armi da caccia sequestrate oltre, ovviamente, alle cartucce e agli uccellini che fino a quel momento avevano ucciso durante la battuta. È stato loro consentito contattare un avvocato e parlare con gli organizzatori del viaggio e con l'agenzia, ma anche di dare notizia di quanto era loro successo ai famigliari in Italia, che stanno vivendo questi giorni con crescente preoccupazione.
Ai parenti è stato comunque sconsigliato di andarli a trovare per prestare loro assistenza, anche legale, perchè non è chiaro se possano incontrare altre persone o scegliersi un avvocato diverso rispetto a quello che è stato già contattato per loro.
Di fatto, i tre vicentini non sono dietro le sbarre ma non si possono muovere, e stanno cercando di prepararsi al processo anche se non conoscono nel dettaglio le accuse. «Ma non abbiamo fatto nulla di male, o perlomeno non capiamo cosa abbiamo violato con il nostro comportamento», hanno spiegato ai famigliari a Camisano, che li hanno sentiti comunque in buone condizioni.
Il terzetto rischia - in base ad altri processi analoghi ai quali sono stati sottoposti altri italiani anche di recente - la confisca della cacciagione e delle armi, ma soprattutto di pagare una forte multa, che potrebbe essere nell'ordine di parecchie migliaia di euro ciascuno. Di disavventure del genere ne sa qualcosa un cacciatore maladense, che risulta perfino ricercato dall'Interpol perchè è stato condannato per un omicidio di caccia che assicura di non avere mai commesso. Una fucilata partita per errore ma non sparata da lui.

Fonte: ilgiornaledivicenza.it del 20 agosto 2011

mercoledì 10 agosto 2011

Realacci: “L’Italia ha bisogno del mondo venatorio"

09 Agosto 2011

Realacci: “L’Italia ha bisogno del mondo venatorio: unito, equilibrato e non estremista”
Sul giornale dell’Arcicaccia appello del leader storico degli ambientalisti al cuore dei cacciatori
“Il Paese ha davanti momenti difficili. Momenti in cui sarà necessario mobilitare le energie migliori. Per tenere assieme la società e rilanciare l’economia c’è bisogno dell’impegno di tutti. E non bisogna lasciare indietro nessuno. Questa Italia ha bisogno anche del mondo venatorio”: così scrive Ermete Realacci, leader storico degli ambientalisti e responsabile Green Economy del Pd in un articolo pubblicato dal giornale dell’Arcicaccia in vista dell’apertura della nuova stagione venatoria.
C’è bisogno però – secondo Ermete Realacci - di una caccia “legata alla conservazione delle specie faunistiche, impostata alla sostenibilità del prelievo, rispettosa delle indicazioni della scienza, rigorosa nell’applicazione delle norme italiane ed europee. Al contempo “un mondo venatorio corporativo, rissoso, che mostra i muscoli, incapace di stringere alleanze, di entrare in sintonia con ruoli e funzioni dell’impresa agricola di qualità e multifunzionale, di acquisire e mantenere il ruolo di custodi del territorio e della sua bellezza è un mondo venatorio che si appresta alla deriva”.
Nell’ultimo decennio – sottolinea Ermete Realacci – sulla caccia “sono arrivate dal centrodestra proposte demagogiche e irrealizzabili in contrasto non solo con le normative europee o con le opinioni di agricoltori e ambientalisti, ma soprattutto con il comune sentire di larga parte dei cittadini italiani col risultato che si è spesso fomentata la parte più miope del dei cacciatori, magari nella speranza di ottenere qualche voto o qualche preferenza, rischiando di produrre uno scontro che sarebbe oggi anacronistico e devastante per il mondo venatorio. E, devo dire, in qualche regione, anche il centrosinistra non ha dato buona prova di sé.”.
Per Realacci “se si vuole far vincere la quadra del cuore servono passione e intelligenza. Raramente gli ultras più esagitati producono buoni frutti: spesso producono anzi gravi danni. Vale nello sport come negli altri campi dell’agire umano, nell’ambientalismo come nell’associazionismo venatorio. Il compito fondamentale giocato dall’Arcicaccia in questi anni è stato proprio quello di tenere in campo il mondo venatorio, senza cedere agli estremismi o abbandonarsi a falli di frustrazione.”
“Ricordo che quando questo scontro arrivò al referendum contro la caccia – scrive Ermete Realacci - due grandi leader, Giacomo Rosini e Carlo Fermariello, seppero tenere un punto di equilibrio. Negli scorsi mesi, sulla spinta dell’opposizione determinatasi dal disegno di Legge Orsi, si è nuovo rischiato un referendum contro la caccia. La mia contrarietà non era tanto legata alla paura del quorum, come nel caso del nucleare, ma alla preoccupazione di fare passi indietro: di tornare ad indicare i cacciatori come uno dei principali problemi ambientali del Paese, con le conseguenze che, quorum o non quorum, ci sarebbero state. Tutti possono oggi poi immaginare quale sarebbe stato il risultato di un referendum in materia di caccia nella tempesta perfetta prodotta dalla mobilitazione sull’acqua, sul legittimo impedimento e soprattutto sul nucleare dopo l’incidente di Fukushima. Se il referendum non c’è stato molto è merito dell’Arcicaccia e della sua capacità di tenere aperto il dialogo con larga parte del mondo agricolo ed ambientalista, grazie ad una credibilità mantenuta con la coerenza e il coraggio delle posizioni assunte”.
Rispetto la sensibilità e le scelte di chi è contrario, in ogni caso, alla soppressione di una vita animale, anche se – scrive Ermete Realacci - non è il mio punto di vista. Ma so bene che in molti casi e in molti territori, soprattutto quelli dei comuni più piccoli, in collina o in montagna, il mondo venatorio è parte importante della vita della comunità.
Realacci nel sottolineare che “ci vorrebbe un mondo venatorio più unito nel tenere posizioni equilibrate, capacità che ha avuto l’Unavi dei tempi migliori” lancia infine un appello al mondo della caccia utilizzando un proverbio africano” “se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai insieme agli altri”.


lunedì 8 agosto 2011

Scuola: Lipu plaude a Gelmini per no a lezioni di caccia in aula

Scuola: Lipu plaude a Gelmini per no a lezioni di caccia in aula



Roma, 8 ago. (Adnkronos) - La Lipu plaude al no espresso dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini alle lezioni di caccia in aula, rispondendo a un'interrogazione parlamentare in merito alla vicenda delle lezioni di caccia al cinghiale proposte dal vicesindaco di Rocchetta Vara in Liguria e dalla Federcaccia locale. "Avevamo espresso una netta contrarieta' su questo come su altri casi di 'caccia nelle scuole' - commenta Fulvio Mamone Capria, presidente della Lipu - e siamo lieti che dal ministro Gelmini siano giunte parole chiare ed inequivocabili su quali siano i valori da promuovere tra le generazioni piu' giovani. Il lento ma inesorabile declino della caccia in Italia non sara' fermato insegnando nelle scuole come si spara a un cinghiale ma, al limite, con una nuova cultura che riconosca, anche da parte dei cacciatori, il primato della tutela della biodiversita' e il valore rappresentato da nuove e benevole forme di convivenza tra uomo e altri animali". Per la Lipu, "da questa cultura, purtroppo, molta caccia italiana e' ancora estremamente distante e non sara' con mal riusciti tentativi pedagogici ne' con manifesti appesi sui muri delle citta' italiane che si fara' cambiare idea alla netta maggioranza degli italiani". Per questi motivi, la Lipu ringrazia il ministro dell'Istruzione e invita a "rilanciare con forza programmi scolastici che mettano sempre piu' al centro l'ecologismo, cultura ricchissima e innovativa che, a differenza del piombo e delle doppiette, e' davvero indispensabile al pianeta e al profondo benessere dei suoi abitanti".



venerdì 5 agosto 2011

Caccia, Birdlife lancia l’allarme

Caccia, Birdlife lancia l’allarme: in Europa ottanta specie di uccelli a rischio estinzione
I volatili se la passano piuttosto male nel Vecchio continente. L'ultimo rapporto dell'organizzazione animalista non lascia dubbi: l'uccisione illegale di animali selvatici è un fenomeno ancora molto diffuso. Alla faccia della legislazione Ue introdotta oltre 30 anni fa per tutelarli


Volatili di tutte le specie uccisi per sport, consumo umano o semplicemente perché “danno fastidio”. L’associazione Birdlife ha condotto un’indagine dettagliata in 38 Paesi europei, dalla Spagna all’Ucraina, secondo la quale l’uccisione di volatili di tutte le dimensioni e specie negli ultimi anni invece che diminuire è aumentata. Un fenomeno che non si limita ai soli Paesi mediterranei, ma che vede nell’Italia una delle situazioni peggiori. Commercio illegale, caccia di specie protette, avvelenamento, trappole illegali, utilizzo di armi da fuoco senza regolare permesso e uccisioni in aree protette e fuori stagione. Insomma un pedigree di tutto rispetto.

Non viene risparmiata nessuna specie: butei, falchi, ardee, cicogne, gru, strigiformi e piciformi per sport o vandalismo; passeri per consumo umano e trappole illegali; cicogne, anseriformi, falchi, colombi per avvelenamento. Se poi aggiungiamo l’abuso illegale di armi e il commercio clandestino il quadro è completo. ”Gli uccelli vengono colpiti da pallottole ma anche intrappolati, catturati da reti, incollati o addirittura inzuppati di veleno letale, per fare da esca e uccidere altri uccelli”, spiega Boris Barov di Birdlife Europe. “La creatività di quanti violano la legge per uccidere un uccello è spaventosa”.

Un fenomeno che difficilmente si giustifica solamente con la tradizionale caccia. Secondo BirdLife, spesso gli animali vengono uccisi per altri motivi economici, ad esempio perché vengono percepiti come un danno alle colture dai proprietari di terreni, oppure perché rappresentano una fonte di guadagno per traffici illegali. ”L’uso del veleno è in crescita in diversi Paesi, con il preciso obiettivo di uccidere predatori e proteggere interessi economici”, spiega Barov. “Tutto questo non è solo pericoloso per gli esseri umani, ma mette a rischio tutti gli sforzi di conservazione”. Insomma, che diventino trofei o che siano una mera fonte di divertimento, il risultato non cambia: secondo Birdlife sono oltre 80 le specie di uccelli protetti che rischiano di scomparire.

Il paradosso è che tutto questo avviene in barba alla normativa europea. L’Ue, infatti, ben 30 anni fa ha stabilito una direttiva tutta consacrata alla tutela dei volatili selvatici, aggiornata nel 2009 con la Bird Directive che insieme alla direttiva Habitat forma la pietra angolare del network europeo Natura 2000 sulla tutela delle specie protette e la conservazione degli habitat naturali. Fenomeni come il bracconaggio e il commercio illegale di specie protette sono duramente condannati e pesantemente sanzionati da questa normativa, ma, come sempre, a controllare devono essere le autorità nazionali e locali.

Secondo la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), “a più di 30 anni dall’adozione della normativa europea volta ad eliminare qualsiasi persecuzione nei confronti degli uccelli selvatici, la situazione appare molto lontana dall’essere risolta”. L’uccisione deliberata di uccelli protetti, in aree protette o al di fuori della stagione di caccia appare sempre più inaccettabile tanto per gli ambientalisti quanto per i cacciatori ligi alle leggi. “Occorre, da parte delle autorità di tutta Europa, una vera e propria strategia a tolleranza zero nei confronti dei colpevoli”. Ad una recente conferenza su “Illegal Killing of Birds” a Cipro, Claudio Celada, Direttore del Dipartimento Conservazione della Natura Lipu-BirdLife Italia, ha dichiarato che “quanto all’Italia, la situazione è ancora molto grave. L’Italia deve elaborare un piano dettagliato anti bracconaggio, dandosi una data, un impegno temporale entro cui il fenomeno, se non debellato, sia ridotto al minimo”.


mercoledì 3 agosto 2011

Referendum sulla caccia in Piemonte: il via dopo 24 anni

Nella primavera del 1987 alcune associazioni ambientaliste piemontesi raccolsero in poche settimane le 60 mila firme necessarie per indire un referendum regionale contro la caccia. Non si trattava della richiesta di abolire l’attività venatoria, ma di una serie di misure che la rendevano più complessa e più regolamentata: la protezione per 25 specie di animali ancora oggi cacciabili (8 mammiferi e 17 di uccelli), il divieto di caccia nella giornata di domenica e su terreni innevati oltre che l’abolizione di tutte le deroghe ai limiti di carniere delle aziende faunistiche private.

La giunta regionale dell’epoca dapprima approvò la consultazione, poi fece passare una legge che non recepiva tutte le richieste degli ambientalisti e avviò così un incredibile battaglia a colpi di carte bollate fra i comitati e la regione. Ci sono voluti 24 anni perché fra magistratura amministrativa ed ordinaria si arrivasse alla conclusione che il referendum ha legittimità e dovrà svolgersi. Il periodo individuato è quello fra il 15 aprile e il 15 giugno 2012 e “basterà” il quorum del 33% degli aventi diritti perché la consultazione sia considerata valida.

La storia, assolutamente kafkiana, non è però chiusa qui perché la regione non intende arrendersi e in consiglio pendono ben 4 leggi che modificano le normative sulla caccia, soltanto due di queste realmente fedeli alle richieste dei comitati referendari. Come se non bastasse sarà necessario un lavoro tecnicamente complesso sulla formulazione dei quesiti visto che, in un quarto di secolo, le leggi a cui si faceva riferimento sono state modificate e sono cambiate diverse volte. Il 17 settembre prossimo, in coincidenza con l’apertura della stagione della caccia, si svolgerà a Torino una manifestazione che avvierà la comunicazione ai cittadini rispetto ai quesiti, sempre che poi si riesca davvero a votare.

martedì 2 agosto 2011

L’UDC ai cacciatori: gli amici siamo noi

L’UDC ai cacciatori: gli amici siamo noi
Dalla Lombardia, all'Abruzzo e per finire in Sicilia, le novità della deregulation venatoria





GEAPRESS – Colpo di scena. L’UDC di Pierferdinando Casini si riconferma, in Lombardia, il partito più filo venatorio. Non solo i due terzi dei suoi Consiglieri Regionali (nel senso che sono due su tre) hanno presentanto una proposta di legge per consentire le famigerate cacce in deroga (più volte impugnate sia dalla Corte Costuzionale che dalla Corte di Giustiza Europea), ma rivendica pure il merito sul recente testo prescelto dalla Commissione Agricoltura che dovrebbe dar via all’uccisione di centinaia di migliaia di piccoli uccelli, altrove protetti.

L’UDC, forse nostalgica dei memorabili suffragi nelle provincie venatorie lombarde di democristiana memoria (poi fagocitati in casa leghista) denuncia addirittura il “furbesco tentativo da parte della maggioranza di sottrarre la paternità” alla sua proposta. In effetti, nei giorni scorsi, era circolata la notizia che il testo prescelto dalla Commissione nasceva dalla fusione di quello PDL e Lega Nord. Il primo, monco del parere contrario alle deroghe del Presidente Formigoni, mentre il secondo era stato in effetti presentato da una nutrita pattuglia leghista, dimezzata, in realtà, rispetto all’anno scorso e mancante della firma del Consigliere Renzo Bossi. Attenzione, pertanto (e)lettori lombardi. L’UDC rivendica le cacce in deroga e … per legge. In tal maniera, ovvero con la legge e non con atto amministrativo, i tempi di ricorso di legittimità sono molto lunghi e di fatto compatibili con l’autunnale caccia in deroga.

Discorso simile, a proposito di leggi venatorie e ricorsi lunghi, anche Abruzzo, dove il WWF denuncia l’incredibile parallelo iter che stanno seguendo ben due calendari venatori. Parallelo, perchè entrambi pessimi, ma uno dei due , ovvero quello a cui (inutilmente) stanno lavorando i funzionari regionali, diventerà “fantasma” appena il Consiglio Regionale approverà il secondo. Avete capito qualcosa? Cose non a portata di mano, almeno sotto il profilo delle garanzie di legittimità.

Il calendario approvato dal Consiglio Regionale sarà legge, e non atto amministrativo come quello dei funzionari. Anzi sarà pure triennale e per i tempi di impugnativa si rinvia alle calende greche. Nel frattempo, i cacciatori, sparano.
In sostanza, una legge, se ravvisata illegittima, la impugna il Governo ed i tempi di ricorso alla Corte Costituzionale sono lunghi e compatibili con il periodo di caccia. L’atto amministrativo, invece, si impugna subito al TAR e la sospensiva del provvedimento, se illegittimo, è immediata. I cacciatori, cioè, verrebbero bloccati subito. La scelta non è un optionale. La regola (non empirica) dovrebbe essere che i calendari venatori vengano fatti con atto amministrativo in ottemperanza alla legge sulla caccia. Siccome la legge sulla caccia non li consentirebbe così come li fanno, si fa legge il calendario venatorio, ed il gioco è fatto.

“Entrambi i calendari – afferma Dante Caserta, Consigliere Nazionale del WWF – hanno però una cosa in comune. Sono, entrambi, pessimi“.

Si consentirà, infatti, di uccidere anche animali rari. E’ il caso del Codone, un’anatra stimata in Abruzzo con soli 25 individui, contro i 15.000 fucili autorizzati in regione. Si sparerà poi alla Moretta, altra anatra censita in poche decine di individui e facilmente confondibile con la Moretta tabaccata, iperprotetta anche da importanti direttive comunitarie. Questo tanto per citare gli esempi più eclatanti di un calendario indirizzato verso la più totale deregulation venatoria. Lo dice il WWF il quale ricorda anche ai Consiglieri Regionali come la Corte Costituzionale abbia dichiarato che non esiste, per le scelte “politiche” dei Consiglieri che legiferano, il principio di immunità. In altri termini i Consiglieri potrebbero essere responsabili, in tutte le sedi, degli effetti di atti illegittimi e che hanno causano danni irreversibili. Per questo il WWF valuterà tutte le azioni possibili.

Le cose non vanno bene neanche in Sicilia, dove Legambiente denuncia il colpo di mano del Governo regionale il quale, intervenendo improvvisamente dopo lunghi e tutto sommato buoni lavori della Terza Commissione Legislativa, inverte il principio stabilito, autorizzando, su base provinciale, la riduzione delle aree a protezione faunistica dal 25 al 20%! Pronto il ricorso al Commissario dello Stato che, nella Sicilia delle autonomie, sostituisce l’impugnativa alla Corte Costituzionale da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri.




lunedì 1 agosto 2011

Piemonte: sarà possibile cacciare anche nei parchi

CACCIA: PDL, IN PIEMONTE SARA' POSSIBILE ANCHE NEI PARCHI ATTIVITA' VENATORIA SERVIRA' AD ATTUARE PIANI CONTENIMENTO FAUNA (ANSA)
- TORINO, 29 LUG
-


In Piemonte, per la prima volta, sará possibile andare a caccia nei parchi e nelle aree protette: lo evidenzia il Presidente della Commissione Caccia del Consiglio Regionale del Piemonte, Gian Luca Vignale, commentando la legge sui parchi approvata la scorsa notte dal Consiglio regionale.
Grazie a un emendamento presentato dallo stesso Vignale "viene superato il divieto di caccia nei parchi che - spiega Vignale - anche a titolo oneroso potrá essere svolta da 'cacciatori residenti nel territorio dell'area protetta o iscritti agli ambiti territoriali di caccia (ATC) e ai comprensori alpini (CA) conterminì".
Inoltre - sottolinea Vignale - i parchi che non provvederanno a "una corretta attuazione di piani di contenimento potranno essere penalizzati dalla Regione con minori trasferimenti economici".
"L'approvazione dell'emendamento - evidenzia Vignale - porterá il Piemonte a essere la prima regione in Italia che permette ai cacciatori residenti nell'area di poter cacciare anche a titolo oneroso. Questa novitá porterá sicuri ritorni ai parchi e al territorio, non solo per l'immediato pagamento di onere per poter cacciare, ma anche per la crescita di un settore importante, come quello turistico venatorio, fino a oggi non sufficientemente promosso o valorizzato".
"Inoltre - conclude Vignale - il ricorso a cacciatori e l'intensificazione dei piani di abbattimento anche nelle aree protette sará uno strumento per rimediare alla presenza eccessiva e al proliferare delle specie nocive, causa di grandi problemi per cittadini ed enti, che spesso nei parchi trovano dei veri e propri rifugi". Per Vignale, quindi, la legge "è un ulteriore tassello verso l'opera di promozione dell'attivitá venatoria come strumento di tutela e valorizzazione del territorio oltre che di promozione e di sviluppo economico".
(ANSA).