lunedì 28 aprile 2014

L’aberrazione della caccia in tana. Mario Tozzi torna ad attaccare la caccia

volpe con cuccioli uccisi in tana
Caccia in tana, una mostruosità. C’è chi la vuole praticabile in Italia! Mario Tozzi direttore del Parco dell’Appia Antica, ambientalista, non usa mezzi termini. «Il patrimonio faunistico è un bene indisponibile dei cittadini di questo Paese». Appunto, non il passatempo ludico di alcuni appassionati di sparatorie.

In nessun Paese avanzato praticare la caccia è necessario per la sopravvivenza. Il nostro pianeta è continuamente violentato nella sua integrità ambientale e non si coglie il motivo per cui lo si debba ulteriormente impoverire dei suoi animali selvatici. «I cacciatori ritengono – aggiunge Tozzi – di poter svolgere una funzione equilibratrice, limando gli eccessi, il sovrappopolamento con la pratica della caccia selettiva, ma questi sono passaggi molto complessi che vanno gestiti direttamente da organi responsabili».

Non si può che restare scioccati nel sapere di frotte di cacciatori che si sobbarcano viaggi aerei e relativi costi per andare a sparare in Romania a lupi e linci, suggestionati dall’atavica sfida tra uomo e animale, dove l’animale è atavico quanto migliaia di anni fa e l’uomo non è atavico per niente ormai, dotato di auto fuoristrada e armi sempre più efficaci. Una atavica sfida rivista e corretta.
Spesso, chi va a caccia rivendica per sé l’amore per la natura e la conoscenza dei suoi cicli biologici.

Se questo fosse vero chi amerebbe così tanto gli alberi da passare giornate intere ad abbatterli? Chi leggerebbe così tanto volentieri i libri da bruciarli con soddisfazione? Se a questo aggiungiamo che ormai in Italia e in Europa e nel mondo la fauna selvatica è emarginata, rintanata in spazi inaccessibili dall’invasione dell’uomo e delle sue ingombranti infrastrutture, si capisce ancor meno il patetico tentativo di fondere la passione per la caccia con quello per l’ambiente. È un’alchimia che non funziona, uno sforzo strategico-politico già fallito. Meglio dire: «Vado a caccia perché comunicare al mondo che ho preso un cervo (o una zanzara) mi fa sentire bene» oppure «Mio padre andava caccia e io pure ci vado». A questo punto, in genere, il cacciatore, a corto di potabili teorie, tira fuori l’argomento della sofferenza degli animali di allevamento (altra vera crudeltà e altro capitolo da riscrivere…) e di coloro che, pur essendo contro la caccia, si nutrono di bistecche e salsicce.

«A costoro rispondo che, per quel che mi riguarda, la carne meno la si mangia e meglio e io personalmente sono vegetariano – riprende Mario Tozzi – certe specie animali poi sono state disabituate e traviate dal comportamento dell’uomo, quasi urbanizzate dalla sua euforia di rifiuti e scarti alimentari e così alcune specie, come le volpi e i cinghiali sono proliferate per colpa della società dei consumi e degli sprechi».
Le soluzioni non le possiamo trovare giocando a sparare o attraverso la crudeltà. La caccia in tana è istigare dei cani inferociti a massacrare cuccioli di volpe indifesi. Non li faremo passare.