venerdì 29 giugno 2012

Calendario venatorio regionale sardo 2012-2013, prossima battaglia legale


Il Comitato faunistico regionale ha approvato – a maggioranza – il calendario venatorio sardo 2012-2013.   Un calendario venatorio semplicemente scandaloso, dovuto alla presenza preponderante dei cacciatori, compresi quelli partecipanti come designati dalle Province (uno su tutti, Andrea Monteverde, rappresentante della Provincia di Cagliari).

Inseriti vari giorni di caccia al cinghiale in più (i giovedi), giornate intere di caccia a lepre e pernice sarda, previsione della caccia a febbraio alla migratoria sono solo alcuni fra i punti contestati.

Non è stata accolta la proposta molto equilibrata predisposta dal Servizio tutela della natura dell’Assessorato regionale della difesa dell’ambiente, proposta elaborata sulla base delle prescrizioni dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) e della giurisprudenza in materia.

Si ricorda che la Guida I.S.PR.A. è stata redatta ai sensi dell'art. 42 della legge Comunitaria 2009 (“Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge 157/92, così come modificata dalla legge comunitaria 2009, art. 42”quale indicazione di criteri minimi statali per il mantenimento o il ripristino dello stato di consevazione favorevole degli uccelli selvatici (art. 1 bis della legge 157/1992 e s.m.i.) e della tutela dei loro periodi biologicamente più importanti anche attraverso il divieto assoluto di caccia (art. 18, comma 1 bis, della legge 157/1992 e s.m.i.).

Le associazioni ecologiste, tutte unite, si stanno preparando a una dura battaglia legale in tutte le sedi contro un calendario venatorio assurdo e contrario a ogni minima esigenza di tutela della fauna.

p. Amici della TerraGruppo d’Intervento GiuridicoLega per l’Abolizione della Caccia

Stefano Deliperi


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Gruppo d'Intervento Giuridico onlus     
Via Cocco Ortu, 32 - 09128 Cagliari

Ancora una volta! Il Tar bacchetta Regione Abruzzo e comitato Via.

PER I GIUDICI IL PARERE DELL’ORGANISMO NOMINATO DALLA GIUNTA È «ILLEGITTIMO»


ABRUZZO. Illegittimo il parere del comitato V.I.A. che allentava i vincoli nelle aree di presenza dell'Orso bruno. La relazione tecnica allegata al calendario venatorio non aveva i requisiti di legge per essere valutato dal Comitato.
«Viene sconfessato così», commenta il Wwf, «l'operato dell'Assessorato su molte specie cacciabili in declino, sull'uso del piombo e sugli orari di caccia. Sollevata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale sul comparto unico sulla migratoria».
E' stata depositata dal Tar Abruzzo di L'Aquila la sentenza di merito sul ricorso presentato dal Wwf Italia assieme agli Animalisti Italiani e alla Lega Anti Caccia. 
Il Tar ad ottobre scorso aveva accolto la richiesta di sospensiva del calendario venatorio della Regione Abruzzo. Ora, con la sentenza di merito, il tribunale non solo ha accolto le principali critiche sollevate dalle associazioni ma ha anche ritenuto fondata l'eccezione di costituzionalità della Legge Regionale 10/2004 sull'attività venatoria in Abruzzo nella parte che disciplina un aspetto fondamentale, il cosiddetto Comparto Unico sulla Migratoria.
Intanto il Collegio ha soddisfatto l'esplicita richiesta delle associazioni di discutere nel merito il ricorso pur essendo scaduto il Calendario Venatorio 2011-2012. Infatti ha ritenuto che sia interesse non solo dei ricorrenti ma anche della stessa Regione Abruzzo, conoscere le motivazioni di merito sulle eccezioni sollevate anche per adeguare i futuri calendari venatori. 



Moltissime erano le criticità evidenziate dalle associazioni. Tra i punti salienti:

1)SPECIE IN DECLINO:  si era consentita l'apertura alla caccia per specie in declino e l'ampliamento del periodo di caccia per queste e altre specie (come  frullino, moretta, marzaiola, mestolone, codone, canapiglia, fischione, beccaccino) discostandosi dai periodi e dalle modalità gestionali indicati dall'ISPRA.
Per il primo punto il WWF aveva sostenuto che la Regione Abruzzo permetteva la caccia per diverse specie in declino, soprattutto acquatiche, nonostante non avesse prodotto censimenti recenti e nonostante i dati raccolti dalla Stazione Ornitologica Abruzzese indicassero una presenza minima in Abruzzo delle specie in questione (meno di 5.000 unità, per alcune pochi individui). In una tale situazione non solo la Regione Abruzzo ha comunque aperto la caccia a queste specie.

Il TAR ha accolto pienamente questa critica ed ora la Regione Abruzzo dovrà adeguarsi anche per il futuro chiudendo la caccia a queste specie in declino (SPEC) e presenti con numeri che non consentono alcun prelievo.

2)ORSO BRUNO: il comitato V.I.A. prima aveva vietato l'inizio dell'attività venatoria nell'area A del PATOM di massima presenza dell'Orso bruno ma dopo poche settimane aveva cambiato idea con un secondo giudizio in cui si consentiva l'attività venatoria ponendo alcune prescrizioni per la sola caccia al Cinghiale.
Su questo punto il Tar censura la Regione Abruzzo e il Comitato V.I.A. sulla tutela del animale simbolo della Regione, l'Orso bruno marsicano. Dopo la richiesta pervenuta dall'Ente Parco nazionale d'Abruzzo che chiedeva di evitare il disturbo all'Orso in un periodo delicatissimo come quello che precede il letargo in cui l'orso è iperfagico, il Comitato V.I.A. aveva varato un primo parere vietando fino al primo novembre tutta l'attività venatoria nelle aree di maggiore presenza della specie. Dopo poche settimane lo stesso Comitato fece dietrofront nonostante le precise e circostanziate diffide inviate dal Wwf. Ebbene il Tar scrive:«le carenze della valutazione effettuata e la mancanza di motivazione sui punti specifici suddetti conduce quindi all’accoglimento delle censure esaminate relative alla Valutazione di incidenza». 

3)RELAZIONE TECNICA INIDONEA: l'assessorato all'Agricoltura aveva allegato al Calendario Venatorio una relazione tecnica. Tale relazione, secondo le associazioni, non era conforme ai requisiti tecnici.
Il Comitato V.I.A.- aveva accettao di valutare tale studio.
«Ancora più grave appare quindi», commenta il Wwf, «la censura del Tar sull'operato del Comitato VIA e dei funzionari dell'assessorato all'Agricoltura su questo punto, quando conferma che l'intera relazione tecnica allegata al Calendario non permetteva di valutare gli effetti della caccia sulle specie protette a livello comunitario».

4)COSTITUZIONALITA' DEL COMPARTO UNICO SULLA MIGRATORIA: il comparto unico sulla migratoria, introdotto dalla legge regionale 10/2004, definendo l'Abruzzo come unico comparto, nega il legame cacciatori-territorio richiesto dalla legge nazionale sulla caccia rendendo possibile ai cacciatori non solo di andare a caccia anche fuori dall'ATC in cui è iscritto ma anche di cacciare per più giorni la settimana.
Il TAR ha emesso un'ordinanza con la quale chiede alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla costituzionalità della norma regionale.

5)USO DELLE MUNIZIONI AL PIOMBO: la Regione ha consentito l'uso delle munizioni al piombo (pallini e cartucce di piombo) per i quali l'ISPRA aveva evidenziato l'esistenza di gravi problemi sanitari.
Anche su questo aspetto il Tar ha dato ragione al Wwf sostenendo che la Regione Abruzzo non ha correttamente valutato la necessità di vietare l'uso delle munizioni al piombo nonostante la loro pericolosità.

6)ALTRI ASPETTI: il TAR ha anche accolto la parte del ricorso sulla definizione degli orari di caccia. Altri aspetti marginali non sono stati accolti (come l'indicazione chiara delle mappe delle aree incendiate e alcuni giorni in più sulla caccia alla Beccaccia) ma è tale il numero di punti su cui è stata data ragione alle associazioni che viene minato alla base l'intero apparato del calendario. 

Augusto De Sanctis, membro per il Wwf della consulta venatoria regionale ha detto:«E' un successo clamoroso che ha alla base un nostro lavoro capillare su un argomento su cui ci sono continui tentativi di derogare alle normative esistenti. Dispiace che l'assessorato all'Agricoltura e il comitato VIA non ascoltino le puntuali osservazioni inviate per tempo dal WWF».

giovedì 28 giugno 2012

Lombardia: la Corte costituzionale boccia per la terza volta la Regione sulla cattura con le reti di richiami vivi



Terza censura in pochi anni per la Regione Lombardia da parte della Corte Costituzionale sul tema della cattura di uccelli selvatici con uso di reti, in impianti autorizzati, per rifornire i cacciatori di richiami vivi per l'esercizio venatorio da appostamento ai migratori.


E' stata depositata il 27 giugno scorso la Sentenza n. 160 della Corte Costituzionale che dichiara incostituzionale la legge regionale n. 16  del 26/9/2011, recante il piano di cattura dei richiami vivi per rifornire gli appostamenti di caccia ai migratori.
Oggetto della censura è l'utilizzo del meccanismo della "legge-provevdimento": in pratica si contesta l'escamotage di varare, anziché un provvedimento amministrativo, una legge regionale per blindare l'atto da possibili ricorsi al TAR.
Ma in tal modo, era la motivazione (accolta) del Governo che era ricorso alla Consulta,  si impedisce al Governo stesso di poter annullare atti amministrativi che esorbitino dai poteri delle Regioni e contrastino con la Direttiva UE del '79 sulla tutela dell'avifauna (ad esempio sul tema della "piccola quantità" delle specie sfruttabili in deroga con mezzi normalmente vietati).
Dopo il ricorso del Governo il Consiglio Regionale Lombardo aveva abrogato la legge contestata, ma il Giudizio presso la Corte Costituzionale è comunque proseguito, essendovi state due precedenti sentenze per analoghi approvvigionamenti di richiami vivi legiferati sempre dalla Lombardia e già sanzionate con le sentenze 266/2010 e 190/2011. 
Pirellone dunque "recidivo" e nuovamente bacchettato, afferma la Lega Abolizione Caccia.
La legge regionale censurata l'altro ieri prevedeva la cattura con reti in impianti provinciali di 47.000 uccelli da utilizzare come richiami vivi, di cui 1.647 allodole, 9.855 cesene, 5.435 merli, 21.230 tordi bottacci e 8.833 tordi sasselli.



Testo integrale della sentenza 160/2012 della C.C. :


Fonte: LAC comunicato stampa del 28 giugno 2012

lunedì 25 giugno 2012

Agrigento: 500 mila euro per vigilanza venatoria. Inesistente.

Provincia, guerra ai bracconieri: 500mila euro per la polizia venatoria

La Provincia regionale di Agrigento ha un'anima ecologista. Al di là di battute e semplici insinuazioni, noi abbiamo la prova di quello che stiamo affermando. Carta canta, come si suol dire.

Come definireste infatti un Ente che impegna, nel proprio bilancio di previsione 2012 500mila euro per "spese di attività di vigilanza venatoria"?

Sfogliando il Peg dello strumento finanziario, infatti, emerge che su una spesa di 1.372.866 euro per il capitolo P1 - poliziaprovinciale, per il funzionamento dell'intero corpo, se si sottraggono le somme necessarie per la retribuzione ordinaria (597.954 euro), senza considerare gli oneri, che da soli superano i 150mila euro, si capisce quale è la proporzione tra quanto verrà impegnato complessivamente e quanto si vuole spendere per l'attività di vigilanza venatoria.

Eppure, scorrendo le pagine dedicate alla Polizia provinciale sul sito della Provincia regionale di Agrigento, e consultando i report dell'attività svolta (primo semestre 2011 e anno 2010) non vi è proprio traccia di questo tipo di funzione di controllo. Al massimo, avendo incarichi di polizia ambientale, sono state avanzate contravvenzioni per violazioni del decreto legislativo 152/2006, che riguarda genericamente l'abbandono dei rifiuti. Fitta è invece la parte dedicata alle attività di scorta del presidente D'Orsi e delle personalità pubbliche, oltre che, non va dimenticato, del Gonfalone della Provincia, e la presenza della Polizia provinciale durante le manifestazioni pubbliche. Ma di polizia venatoria nemmeno una traccia. Nemmeno, magari, il salvataggio di un passerotto caduto da un nido. Niente. Eppure la voce di bilancio c'è, e 500mila euro in tempi di vacche magre non sono uno scherzo. Bisogna risalire al 2009 per trovare un riferimento ad attività di polizia ittico - venatoria, intesa però come semplice controllo di aree specifiche come: il bacino del Lago Arancio, il Castellaccio, la foce del Platani, Torre Salsa, Maccalube, Monte Cammarata, Monte Mele e le grotte di Sant'Angelo. Sempre per quanto riguarda l'anno 2009, si legge: "il servizio di Polizia Venatoria è stato disposto con due pattuglie, rispettivamente composte da numero 2 o 3 agenti a seconda le necessità di servizio, i quali hanno operato separatamente, sia nel turno antimeridiano 8 - 14 che nel turno pomeridiano 14 - 20 di tutti i giorni feriali nonché con turni notturni per reprimere il fenomeno del bracconaggio".

Tra i vantaggi enumerati vi sono: "garantire una maggiore presenza degli agenti nel territorio provinciale, a discapito di eventuali attività di bracconaggio esercitata attraverso l'impiego richiami, trappole, appostamenti; il controllo sul corretto comportamento e rispetto della normativa di settore da parte dei cacciatori e alla repressione di eventuali violazioni; il recupero della fauna in difficoltà o ferita; l'avvistamento di focolai di incendi ai fini della tutela della fauna e del relativo habitat; recepire le diverse segnalazioni degli utenti; la localizzare nidi e tane di fauna protetta; incrementare i contatti con gli Enti preposti alla vigilanza ambientale; lo svolgimento di servizi congiunti con i carabinieri di Siculiana, Montallegro e Cattolica Eraclea".

Tutto questo però senza fornire risultati tangibili dell'attività (numero di animali salvati, trappole scoperte, bracconieri denunciati, nidi individuati ecc), e ammettendo anche che il Corpo coadiuva altri enti preposti alla vigilanza ambientale più che svolgere una funzione in prima linea. Proprio in questi giorni la Provincia comunica che sono in mostra a Siracusa i risultati di un lavoro condotto dal settore Ambiente e territorio e riguardanti la tartaruga marina Caretta Caretta e il delfino Tursiops, oltre che l'habitat delle Maccalube di Aragona. Il tutto, ovviamente, senza il cenno di un sostegno del settore di Polizia venatoria.

Il bilancio del Corpo, tra l'altro, prevede come unica entrata i 20mila euro provenienti da senzioni per infrazioni al codice della strada. Le varie uscite prevedono, tra le altre cose, 3mila euro per il pagamento degli abbonamenti telefonici, 10mila euro per l'acquisto di carburante, 16mila euro per l'acquisto di nuovi mezzi e 11mila euro per la manutenzione dell'autoparco. Ben inferiori le somme investite per controlli presso le autoscuole, corsi di sicurezza stradale presso gli istituti scolasatici e cartellonistica stradale.

Quello per "alimentare" la Polizia venatoria è un impegno di spesa così rilevante, comunque,che non poteva passare inosservato al Consiglio provinciale, soprattutto in tempi di scontro politico. In tal senso si sta realizzando un emendamento, firmato già da diversi consiglieri tra cui Nino Spoto, Carmelo Avarello e lo stesso presidente Raimondo Buscemi, che storni queste cifre in favore dei precari della Provincia così da garantire loro fino a dicembre l'aumento del monte ore da 18 a 36. Insomma, la guerra del bilancio è appena iniziata.

A quanto ci risulta, comunque, anche il neo assessore alla Polizia provinciale Alfonso Montana, non ancora in carica al momento della redazione del Peg, si starebbe interessando alla vicenda e nei prossimi giorni potrebbe anche intraprendere delle iniziative specifiche.



Fonte: agrigentonotizie.it del 22 giugno 2012

martedì 19 giugno 2012

CFS sequestra due cani da caccia e li affida alla LAV

Disperate le condizioni in cui erano costrette a vivere due femmine di cane, una setter irlandese e una segugia, probabilmente non più utilizzabili per la caccia. I due animali erano rinchiusi dentro recinti nascosti in un fitto canneto a ridosso delle mura del ponte visconteo, in località Borghetto di Valeggio. Umidità, muschio ovunque, penombra anche nelle giornate più assolate, avanzi di carne lanciata dall'alto direttamente per terra, insetti ad infestare i ripari, recipienti con acqua stagnante piena di larve: uno scenario inquietante che ha indotto i volontari della LAV, che hanno effettuato il sopralluogo, a richiedere con urgenza al Corpo Forestale dello Stato il sequestro preventivo degli animali. Particolarmente grave la condizione della setter, totalmente priva di pelo, infestata da parassiti e con la cute martoriata da infezioni.

"Il destino di moltissimi cani da caccia giunti al termine della loro carriera, e quindi considerati inutili, è ingrato e crudele" afferma Lorenza Zanaboni, Responsabile della sede LAV di Verona. “Spesso terminano la loro esistenza tra privazioni, incuria e patimenti talvolta tremendi come nel caso delle due povere cagnoline di Valeggio, della cui esistenza si è venuti a sapere in modo del tutto fortuito. Benché negli ultimi anni i media diffondano con regolarità notizie relative alle conseguenze di carattere penale cui va incontro chi non rispetta le esigenze etologiche dell'animale che ha in custodia, con preoccupante frequenza ci imbattiamo in casi di animali detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura se non addirittura in situazioni di grave maltrattamento. E ci chiediamo per quali vie si possa finalmente arrivare a rendere di dominio comune che ad un essere senziente si deve rispetto " conclude la responsabile della LAV veronese.

“Ringraziamo gli agenti del Corpo Forestale dello Stato della stazione di Caprino Veronese per il celere intervento che ha salvato le due cagnoline da ulteriori patimenti e da una situazione che avrebbe potuto aggravarsi con il caldo.” dichiara Ilaria Innocenti, responsabile nazionale del Settore Cani e Gatti LAV e continua “Questo caso è un grave esempio di come vittima dell’attività venatoria non siano solo gli animali selvatici, ma anche i cani da caccia cui non sempre e soprattutto “a fine carriera” sono assicurate cure e condizioni di vita idonee. Per prevenire simili situazioni sono necessari maggiori controlli finalizzati a verificare le modalità di detenzione e il benessere degli animali.”

Le due cagnoline, impaurite e sofferenti, sono state consegnate in affido giudiziario alla LAV di Verona, impegnata fin da subito al loro recupero psico-fisico in attesa di poterle affidare a una famiglia.



Fonte: animalieanimali.it del 19 giugno 2012

Prete ucciso nel Barese a giudizio cacciatore


BARI – Il gup del tribunale di Bari Marco Guida ha rinviato a giudizio l’operaio di 52 anni Giovanni Ardino Converso, di Altamura (Bari), reo confesso dell’omicidio di don Fancesco Cassol, il sacerdote veneto di 55 anni ucciso per errore il 22 agosto 2010 nelle campagne della Murgia barese. 

Il delitto avvenne durante una caccia al cinghiale nella zona in cui Cassol si era accampato per trascorrere la notte assieme ad altre persone che con lui partecipavano ad una marcia di preghiera e di digiuno. 

L'imputato, che si costituì due giorni dopo il delitto e fu arrestato, risponde di omicidio colposo e omissione di soccorso. Il processo comincerà il 4 dicembre nella sezione distaccata del tribunale di Altamura. Sono costituiti parte civile l’Ente Parco dell’Alta Murgia e i familiari della vittima.

mercoledì 13 giugno 2012

Fabbrica Curone (AL) e la prova di caccia – il Comune ci ripensa



Grande soddisfazione è stata espressa dalla LAV di Alessandria che comunica la decisione del Comune di Fabbrica Curone (AL) di non far svolgere la prova di caccia inserita nella Fiera della Caccia & della Montagna prevista per domenica 17 giugno.
La prova di caccia a “selvatico abbattuto” aveva suscitato forti polemiche. La LAV di Alessandria, oltre alla diffida inviata al Comune, aveva mobilitato una protesta indirizzata all’amministrazione comunale per farla desistere dal realizzare e sponsorizzare tale manifestazione.
Il fatto poi che tale prova di caccia fosse aperta a tutti aveva ulteriormente indignato gli animalisti. Cosa c’è di più diseducativo per un ragazzino, avevano protestato alla LAV, che non sparare ad un essere che vive, soffre, gioisce, esattamente come noi, soprattutto se indifeso?
Sul caso si era espressa anche l’ENPA di Aqui Terme, facendo notare tra l’altro, l’inopportuna immagine utilizzata nella locandina: l’ignara lepre ai piedi del cacciatore.
Ieri sera, poi, la svolta. Il Comune tramite avviso annuncia che “la prova di caccia con selvatico abbattuto non avrà luogo”.
Una scelta giudicata dalla LAV di Alessandria come “la soluzione migliore per tutti e la più indolore”.
Da quando la Giunta Cota – sottolinea la LAV di Alessandria – ha regalato ai cittadini piemontesi il diniego dell’espressione democratica attraverso il referendum sulla caccia, si è creata una rete di persone sempre più attente all’argomento caccia. Un grazie – prosegue l’Associazione – a tutti coloro che ci hanno aiutato e che hanno permesso, con il loro contributo, di ottenere questo risultato”.