martedì 10 giugno 2014

Caccia, decine di associazioni scrivono a Renzi: metta fine alla vergogna dei richiami vivi

COMUNICATO STAMPA 

CACCIA, DECINE DI ASSOCIAZIONI SCRIVONO A RENZI: METTA FINE ALLA VERGOGNA DEI RICHIAMI VIVI.

L'ITALIA CAMBI VERSO ANCHE NEL RISPETTO DEGLI UCCELLI SELVATICI E DELLE REGOLE EUROPEE.

Un cartello di decine di associazioni, tra cui le maggiori sigle dell'ambientalismo e dell'animalismo italiano, rivolge al Presidente del Consiglio Matteo Renzi l'appello per l'abolizione dei richiami vivi, che verrà decisa con il voto alla legge Europea 2013, in queste ore in aula della Camera dei Deputati. 

"Signor Presidente, ci rivolgiamo a Lei perché si metta fine ai richiami vivi, una delle pratiche più violente ancora in atto contro gli uccelli selvatici: piccoli uccelli migratori, con il volo infinito nel sangue, che vengono invece catturati e costretti ad una vita in gabbia, in condizioni indegne, per fungere da richiamo per la caccia. Un'attività vietata dalla normativa comunitaria (la cattura degli uccelli selvatici con le reti è categoricamente proibita), ma che l'Italia ha continuato a svolgere per anni. L'Europa ha oggi aperto contro il nostro Paese una pesante procedura di infrazione, chiedendo lo stop all'utilizzo dei richiami vivi, considerato - scrive la Commissione - che la quasi totalità dei cacciatori, italiani ed europei, caccia senza il loro ausilio.

Per rispondere a questa nuova messa in mora, il Governo ha predisposto l'articolo 15 della legge Europea 2013, che però non vieta affatto i richiami vivi ma si limita a prevederne l'uso in regime di deroga. Tutti sanno che l'articolo 15 non risolverà la procedura e anzi, in aggiunta, andrà ad aggravare il già insostenibile sistema italiano delle deroghe di caccia, che già tanto è costato al Paese, finendosi per rivoltare contro le amministrazioni, le regioni, lo stesso Governo. 

Non è questa l'Italia che vogliamo, l'Italia di cui abbiamo bisogno. Non l'Italia delle scorciatoie e dei problemi rimandati. Per questo le chiediamo, Signor Presidente, di pronunciarsi per il divieto dei richiami vivi, perché si volti questa brutta pagina italiana e perché, anche nel rispetto della vita selvatica e delle regole ambientali comunitarie, l'Italia possa cambiare verso e tornare in Europa a testa alta, come è giusto, come merita".


Amici della Terra, Animalisti italiani, Cabs, Cts, Enpa, Fai, Forum Ambientalista, Italia Nostra, Lac, Lav, Lipu-BirdLife Italia, Mountain Wilderness, Oipa, Pro Natura, Touring Club Italiano, Vas, Wwf Italia, Altura, Alfa, Lida e altri

Roma, 10 giugno 2014

UFFICIO STAMPA LIPU

Siena. Turbativa d'asta e peculato, arrestato il presidente dell’Atc 19

Inchiesta sulla gestione dell’Area territoriale di caccia senese, tra gli indagati anche il figlio


CHIANCIANO TERME. Il presidente dell'Atc 19 della provincia di Siena, Alfio Sanchini, è stato arrestato con l'accusa di turbativa d'asta, abuso d'ufficio, peculato, falso in atto pubblico e falso ideologico. L'arresto è stato disposto dalla Polizia di Stato su richiesta del sostituto rocuratore di Siena Aldo Natalini a seguito delle indagini condotte sulla gestione dell'Ambito Territoriale di Caccia di Chianciano Terme (Siena). Indagate anche altre quattro persone. Sanchini era già stato iscritto nel registro degli indagati nel gennaio scorso. In quell'occasione la sua abitazione e il suo ufficio all'Atc erano stati perquisiti. Al centro dell'inchiesta sei bandi di gara per l'affidamento di servizi e incarichi dell'Atc, ente di diritto pubblico, attuativo delle attivita' faunistico venatorie. I fatti riguarderebbero gare svolte tra il 2009 e il 2013 e un presunto reato di peculato risalente al 2007. Tra gli indagati anche Mirco Sanchini, figlio del presidente dell'Atc 19 che, secondo quanto si apprende, sarebbe stato iscritto nel registro in qualità di socio della societa', con sede a Firenze, assegnataria dei servizi oggetto dei bandi di gara. Secondo l'accusa Alfio Sanchini avrebbe a più riprese, tra l'altro, simulato richieste di preventivo e, subito dopo, attestato rinunce alla partecipazione alle gare stesse per favorire l'affidamento degli incarichi e dei servizi a persone o società.

mercoledì 4 giugno 2014

Verona – Cacciatore condannato in Tribunale per uso del collare elettrico

La denuncia era stata formulata dalla LAV. Le dichiarazioni del legale dell'associazione e del Veterinario comportamentalista.

GEAPRESS – Si è svolta oggi l’udienza conclusiva del processo di primo grado intentato contro un cacciatore della provincia di Verona il quale, per impedire ai suoi due cani di abbaiare, aveva sistemato al collo dei poveri animali un collare ad impulsi elettrici. Per la LAV di Verona che aveva formulato la denuncia di tratterebbe di una pratica crudele ma, “disgraziatamente, ancora troppo diffusa“.

I fatti risalgono all’agosto del 2009 quando Agenti del Corpo Forestale dello Stato intervennero, dietro segnalazione della LAV veronese, ravvisando l’ipotesi di maltrattamento di animali. I cani vennero sequestrati ed affidati all’associazione.

L’iter giudiziario ha poi portato alla derubricazione del reato in quello di detenzione incompatibile con la natura degli animali, di cui all’articolo 727 del Codice Penale. Un iter, riferisce la LAV, che si è rivelato lungo e complesso fino all’odierno pronunciamento di primo grado.

Secondo l’avvocato Emanuela Pasetto, legale della LAV, la sentenza di oggi “fa proprio il principio già espresso dalla Corte di Cassazione con due sentenze diverse, una del 2007 e una del 2013, che stabiliscono come il collare elettrico sia incompatibile con la natura del cane. Infatti, a parere del Supremo Collegio, l’utilizzo di questo strumento implica un addestramento basato esclusivamente sul dolore e incide sull’integrità psico-fisica del cane poiché lo induce ai comportamenti desiderati tramite stimoli dolorosi che producono inevitabili effetti collaterali quali paura, ansia, depressione e anche aggressività.”

Dello stesso parere il veterinario comportamentalista dottor Raimondo Colangeli, che ha deposto al processo in qualità di consulente tecnico per la LAV. “Impedire ad un cane di abbaiare – ha spiegato il dott. Colangeli – significa inibirlo in un comportamento connaturato alla sua specie e dunque l’utilizzo di collari elettrici per modificare, interrompere o estinguere comportamenti indesiderati è da considerarsi un vero e proprio maltrattamento. Nei due Setter è stata infatti soppressa la prima e più importante forma di comunicazione.”

La LAV esprime grande soddisfazione per questa esemplare sentenza di condanna, che giudica un importante passo avanti nella tutela giuridica degli animali.