lunedì 15 aprile 2013

Bolzano. In malattia ma andava a caccia: licenziato

BOLZANO. Tra pochi giorni sarà licenziato perché è stato sorpreso ad andare a caccia mentre era in malattia. La notizia è trapelata nelle scorse ore ed è stata confermata dal direttore della ripartizione personale della Provincia Engelbert Schaller, che - essendo il procedimento disciplinare ancora in corso - preferisce aggiungere il meno possibile. «Lei cosa avrebbe fatto? Nei giorni scorsi c’è stata la prevista audizione del diretto interessato che sostanzialmente, pur fornendo alcune giustificazioni, ha confermato ogni addebito. Con ogni probabilità applicheremo la sanzione più grave, ovvero il licenziamento. E sono convinto che, questa volta, nessuno avrà nulla da ridire». Neppure i sindacati di categoria, probabilmente, che dopo la vicenda dei tre giardinieri comunali meranesi che hanno patteggiato in tutta fretta un anno e sei mesi per «assenteismo», stanno cercando soprattutto di contenere i danni.

La storia. Del dipendente provinciale in questione sappiamo che non è un dirigente e nemmeno un quadro. Con ogni probabilità si tratta di un operaio o di un impiegato con l’hobby della caccia che questa volta è stato tradito dal desiderio di imbracciare la doppietta nei boschi vicino a casa, in una valle vicina a Bolzano. Il dipendente fannullone pare sia andato dal medico per un problema fisico - c’è chi sostiene si trattasse di un forte dolore agli arti inferiori e chi invece scommette su un mal di schiena cronico - e ha ottenuto, come da copione, un regolare certificato medico che gli consentiva di stare a casa dal lavoro. Fin qui, nessun problema. Nel senso che anche i colleghi e i dirigenti dell’ufficio per cui lavora - non è ancora trapelata la ripartizione alla quale appartiene - si sono limitati a prendere atto dell’assenza per malattia.
La segnalazione. La sfortuna del cacciatore provetto in forza all’amministrazione provinciale è stata che un solerte (quasi troppo) vicino di casa, al quale non stava simpatico, lo avrebbe visto inoltrarsi nel bosco con l’abituale tenuta da caccia. Sapendo che era in malattia ha provveduto ad avvisare la Provincia, ma senza fornire nome e cognome. «Molte segnalazioni - ammette il direttore della ripartizione personale Schaller - sono anonime. In questo caso abbiamo disposto una serie di verifiche che ci hanno consentito di avere conferma che il dipendente in questione andava effettivamente a caccia mentre era in malattia. Di qui la decisione di aprire un procedimento disciplinare che, salvo clamorose sorprese, dovrebbe portare appunto al licenziamento».
I precedenti. Non si tratta, peraltro, della regola ma dell’eccezione. A confermarlo sono le cifre. Nel 2009 i dipendenti provinciali licenziati sono stati 5, nel 2010 a perdere il posto sono stati solamente in 2, mentre nel 2011 siamo saliti a 3. L’ultimo dato del 2012 risale al 31 ottobre: in dieci mesi a perdere il posto sono state due persone. Nel 2013, cacciatore compreso, dovremmo arrivare a due.
Fonte:altoadige.it del 13 aprile 2013

Reggio Emilia. Mira alla quaglia ma prende in pieno l'amico

Mira alla quaglia ma prende in pieno l'amico

Incidente di caccia a Castellarano

Un 36enne comasco è rimasto ferito a un orecchio durante una battuta

Reggio, 14 aprile 2013 - Incidente di caccia questa mattina nel reggiano. Un 36enne comasco è rimasto ferito durante una battuta che si svolgeva a San Valentino di Castellarano. Secondo quanto accertato dai carabinieri, l’uomo è stato ferito in maniera non grave all’orecchio sinistro dai pallini esplosi da un 35enne modenese, suo compagno di caccia, che aveva esploso un colpo nel tentativo di colpire una quaglia.
Il ferito, subito soccorso dal compagno di caccia, è stato portato dall’elisoccorso all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Sull’esatta dinamica dell’incidente sono in corso gli accertamenti a cura dei carabinieri di Castellarano.

lunedì 25 marzo 2013

UN CACCIATORE GUIDERÀ IL PARCO DELLE FORESTE CASENTINESI

Luca Santini ce l'ha fatta, è stato nominato dal Ministro Corrado Clini Commissario straordinario del Parco delle Foreste Casentinesi. Sulla sua candidatura alla guida dell'area protetta nelle scorse settimane c'erano state diverse polemiche degli animalisti, visto che il sindaco di Stia è cacciatore ed è stato anche presidente dell'Urca dal 2002 al 2005).

A sostegno della candidatura di Luca Santini si erano espressi, tra gli altri, anche il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e il presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani , i quali, dopo le polemiche hanno nuovamente ribadito la propria scelta in una lettera trasmessa al ministro Clini, definendola una nomina che esprime realmente la volontà di un territorio nella sua interezza.

"Qualora dovessi essere nominato Presidente del Parco - diceva Santini prima che fosse nominato - tengo a sottolineare che l'obiettivo sarà quello di salvaguardare gli interessi di tutti, non solo quelli del territorio e delle popolazioni che vi abitano, ma dell'intera collettività, in quanto l'Area Protetta è un patrimonio mondiale e il nostro parco è sicuramente un'eccellenza in tema di biodiversità e tutela degli ambienti naturali, un esempio per tutti la Riserva Integrale di Sasso Fratino".

"Più volte intorno alla mia candidatura - si legge nella nota di Santini - sono state sollevate perplessità legate all'appartenenza alla categoria dei cacciatori, su questo punto vorrei chiarire che svolgere un'attività nella piena legalità non può rappresentare un problema. Peraltro, già da quando sono sindaco, gli impegni mi consentono di esercitare questa attività in modo molto discontinuo ed immagino che, qualora fossi nominato presidente del parco, visto la complessità e la novità dell'incarico, il tempo a mia disposizione sarebbe ancora più ridotto. In ogni caso, mi rendo conto che ci sono anche motivazioni di opportunità e di sensibilità verso chi la pensa in maniera diversa dalla mia, e per questo, se dovessi assumere la presidenza, non andrei a svolgere alcuna attività venatoria nei territori vicini al Parco, peraltro da me poco frequentati anche adesso. Inoltre voglio assicurare il mio particolare impegno a contrastare ogni forma di caccia illegale e fuori dalle regole anche etiche, pratica fortunatamente poco diffusa nella zona, ma assolutamente dannosa e profondamente incivile".

lunedì 18 marzo 2013

SCUOLA E CACCIA: SOLIDARIETÀ DAL PD CONTRO GLI ATTACCHI DELLA LAV

“La Lav di Grosseto, utilizzando il metro del pregiudizio, vorrebbe impedire che in alcune scuole della provincia, così come avviene ormai da anni, i ragazzi non siano educati alla conservazione della fauna e alla buona gestione del territorio sol perché ad organizzare una così meritoria iniziativa sono i tecnici e i dirigenti dell’Arcicaccia".

Questa la dichiarazione dell'On. Luca Sani, coordinatore della segreteria regionale del Pd della Toscana e di Marco Ciarafoni, responsabile nazionale biodiversità e politiche faunistiche del Pd, con la quale il Pd esprime la propria solidarietà "al dirigente scolastico che ha ricevuto pressioni improprie". "Sulla caccia - spiegano dal Pd - si possono avere opinioni diverse. E’ legittimo. Pur tuttavia, ed è bene ricordarlo, la caccia è attività lecita, legittimata dalle leggi dello Stato e delle Regioni e rispondente ai dettami delle direttive comunitarie".

Sani e Ciarafoni ribadiscono che "ai ragazzi delle scuole interessate al progetto promosso dall’Arcicaccia,non è di attività venatoria che si è parlato ma di fauna e di conservazione". E quegli stessi ragazzi, ricorda, hanno potuto conoscere gli animali selvatici che stazionano sui meravigliosi territori della maremma anche grazie al lavoro meritorio e volontario degli ATC, i cui comitati di gestione, come tutti sanno, sono composti da rappresentanti degli agricoltori, dei cacciatori e degli ambientalisti. Se i territori della Maremma evocano “vita e bellezza” in tutti coloro che li visitano provenienti da ogni parte del mondo - sottolineano i rappresentanti del Pd - è perché gli agricoltori, i cacciatori, gli ambientalisti insieme alle istituzioni che se ne interessano lo fanno nel segno di una storia, di una cultura, di uno spiccato senso del civismo che nessun pregiudizio o strumentalità potrà mai abbattere".

"In questo quadro - conclude Sani - la Maremma, per quello che finora è stato fatto, può rivendicare più di altri territori, di essere comunità attenta al tema della “fauna, bene comune” nel solco dell’appello congiunto lanciato da Arcicaccia e Legambiente e che ha ricevuto sostegno e condivisione da parte di Federparchi, Cia, Coldiretti ed Ecologisti Democratici. Appello che come Pd, nel merito delle proposte formulate, abbiamo pubblicamente apprezzato aggiungendo che in una fase così difficile per il Paese occorre privilegiare ciò che unisce e non certamente ciò che divide e genera conflitti sociali”.

venerdì 15 marzo 2013

Gavorrano (GR): a scuola con i cacciatori

BAMBINI VITTIME DELL'IPOCRISIA VENATORIA
I cacciatori ingannano i bimbi di elementari e medie: animali 'pronto caccia'
rifilati per "patrimonio ambientale e faunistico"!

Arci Caccia perora la violenza mascherata da "educazione ambientale" sulla pelle dei bambini. A permettere ed avvallare l'iniziativa, l'istituto comprensivo G.Pascoli di Gavorrano, Grosseto.

Il prossimo passo sarà forse mettergli una carabina in mano come ha fatto Federcaccia il 10 febbraio scorso nel Comune di Rivolta D'Adda in provincia di Cremona con l'irresponsabile iniziativa dalla dubbia liceità: "competizione con carabina per i bambini dai 7 ai 12 anni!". VERGOGNOSO.

Niente smuove più oramai le associazioni venatorie che ostinatamente e senza alcun scrupolo neppure per i bambini puntano al ricambio generazionale per non estinguersi, continuando ipocritamente a coinvolgere bambini e ragazzi minorenni in quella che definiscono la cultura venatoria, pittata da un'antiscientifica "educazione ambientale" che in realtà cela soltanto una sotto-cultura che di ecologico non ha proprio niente. Il rispetto dell’ambiente e l’equilibrio delle specie animali non sono certo garantiti da chi sversa tonnellate di piombo nel terreno da oltre mezzo secolo, depaupera fino all'estinzione intere specie e le reimmette solo per sparargli!" dichiara Daniela Casprini, presidente dell'Associazione Vittime della caccia.

"Il contesto della fauna per i ripopolamenti, questo lo scenario che i cacciatori rifilano ai bambini di elementari e medie di Gavorrano, facendo passare quei poveri animali d'allevamento per patrimonio ambientale e faunistico, quale esempio della biodiversità tipica del territorio toscano. In realtà, trattasi di fauna riprodotta in gabbia, incapace per lo più di adattarsi alla vita selvatica e di procurarsi cibo, ma i pochi sopravvissuti o chi è riuscito a riprodursi diventa "sparabile" alla prossima stagione venatoria. E nel frattempo, prima dell'immissione, animali resi disponibili, manipolabili, visibili come fossero in uno zoo. E l'inganno venatorio è servito.

E' questa la cultura venatoria? E' questa la biodiversità della Toscana? Fagiani, Starne, Lepri, Quaglie, abituati a nutrirsi dalle magiatoie delle gabbie e poi buttati nel territorio, con una mortalità altissima per soddisfare cacciatori pigri che oramai, da alcuni decenni, hanno completamente depauperato la biodiversità per il loro esclusivo piacere, per altro pretendendo di sostituirsi ai veri predatori naturali. Vedasi ad esempio le volpi, strumentalmente ed erroneamente considerate "nocive" ed uccise non solo in quanto cacciabili ma anche vittime di esche avvelenate che, tra la fine di una stragione venatoria e l'inizio della successiva, si trovano sparse per boschi e campagne, uccidendo anche cani, volpi, tassi, gatti ecc. e costituendo non di meno un pericolo diretto pure per gli umani".

"I cacciatori hanno rotto l'equilibrio naturale della biodiversità, hanno depauperato il patrimonio faunistico, quindi non hanno niente da insegnare ai bambini, tantomeno ingannarli con le loro ridicole lezioni fuorvianti, antiscientifiche, ingannevoli e finalizzate ad incrementare il loro carniere di fauna d'allevamento. E per rinnovare ogni anno la loro carneficina non si fanno scrupoli di sorta, nemmeno quello di armare i bambini o coinvolgerli in questa pratica obsoleta e barbara, come oramai appare evidente dai tanti casi di cronaca nera che si susseguono sistematicamente e che li vedono aggiungere alle liste delle vittime per caccia".

Ricordiamo le piccole vittime della stagione venatoria conclusasi: 2 bambini morti e 1 ferito durante le battute di caccia! Ma in totale, in soli cinque mesi (settembre/gennaio) sono 5 i bambini morti e 4 i feriti per armi da caccia/parenti cacciatori, familiarità con le armi!

Ma finita la stagione di caccia, la conta delle piccole vittime ha continuato a salire: il 15enne ferito in provincia di Ragusa alla fine di febbraio e, all'inizio di marzo, un altro 15enne rimasto ferito dall'arma che stava autocostruendo, probabilmente per poi emulare il padre cacciatore.

"Che almeno le madri, gli insegnanti e i dirigenti di istituti scolastici non avvallino la sanguinaria...educazione ambientale dei cacciatori! Non si tratta di essere favorevoli o no alla caccia ma di preservare delle creature innocenti, per natura più propensi ad amare gli animali invece che a massacrarli!", conclude la presidente dell'Associazione Vittime della caccia.






ASSOCIAZIONE VITTIME DELLA CACCIA -Ufficio stampa - 14.03.2013
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Iscriviti o fai una donazione all'Associazione Vittime della Caccia: http://www.vittimedellacaccia.org/come-aiutarci-per-poterti-aiutare.html


ASSOCIAZIONE VITTIME DELLA CACCIA
Orgnizzazione di volontariato senza fine di lucro ai sensi della Legge 266/91
Casella postale n.7 – 00035 Olevano R.no (RM)

mercoledì 6 marzo 2013

Caccia, l'ennesima strage annunciata

VIGILANZA WWF IN TRE PROVINCE LOMBARDE: MILANO, PAVIA E BRESCIA
Caccia, l'ennesima strage annunciata
Troppe specie protette falcidiate ogni stagione
Chiusa la stagione della caccia, si contano le vittime rimaste sul campo. Il rapporto del Wwf racconta di una carneficina ingiustificata. Sotto i colpi non dei bracconieri, ma dei cacciatori con regolare licenza di caccia, cadono anche specie protette in via d'estinzione. Troppi esemplari. Più delle parole possono i numeri. Ed ecco che abbiamo scelto di sintetizzare con un grafico l'attività che le guardie volontarie del Wwf e gli operatori di due Cras (Centri di recupero della fauna selvatica) hanno svolto nelle tre province di Milano, Pavia e Brescia. Durante la stagione di caccia chiusa da poco, nelle tre province sono state denunciate 114 persone: per l'uso di richiami elettroacustici vietati, per aver abbattuto fauna protetta, perché utilizzavano fucili non regolari e in un caso per porto abusivo d'arma, cioè per un bracconiere a tutti gli effetti. C'è chi è stato trovato con fauna selvatica protetta nel carniere, chi è accusato di «furto venatorio». Le guardie volontarie lavorano spesso in tandem con le polizie provinciali, l'Arma dei carabinieri o il Corpo forestale dello Stato. Nei fine settimana dedicati alla sorveglianza del territorio, può accadere veramente di tutto. Alto il numero dei volatili sequestrati ai cacciatori: 688 esemplari. In due casi su tre, i volatili erano morti. Ma la doppietta selvaggia ha fatto strage anche di rapaci, come nel caso di un gufo reale abbattuto a fucilate a Gavardo (Bs) e anche di specie minacciate come l'albanella reale o il falco pellegrino. In pochi mesi nei Cras Wwf di Valpredina e Vanzago ne sono stati ricoverati 80 con ferite da arma da fuoco. Durante i controlli di volontari e polizia è stato sequestrato un mezzo arsenale: 98 fucili e 1.700 munizioni. E poi gabbie trappola, reti da uccellagione e archetti. Tutto materiale illegale. Dopo oltre un decennio di caccia in deroga, cioè a specie di fatto protette, da sempre combattuta dalle associazioni ambientaliste, quest'anno la Regione, diffidata dall'Unione Europea, non ha potuto permettere l'uccisione dei piccoli uccelli canori. Nonostante ciò è stato un anno tragico per i minuscoli fringuelli: ne sono stati sequestrati già nel carniere, pronti per finire in padella, 156 esemplari. Quanti saranno sfuggiti ai controlli? Nelle giornate di forte passo migratorio, a quasi ogni controllo è corrisposta una denuncia penale. Nei carnieri, insieme alle specie cacciabili, sono così finiti anche lucherini, luì (otto grammi di peso, piume comprese), scriccioli, verzellini, cardellini, codirossi. L'attività di vigilanza ha portato a una massa di sanzioni amministrative e ammende penali non indifferente. Ma tutto questo non basta, come sottolineano le guardie Wwf: «Senza un inasprimento delle pene e il ritiro della licenza di caccia i cacciatori indisciplinati non perderanno mai il vizio di sparare ad animali protetti». Segnalazioni di bracconaggio possono essere fatte al 3287308288.pdamico@corriere.it

domenica 3 marzo 2013

VENETO: VERSO IL RIMBORSO AI PROPRIETARI TERRIERI PER L’USO DEL TERRENO PER LA CACCIA

Importante presa di posizione della Regione Veneto, che con una nota a firma del dirigente Dr. Mario Richieri, emanata il 28 di dicembre 2012, risponde positivamente alle richieste di rimborso di alcuni agricoltori vicentini. In sintesi, il dirigente Richieri scrive che verranno istruite le pratiche di richiesta, che riguarderanno il periodo utile del piano faunistico venatorio attuale (approvato a gennaio 2007 ora prorogato a settembre 2013) e che verranno riconosciuti i contributi secondo le determinazioni che verranno assunte dalla giunta, ai sensi dell’articolo 15 comma 2 della legge 157/92.
In pratica, la Regione Veneto, sentito l’ufficio legale, ha preso atto che non può fare altro che rispettare la legge, e, conseguentemente, pagare quanto dovuto per la servitù a cui sono stati obbligati i proprietari dei fondi. Il coordinamento Protezionista Vicentino su iniziativa della LAC ha lanciato questa importantissima campagna di rispetto della legalità, nella quale si tutelano tutti gli agricoltori.
Ma non solo, anche qualsiasi proprietario di fondi che in qualche modo vengono utilizzati per la caccia potrà rivendicare il diritto al rimborso, grazie a quanto stabilito dall’art. 15 della legge nazionale n. 157 del 1992 sulla disciplina della caccia: è “dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a cura dell’amministrazione regionale in relazione all’estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente”; una spesa a cui si deve far fronte con la tassa di concessione venatoria regionale.
Nella missiva regionale si dichiara inoltre che ai proprietari verrà rimborsato quanto dovuto per l’utilizzo del fondo rientrante nell’ultimo piano faunistico venatorio. Il piano è stato istituito nel 2007, per cui la regione intende pagare solo gli ultimi sei anni di servitù, cosa che sarà impugnata dai legali del Coordinamento con il sistema della “class-action” in quanto ritenuta illegittima dai richiedenti, ovvero, ai conduttori o proprietari dei fondi vanno riconosciuti tutti i contributi compresi gli arretrati e gli interessi legali, in quanto la legge è stata emanata nel 1992. 
Ora, assodato che l'ultima proroga al piano faunistico scade a settembre 2013, per non dare un primo alibi alla regione, diventa indispensabile che tutte le persone che ne hanno titolo inviino alla regione Veneto o ad altra regione di appartenenza la richiesta di rimborso (Coordinamento Protezionista Vicentino, 28 febbraio).

Fonte: notiziario LAC del 28 febbraio 2013

Qui si trovano i moduli per ottenere il rimborso:

http://www.faunalibera.it/index.php?id=rimborso

mercoledì 20 febbraio 2013

Cacciatore spara e uccide un’aquila “per salvare un cerbiatto”

Smentito dai testimoni, il giudice non gli crede e lo condanna a 2 mila euro di multa

Un altoatesino di 28 anni è stato condannato in tribunale a Innsbruck, a 2.000 euro di multa per aver abbattuto un aquila. Il fatto è avvenuto lo scorso giugno nella valle Oetztal, sul confine tra l’Austria e l’Italia.

L’uomo si è difeso davanti ai giudici, sostenendo di aver solo sparato in aria per spaventare il rapace che aveva “adocchiato un cerbiatto” e di averlo colpito accidentalmente. Questa versione è stata però smentita da alcuni escursionisti che si trovavano in zona.

Uccisa a fucilate la cerbiatta Belinda.Era la mascotte del paese, bimbi in lacrime. Un cacciatore le ha sparato per strada

Trovata in una stalla quando era cucciola, allattata e nutrita da tutta la comunità. Un cacciatore le ha sparato per strada

Come nel film Bambi. Finale leggermente differente, ma sempre tragico. Qui è la cucciola a morire, non la madre. A Biserno, paesino di 90 anime sull'Appenino Forlivese, impallinata e uccisa senza pietà dai cacciatori, venerdì pomeriggio, è stata la cerbiatta Belinda, due anni e mezzo, che del piccolo borgo era diventata ben presto la mascotte. Adottata da proprietari di agriturismi e ristoranti del posto, dai loro clienti, adulti e bambini. Che adesso sono in lacrime, choccati. La loro Belinda non c'è più, uccisa da un cacciatore che le ha sparato da una distanza di neanche 50 metri, in una via centrale dell'abitato. Un'esecuzione, insomma.

«CENA» IN PIZZERIA - Belinda aveva preso abitudini e orari quasi «umani», tanto da presentarsi all'ingresso della pizzeria regolarmente alle 19 e 30 dopo essere scesa dai boschi che circondano il paesotto. E qui c'era sempre qualcuno, tra proprietari e clienti, che provvedeva a a regalarle croste, avanzi, un frutto o una fetta di torta. Per i più piccini giocare con Belinda, paciosa, affatto diffidente, era una festa. Ed erano molte le famiglie che venivano a trascorrere il fine settimana a Biserno soltanto per poter vedere la cerbiatta.

IL GIALLO DELL'UCCISIONE - Quel che è successo venerdì sera, poco dopo le 17 e 30, ha tutti i contorni di un giallo che però, a oltre 72 ore dall'uccisione della cerva, dovrebbe essere prossimo alla soluzione. Incolpato dell'esecuzione di Belinda è un cacciatore di Biserno, in qualche modo «reo confesso» perchè, come prevede la prassi, ha regolarmente registrato l'uccisione al registro venatorio della Provincia. «Ho sentito distintamente i colpi di fucile, hanno tremato i vetri. -racconta Andrea Cocchi, 28 anni, titolare dell'agriturismo «il Molino» -. Sono uscito, assieme al proprietario del ristorante "Vecchia Romagna", per vedere cosa stesse accadendo: a sparare è stato un vicino di casa, un cacciatore fanatico. Quando ci ha visti ha gridato: "Non avvicinatevi, è meglio per voi se non vi avvicinate". Non riesco a comprendere perchè lo abbia fatto: non solo ha ucciso un animale che in qualche modo era diventato il simbolo della nostra comunità, ma lo ha fatto addirittura nell'abitato, dove è tassativamente vietata la caccia».

TROVATA NELLA STALLA -Proprio ad Andrea, Biserno deve «l'adozione», nel maggio 2011, della cerbiatta uccisa venerdì. «Non so come fosse finita nella stalla, era piccolissima. La madre doveva averla data alla luce pochi mesi prima. Presumo che sia morta perchè non succede mai che un cucciolo venga abbandonato. Le abbiamo dato il nome di Belinda perchè... era bella, un muso dolce, proprio come quello di Bambi. L'abbiamo nutrita dandole ogni giorno, grazie anche all'aiuto di tutta la comunità, sei o sette litri di latte. Per qualche mese ha dormito nella stalla. Poi si è fatta una specie di cuccia qui vicino, nel bosco».



«ADOTTATA» DA BISERNO - Nel frattempo Belinda era già diventata una «cittadina» del minuscolo borgo romagnolo. Di giorno i giochi con i bambini, dai quali prendeva il cibo dalle mani. Poi nel pomeriggio una specie di siesta, accucciata sullo zerbino all'ingresso del ristorante «La vecchia Romagna», dove la sera trovava anche il suo pasto, servito direttamente dalle cucine del locale.

L'UCCISIONE - Venerdì pomeriggio Belinda è stata ammazzata. Una vera e propria esecuzione. La cerbiatta passeggiava tra le stradine del paese. E' stata freddata con un fucile da caccia che ha sparato la «rosa» di grossi pallini a una cinquantina di metri. «Ci fosse stato un cristiano nelle vicinanze - è il sospiro di Andrea Cocchi - sarebbe stato colpito anche lui». La vicenda è destinata ad avere un risvolto giudiziario. «Tra i nostri clienti ci sono carabinieri e poliziotti, so che vogliono presentare un esposto all'autorità giudiziaria. Di una cosa qui a Biserno siamo tutti sicuri: l'uccisione della povera Belinda non ha nulla a che fare con la caccia. E' come se avessero sparato a qualcuno di noi».
Alessandro Fulloni



mercoledì 13 febbraio 2013

Caccia: in Italia 151 vittime in 62 giorni

151 vittime, di cui 32 morti e 119 feriti, in soli 62 giorni: è questo il bilancio finale dell’ultima stagione di caccia, pubblicato nel “Dossier stagione venatoria 2012-13” e realizzato dall'Associazione Vittime della Caccia.

La stagione venatoria 2012-13 (in forma di caccia vagante) si è da poco conclusa e ne tracciamo un bilancio, tornando a parlare di quello che, ormai, viene sempre più considerato dall’opinione pubblica un“bollettino di guerra”. Dal 1 settembre 2012 al 31 gennaio 2013, infatti, in un arco di 5 mesi e di soli 62 giorni effettivi di caccia, le vittime sono state ben 151 (delle quali 32 i morti e 119 i feriti) e sono così suddivise:


- 108 vittime tra gli stessi cacciatori - di cui 21 morti e 87 feriti;

- 43 vittime tra la gente comune - di cui 11 morti e 32 feriti, ma tra questi ultimi si contano anche 9 i minori vittime di caccia: 5 morti e 4 feriti.

Gli ultimi dati aggiornati sono contenuti nel “Dossier stagione venatoria 2012-2013” pubblicato dall’ Associazione Vittime della Caccia (AVC). L’arco temporale analizzato nel Dossier va dal 1 settembre al 31 gennaio, ma i giorni di caccia effettivi non sono 153, bensì 62, poiché i giorni previsti dai calendari venatori sono 5 (e non 7) a settimana e, in genere, di questi 5 giorni, ogni cacciatore ne può scegliere solo 3 a settimana.

“Non che le stagioni venatorie passate fossero state 'pacifiche', anzi, ma questa appena conclusa è stata un'apoteosi di atti di una gravità inaudita”: è questo il primo commento al Dossier di Daniela Casprini, presidente dell'Associazione Vittime della caccia.

I dati raccolti ed analizzati da AVC escludono tutti i casi di vittime dovute a cadute, infarti o incidenti di qualsiasi altra natura (avvenuti anche durante le battute) che non siano le armi da caccia. Sia in ambito venatorio che extravenatorio, le vittime umane conteggiate (uccise o ferite) sono solo ed esclusivamente coloro che hanno subito lesioni a causa di detonazioni esplose da armi da caccia.

L’AVC, oltre alle vittime della caccia, registra ed analizza anche tutti gli incidenti che avvengono in zone vietate alla caccia e in aree protette, tutti i casi chiamati 'di ordinaria follia' nei quali, solo per coincidenze fortunate, i soggetti coinvolti non sono andati ad aumentare il numero delle vittime di caccia, e tutti i casi di abusi perpetrati ai danni dei cittadini italiani, spesso minacciati in casa propria dalle armi dei cacciatori.Da notare che le statistiche diffuse da molte associazioni venatorie risultano sensibilmente inferiori ai dati del Dossier AVC, poiché le associazioni di cacciatori escludono dal numero totale delle vittime la gente comune, cioè tutti coloro che non possiedono un regolare porto d’armi ad uso caccia: chi viene ferito o ucciso in una battuta, ma non possiede il porto d’armi, non è una 'vera' vittima di caccia.

Ma il dato più tragico e preoccupante che emerge dall’intero Dossier è che su 32 morti totali a causa di armi da caccia durante la stagione venatoria 2012-2013, 5 sono minorenni. Ricordiamo ancora una volta che, in Italia, l’esercizio della caccia è vietato ai minori di 18 anni, eppure non esistono norme che tutelano i bambini che vengono condotti a caccia dai genitori. Ecco perché, ogni anno, si registrano casi di bambini feriti o uccisi dalle stesse armi utilizzate dai cacciatori - sia nel caso in cui i minori accompagnino i genitori nelle battute di caccia, sia in caso di omessa custodia di armi da caccia da parte degli adulti.

Quella appena conclusa è una stagione venatoria che l’AVC non esita a definire “insanguinata e costellata di atti folli e criminali”. “E ancora”, continua Daniela Casprini, “c'è chi fa/autorizza lezioni nelle scuole per avvicinare i minori alla caccia e addirittura una compagnia di assicurazione stipula un Contratto per i minori a caccia in qualità di “battitori”, forse non rendendosi conto che i minori non possono essere impiegati in attività pericolose e che il “battitore”, nei fatti, svolge attività venatoria a tutti gli effetti - attività vietata ai minori di 18 anni!”.

Una Sezione del Dossier AVC è interamente dedicata al problema dei minori ed ha lo scopo di evidenziare tutti i casi di coinvolgimento dei minori di età - sia vittime di armi da caccia, siabambini che hanno subito gravi turbative psichiche in quanto spettatori e/o oggetti, loro malgrado, di episodi violenti ad opera di chi detiene legalmente armi ad uso caccia. Il limitato arco temporale di 62 giorni effettivi di caccia evidenzia tutta la gravità e le ripercussioni, sul piano psicologico, dei bambini coinvolti, oltre all'inaccettabile casistica dei minori morti fucilati.

“Il ricambio generazionale che i cacciatori vogliono garantire a spese dei più piccoli, non trova alcuna giustificazione in un Paese civile”, si legge nel Dossier. “Eppure, le associazioni venatorie insistono nel voler portare nelle scuole la materia venatoria, fregandosene delle evidenti conseguenze che queste stesse cronache ci riportano e che, ogni anno, si rinnovano inesorabilmente. Una vergogna che non concepiamo come i cacciatori - padri di famiglia - possano non provare”.

“Non ci sono molte parole da aggiungere a questi numeri spaventosi, i fatti parlano già da sé”, continua Daniela Casprini. “Chi ha un minimo di coscienza ne tragga le proprie conclusioni ed i responsabili di questa strage legalizzata (cacciatori e politici/amministratori conniventi) comincino a riflettere seriamente - e una volta per tutte - su questo fenomeno solo italiano, quale conseguenza di una normativa ormai obsoleta ed inopportuna per un territorio come quello del nostro Paese”.

E a breve, conclude, “al Dossier si aggiungerà una nuova Sezione sulla violenza domestica e il femminicidio per mano di chi detiene legalmente armi da fuoco ad uso caccia, che non riguarderà solo l'arco temporale dei 5 mesi dedicati alla caccia, ma tutto l'anno solare”.

martedì 5 febbraio 2013

Piombino (Li): trovati trampolini abusivi e un mare di cartucce

Ieri i volontari del Wwf hanno ripulito tutta l’area di caccia Gualerci: «Sporco e irregolarità, altro che area protetta»

PIOMBINO. Alle 9, appuntamento sulla strada che porta dal Reciso agli appostamenti. Una domenica mattina (ieri) che il Comitato locale Wwf Val di Cornia ha deciso di dedicare - stagione venatoria appena conclusa - alla “Caccia alla cartuccia”. «Un’azione fin troppo proficua...» lamenteranno, alla fine, i partecipanti dopo aver raccolto qualcosa come un quintale di cartucce in un’area di poco superiore ai 300 metri quadrati. Ed aver trovato un bel po’ di “trampolini” abusivi per la caccia al colombaccio (non mancheranno le segnalazioni alle autorità competenti).

Di foto, ieri mattina i volontari e amici Wwf - in tutto 13 - ne hanno scattate parecchie.

«Tre ore e mezzo di pulizia – racconta Stefano Gualerci, responsabile Wwf Val di Cornia – a raccogliere soprattutto cartucce ma anche spazzatura della più varia. Per riscoprire anche tristi attività che sembravano ormai superate... c’è ancora chi fa il falò con le cartucce, abbiamo trovati resti delle teste d’acciaio; evidente , sono abitudini che si tramandano senza pensare ai danni. Insomma, che dire, un bel po’ di sporco e di abusi».

Qualche dato su questa iniziativa "Caccia la cartuccia" sul Promontorio di Piombino lo snocciola direttamente il responsabile del Comitato locale Wwf.

Cartucce. «Abbiamo raccolto circa un quintale di cartucce in un'area di poco superiore ai 300 mq. – conferma Stefano Gualerci – se rapportiamo il "raccolto" per la superficie del Promontorio che ricade nel sito di importanza comunitaria (nel caso, fondamentale per le rotte migratorie ndr) si raggiungono quantità pazzesche. Il Promontorio di Piombino - Monte Massoncello (circa 718 ettari, circa l’80% del Promontorio) è solo "teoricamente" area di importanza comunitaria per la conservazione della natura, per altro decisa da commissioni ministeriali, visto che sullo stesso Promontorio restano abbandonate svariate tonnellate di cartucce sparate. Se poi consideriamo che il piombo abbandonato nei boschi (20 gr. per ogni cartuccia sparata) – sottolinea ancora Gualerci – lascio immaginare il livello di inquinamento da metalli pesanti presente sull'area».

Abusivismo. Conferme e una ragnatela di scoperte. «Oltre agli appostamenti fissi di caccia – dice Gualerci – sono presenti numerosissimi "trampolini" abusivi per la caccia al colombaccio. Tanto per fare un esempio, proprio sotto uno di questi ci siamo messi a contare le cartucce e al numero 600 abbiamo smesso di contarle mettendole direttamente nei sacchi».

Altra spazzatura. «Tra l’altro, sempre sotto queste strutture abusive, che sono pure passibili di sanzioni amministrative e segnalazioni alla Regione Toscana per danno erariale a causa del mancato versamento delle concessioni regionali – aggiunge Gualerci – viene abbandonato "il mondo"... bottiglie, lattine, cartine di merendine, ma anche tappetini di auto, resti di brandine che abbiamo portato via documentando».

Turismo e territorio. « Impensabile – commenta – promuovere il Promontorio di Piombino nelle borse turistiche del centro e nord Europa se il biglietto da visita è una distesa ininterrotta di cartucce sparate ed abbandonate nel bosco e pure lungo i sentieri all'interno del territorio protetto, la così detta Anpil (Area naturale protetta d'interesse locale)».

Quale tutela. «Ai cacciatori è stato affidato sostanzialmente il" compito" di sorvegliare e di tutelare il Promontorio di Piombino? – si domanda polemicamente Gualerci – Ma se questi sono i risultati, è bene rivedere questo orientamento da parte degli amministratori locali. Probabilmente la Parchi Val di Cornia avrebbe maggiori titoli e competenze per garantire un livello accettabile di tutela dell'area».

«Tornare a casa con così tanti sacchi di cartucce e di sporco più vario... – conclude il responsabile del Comitato locale Wwf – purtroppo abbiamo trovato molto di più di quanto si credeva possibile. Prima dell’estate faremo un’altra pulizia».

sabato 2 febbraio 2013

IL CENTRO DESTRA VUOLE LA GALERA PER CHI FARA’ OSTRUZIONISMO CONTRO LA CACCIA

Disturbare cacciatori e pescatori potrebbe costare la galera.


La legge non lo prevede ancora, ma si rischierà di finire in carcere per un anno, pagando anche una multa di 2mila 400 euro, se il Parlamento darà il via libera alla proposta presentata in Senato da Pdl, Fli, Udc e Lega.

L’obiettivo è quello di inserire nel codice penale l’articolo 660-bis che introduce il reato di «turbativa, di ostacolo ed impedimento agli atti di caccia e pesca» e all’attività degli impienti di cattura della fauna selvatica.

Caccia e pesca, spiega il senatore del Pdl Valerio Carrara, primo firmatario del disegno di legge, «condizionano la vita dell’uomo da tempo immemorabile: per secoli la sopravvivenza della specie umana è stata garantita proprio dalle catture degli animali selvatici e dei pesci». Oggi caccia e pesca non sono più una questione di mera sopravvivenza, ma hanno assunto «valenze di segno diverso: sono -sottolinea Carrara- un patrimonio culturale tramandato di padre in figlio. La caccia, in particolare è elemento di una tradizione legata fortemente alla terra ed ai valori della ruralità».

L’attività venatoria inoltre, insiste Carrara, è divenuta un efficace strumento di ‘regolazione’ della fauna attraverso una serie mirata di interventi «che non si estrinsecano più, come in passato, esclusivamente in azioni di prelievo di animali dall’ambiente».

Ma c’è, attacca Carrara, «chi è ideologicamente contrario, e purtroppo nel nostro Paese alcuni sedicenti animalisti-ambientalisti sono passati dalle parole alle vie di fatto, trasformando l’opposizione ideologica in atti di vero e proprio ‘ostruzionismo’, anche violenti: appostamenti di caccia dati alle fiamme o danneggiati in modo grave; gomme tagliate alle auto dei cacciatori; azioni di disturbo con sirene e campanacci sui terreni di caccia per ostacolare l’attività venatoria».

I cacciatori e i pescatori, ricorda Carrara, pagano ogni anno una tassa di concessione statale ed una regionale, «ed è giusto che lo Stato assicuri loro la possibilità di esercitare l’attività, peraltro autorizzata attraverso apposite licenze».

Tra l’altro, argomenta il senatore del Pdl, «per poter svolgere l’attività venatoria occorre avere particolari requisiti psico-fisici e conseguire un’abilitazione tecnica, non facile ad ottenersi, rilasciata dalle strutture pubbliche competenti». «Ecco perché -sottolinea Carrara- occorre introdurre nel codice penale una norma, con valenza deterrente, che valga a rendere effettiva la tutela dell’ordine e della tranquillità che potrebbero essere turbati e messi in pericolo dal ‘contatto’ con sedicenti amanti della natura, determinati a disturbare o ostacolare l’attività venatoria».

Insomma, un reato di ‘turbativa, ostacolo e impedimento’ all’attività di caccia e pesca, come quello introdotto recentemente nell’ordinamento francese. Un nuovo reato che verrebbe punito con l’arresto fino a 6 mesi o, in alternativa, con un’ammenda fino a 1.200 euro se a commetterlo è una singola persona.

Se invece l’ostruzionismo è opera di più persone, allora la pena aumenta e si rischia di finire in galera per un anno, pagando, questa volta obbligatoriamente, una multa che può arrivare fino a 2mila 400 euro.