martedì 14 febbraio 2012

Legge caccia. per il WWF è ancora inapplicata

LEGGE CACCIA
WWF: HA 20 ANNI MA E’ ANCORA INAPPLICATA
Quattro punti critici, un auspicio e una richiesta del WWF Italia
per applicarla correttamente
INTANTO IN PIEMONTE È REFERENDUM

Oggi  cade il ventesimo anniversario della legge nazionale  sulla caccia “Legge  11 febbraio 1992, n. 157 , Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, ancora largamente male applicata, nonostante i due decenni  passati dall’approvazione.
Sono almeno quattro le criticità principali della legge, ancora in corso, per le quali il WWF chiede miglioramenti: non si proteggono adeguatamente le rotte migratorie, è saltato il legame cacciatore-territorio, le Regioni hanno peggiorato la legge, il controllo delle popolazioni è stato trasformato in caccia-libera. (scheda in allegato)
La legge 157/92 è ancora l’unica legge italiana per la tutela della fauna selvatica. Approvata  sulla scia del referendum del 1990 (che proponeva l’abolizione della caccia su tutto il territorio italiano),  è stata una legge “di compromesso”, che ha tentato di salvaguardare la fauna selvatica e le norme europee ed internazionali, pur riconoscendo le istanze del mondo venatorio.   
La legge prevede la tutela della fauna selvatica (in particolare, per gli  uccelli selvatici, durante i periodi di nidificazione e migrazione) e dei loro habitat, in ottemperanza alle direttive europee. In realtà però la maggior parte delle Regioni continua a disapplicarla, permettendo la caccia per periodi più lunghi o a specie protette.  Non a caso la Comunità Europea ha aperto negli anni una serie di procedure di infrazione nei confronti dell’Italia per violazione della direttiva comunitaria “Uccelli”  (le  ultime nel corso del 2011).
“Ogni anno siamo costretti a ingaggiare  battaglie giudiziarie con ricorsi, denunce, processi. Spesso questi vengono vinti grazie al fondamentale contributo dei nostri avvocati e delle guardie volontarie  salvando così dalla morte milioni di animali selvatici. Proprio di queste ore è la notizia della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato la leggere regionale dell’Abruzzo sottolineando il fatto che la Regione, così come molte altre, non ha rispettato l’obbligo imposto dalla legge 157/92 di fare calendari venatori che durino solo una stagione e con provvedimento amministrativi anzichè con una legge, come avvenuto. L’auspicio del WWF Italia per il 2012 è che  le Regioni ed i Governi attuino nel concreto e nell’immediato la  protezione  della natura, della fauna selvatica, quindi della  biodiversità, nostro patrimonio e valore insostituibile” dichiara Patrizia Fantilli Direttore Ufficio legale- legislativo WWF Italia
“La storia di questo provvedimento è lunga. Nel 1966, la Lega Nazionale contro la Distruzione degli Uccelli (oggi Lipu) e il WWF iniziarono la battaglia contro gli eccessi della caccia. La fauna (allora definita “selvaggina”)   apparteneva a chi l’uccideva o la catturava. Erano considerati “nocivi” da  uccidere con qualsiasi mezzo, lupi, volpi, faine, puzzole, martore, donnole, lontre, gatti selvatici, aquile, nibbi, astori, sparvieri, gufi reali, ghiandaie, averle. Poi le cose iniziarono a cambiare. Già con la Legge 968 del 1977, grazie alle pressioni degli ambientalisti, la fauna selvatica fu dichiarata patrimonio indisponibile dello Stato tutelata nell’interesse della comunità nazionale. La  Direttiva Europea del ‘79 per la conservazione degli uccelli selvatici contribuì, dopo anni, a far sì che la legge di cui si celebra il ventennale, modificasse in meglio la normativa precedente, vietando finalmente la caccia ai piccoli uccelli e imponendo la chiusura al 31 gennaio. Questo, assieme alla creazione di aree naturali protette che oggi interessano più del 10% del territorio nazionale, ha prodotto risultati eccezionali: dal ritorno di tantissime specie migratrici alla nidificazione di molti uccelli che da secoli, per il disturbo causato dalla caccia, avevano smesso di farlo” ricorda  Fulco Pratesi Presidente onorario WWF Italia.

Nel 2012 si festeggiano anche i venti anni della Convenzione internazionale  per la tutela della biodiversità (approvata a Rio de Janeiro nel 1992) e  il WWF Italia torna a chiedere  un importante  segnale  al Parlamento con l’abrogazione dell’art. 842 del Codice Civile: la questione della caccia libera nei terreni privati non recintati rappresenta uno dei tanti gravi problemi legati all’esercizio dell’attività venatoria nel nostro Paese ed il  WWF da sempre ne  sostiene l’illegittimità costituzionale. 

Intanto in Piemonte s’andrà ad un referendum sulla caccia, atteso da 25 anni, per prevederne una disciplina più rigorosa: un’importante occasione per i cittadini di esprimersi a favore di una maggiore tutela della fauna.


Roma, 11   febbraio 2012
Ufficio Stampa WWF Italia, 02 83133233; 329 8315718


SCHEDA – LE CRITICITA’ DELLA LEGGE
Sono almeno quattro le criticità principali ancora in corso, per le quali il WWF chiede miglioramenti: 
NON SI PROTEGGONO ADEGUATAMENTE LE ROTTE MIGRATORIE
La legge 157/92 prevedeva l’istituzione di adeguate zone di protezione lungo le rotte di migrazione,
così come indicate dall’allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS, oggi ISPRA). L’Istituto produsse due decenni fa un documento in cui venivano indicate le aree di maggior rilievo per le rotte migratorie ma ancora oggi molte di queste risultano protette solo parzialmente o addirittura non protette. Vi è così tutta una serie di zone umide, piccole isole, promontori costieri, valichi e crinali montani di particolare importanza per il passaggio migratorio, ma ancora in balia della caccia (o, purtroppo ancora troppo spesso, del bracconaggio).  
Per quanto riguarda i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione, uno  specifico punto della legge ne prevede la tutela, ma le Regioni ne hanno strumentalmente fatto una individuazione minimale e in alcuni casi addirittura prevedendo un divieto di caccia solo parziale.
SALTATO IL LEGAME CACCIATORE- TERRITORIO
Uno degli elementi di innovazione contenuti nella legge 157/92 era l’introduzione del legame cacciatore-territorio,
cosa che avrebbe dovuto portare a un automatico autocontrollo e una autolimitazione nel prelievo e stimolando una migliore gestione del territorio. Purtroppo ciò che è avvenuto è stato tutt’altro, dal momento che gli “Ambiti Territoriali di Caccia” sono stati individuati con estensioni enormi (di solito da 2 a 3 per provincia o, addirittura in alcuni casi, una intera provincia!) ed è stata introdotta una serie di norme regionali che permettono una mobilità tale fra ATC e ATC da rendere del tutto inesistente qualsiasi legame cacciatore-territorio.
Inoltre  gli Ambiti Territoriali di Caccia  si sono trasformati in centri di potere con competenze del Comitato di gestione che hanno talvolta travalicato quelle delle stesse Province. In pratica si è data la gestione faunistico-venatoria in buona parte in mano a privati (tali sono i presidenti degli ATC, per lo più esponenti di Associazioni venatorie) e con spesso minimi e comunque insufficienti controlli da parte della Pubblica Amministrazione.
LE REGIONI HANNO PEGGIORATO LA LEGGEVi sono Regioni (ad esempio) la Liguria dove si autorizza a  cacciare anche su terreni innevati fuori dalle zone alpine (in maniera illegale  perché vietato dalla  legge nazionale, come ribadito anche dal Tar  Liguria nel  marzo 2011 a seguito di ricorso  del WWF). Regioni dove si può cacciare da natanti (purchè ‘ancorati’, anche in questo caso grave violazione della  legge nazionale). Regioni dove si possono detenere ed utilizzare trappole e Regioni dove sui valichi montani interessati dalle migrazioni viene applicato un divieto di caccia solo parziale, e poi ancora: interi comprensori delle foreste demaniali riaperti alla caccia, violazioni di quelle che sono le rigide opzioni della scelta della tipologia di caccia da parte del singolo cacciatore, ‘anomalie’ nella gestione degli appostamenti fissi , annuali ‘sorprese’ nella lista delle specie cacciabili (ad esempio con la reiterata ed illegittima autorizzazione alla “caccia in deroga” a piccoli uccelli protetti dall’Unione europea da parte di Regioni “recidive”come la Lombardia, Liguria, Veneto , che hanno ormai cumulato numerose condanne dalla Corte europea ed annullamenti dalla  Corte Costituzionale). Ed ancora:    caccia nelle aree contigue ai Parchi aperta a tutti gli iscritti agli ATC, commercio di fauna selvatica e così via. Una lunga lista di violazioni della legge quadro che ne ha determinato un vero e proprio stravolgimento, con conseguenti gravi effetti sulla conservazione della fauna selvatica che , scrive la Legge 157/92 “E’ patrimonio  indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale “.

CONTROLLO DELLE POPOLAZIONI TRASFORMATO IN “CACCIA LIBERA”Con apposito articolo la Legge 157/92 norma le procedure e modalità con cui intervenire nei confronti di eventuali squilibri faunistici anche al di fuori della stagione venatoria e in aree di divieto, individuando con precisione i necessari passaggi e i soggetti abilitati a tali azioni. Quello che invece si è verificato sul campo è stata una deriva da parte delle Regioni che hanno permesso gli abbattimenti a qualsiasi cacciatore abbia superato brevi corsi, allargato modalità e semplificato le procedure. Stiamo pertanto assistendo ad una caccia tutto l’anno su alcune specie, che comporta impatti gravissimi sulla fauna nel suo complesso e che determina anche gravi rischi per l’incolumità pubblica.

SCHEDA - LE ATTIVITA’ DEL WWF SULLA CACCIA

Il giudizio immediato del WWF Italia  sulla  legge 157 /1992 fu negativo: in un dossier di commento pubblicato nel settembre 1992, intitolato “La falsa riforma della nuova legge sulla caccia”   scriviamo che si tratta :”(..) dell’ennesima legalizzazione di una nuova attività di rapina ai danni di milioni di animali selvatici”. Questo perché comunque neanche la nuova legge aveva   eliminato molte delle  singolarità negative  del sistema venatorio italiano, ad iniziare dall’art. 842 del Codice Civile (tuttora in vigore) che, com’è noto consente ai cacciatori di cacciare anche nei terreni privati senza il consenso del proprietario. Tuttavia  la Legge 157  segnava un parziale adeguamento ai principi  e standard internazionali , diminuendo  l’elenco  delle specie cacciabili   (da 68 a 59, poi ulteriormente diminuiti ), portando  la durata della stagione di caccia a 5 mesi (dai quasi otto precedenti ) , e sanzionando anche penalmente la caccia  illegale (sebbene in alcuni casi con pene  troppo leggere  rispetto alla  gravità del reato e del danno che cerano i bracconieri uccidendo, ad esempio, esemplari di animali rari e protetti come lupi, aquile, cicogne, orsi ).   

Dobbiamo sempre ricordarci che  la  Penisola italiana è  un importantissimo “corridoio biologico”, una sorta di autostrada attraversata ogni anno da oltre un  miliardo di uccelli  migratori  che si spostano tra l’Africa,  l’Europa e l’Asia   per riprodursi e svernare. E purtroppo ogni anno milioni di animali, compresi  molti appartenenti a  specie protette, trovano la morte  nei nostri cieli, dopo viaggi che durano anche migliaia di chilometri.  Questi fatti evidenziano come  la legge 157 , a venti anni dalla sua approvazione, non funziona ancora  come dovrebbe.
Nel corso di questi venti anni numerose sono state le proposte di riforma della legge 157  negative e peggiorative, nonché i “blitz” per modifiche estemporanee contrarie alle leggi europee: dimostrazione di quanto fossero  negative è il fatto che nessuna di queste ha poi ricevuto l’approvazione del Parlamento  e si  è trasformata  in una nuova legge . Questo  anche grazie alle  importanti mobilitazioni del mondo ambientalista e scientifico, WWF in  testa.  

La  pessima  applicazione  della legge 157, i suoi numerosi  difetti e  lacune,   fanno sì che la caccia  sia  in Italia  uno dei fattori che  contribuiscono pesantemente  alla  perdita   di biodiversità  (legata ad altri fattori negativi quali il consumo del  suolo, gli inquinamenti, i cambiamenti climatici, gli incendi boschivi, etc. ).   La  particolare situazione italiana è che l’attività venatoria – per motivi politici in primis - viene gestita e normata in maniera quasi sempre non sostenibile,  e non rispettando i criteri scientifici, né   le  normative internazionali di tutela delle specie.

Per questo il WWF Italia ha sempre avuto un’attenzione specifica e costante per l’attività venatoria: ricordiamo che la prima  Oasi del WWF, Burano, venne presa in affitto proprio  per sottrarre quell’area alla caccia indiscriminata .
Per contrastare gli effetti altamente negativi di  una “caccia selvaggia” il  WWF Italia in questi venti anni ha attivato  centinaia   di denunce , ricorsi amministrativi , costituzioni di parte  civile.

Non è facile quantificare le attività legali svolte in questi 20 anni per la difesa  della fauna selvatica:     per ogni stagione venatoria, abbiamo avviato una media di  10/15 ricorsi  ai Tribunali amministrativi regionali, centinaia di verbali  inoltrati alle autorità giudiziarie ed amministrative dalle  oltre 300 guardie volontarie del WWF , decine di denunce all’Unione europea e richieste  di impugnazione di leggi regionali alla  Corte Costituzionale. Possiamo dire con orgoglio che i risultati sono stati  spesso positivi  e siamo  riusciti a salvare milioni di animali dalle  “doppiette selvagge” . Tuttavia la nostra “battaglia” in favore degli animali selvatici  e della natura verrà definitivamente  vinta solamente  quando  politici,  pubblici  amministratori  e cacciatori  si impegneranno concretamente al rispetto delle leggi  nazionali ed internazionali  e delle opinioni della maggioranza degli  italiani (un Sondaggio IPSOS del marzo 2010 ha rilevato che  il 97% degli intervistati chiede maggior protezione e tutela per gli animali).

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