domenica 8 febbraio 2015

Volpe uccisa a bastonate: tre cacciatori “inchiodati” da un video amatoriale

L’episodio a Castelnuovo Scrivia: è stata presentata denuncia in Procura

Un fotogramma del video che mostra l’uccisione della volpe a bastonate da parte dei cacciatori
Tre cacciatori sono stati denunciati dal vicesindaco di Castelnuovo Scrivia, Gianni Tagliani, per aver ucciso una volpe a bastonate. L’animale era finito in una rete sistemata per la cattura delle lepri nella zona di ripopolamento e cattura vicina allo Scrivia. 

Secondo la testimonianza di chi ha filmato l’episodio, il fotografo Bruno De Faveri, i tre cacciatori, anziché lasciar andare l’animale, l’hanno massacrato a colpi di bastone fino ad ammazzarlo. 

Nella denuncia, presentata in Procura ad Alessandria vengono chiamate in causa le persone che hanno assistito senza intervenire e anche le guardie venatorie della Provincia. 

Brindisi. Cacciatori aggrediscono i rappresentanti del WWF e della Lepa. I volontari si rifugiano in un'auto, presa a calci e pugni


Il Tar ordina stop a cattura delle lepri, animalisti aggrediti da agricoltori e cacciatori

Nei campi del Brindisino era tutto pronto, poi l'altolà. I volontari si rifugiano in un'auto, presa a calci e pugni

i cacciatori brindisini (ph. brindisireport.it)
BRINDISI - Il Tar di Lecce ordina lo stop alla cattura delle lepri e sui campi del Brinidsino si scatena la rissa tra agricoltori, cacciatori e animalisti. Il Tar di Lecce ha accolto ieri sera d'urgenza un ricorso degli animalisti della Lepa e ha concesso la sospensiva di un decreto del presidente della Regione Puglia che il 3 febbraio autorizzava la cattura con le reti di 110 lepri nel parco naturale delle Saline di Punta della Contessa. Stamani i proprietari di campi in zona, che da anni lamentano i danni provocati dagli animali, hanno dato vita ad una protesta insieme con un gruppo di cacciatori ( che avevano già iniziato la cattura degli animali, così come previsto da un decreto presidenziale della Regione firmato dalla vicepresidente della giunta, Angela Barbanente. I cacciatori, in particolare, stavano procedendo alla cattura di una parte - non più del 30 per cento - della popolazione di lepri che vive e si riproduce in quella zona in cui, trattandosi di un parco regionale, è vietata la caccia.

La situazione però è degenerata quando sul posto sono arrivati i volontari della Lepa, che ha al suo attivo numerosi ricorsi vinti al Tar per impedire qualsiasi intervento di contenimento della presenza di lepri in quell'area. Due volontari - questa la denuncia dell'associazione - sarebbero stati aggrediti e costretti a barricarsi nella loro auto, poi presa a calci e pugni durante le proteste. Le persone aggredite sarebbero, a quanto riferisce la Lepa, un rappresentante del Wwf, che è anche componente della Commissione tecnica faunistica della Provincia di Brindisi, e un volontario della Lega protezione animali. "Motivo di tale violenta inciviltà - sostiene la Lepa in una nota - è stata la notifica, da parte delle forze dell'ordine, del nuovo decreto di sospensione di cattura della lepre europea, emesso dal Tar di Lecce. Il provvedimento è contestato dalle citate associazioni ambientaliste anche perché avviene sempre nel periodo riproduttivo della specie, con presenza di femmine gravide. Ci sono soluzioni a norma di legge, come l'attuazione di metodi ecologici quali la recinzione dei terreni agricoli interessati, per la quale sono stati stanziati 465.000 euro concessi dalla Regione Puglia ed erogati dalla Provincia di Brindisi al Comune di Brindisi".

martedì 3 febbraio 2015

Chiusa la stagione di caccia: quest'anno 22 morti e 66 feriti

un cacciatore ucciso durante una battuta di caccia
ROMA - Bracconaggio di specie protette, inquinamento da piombo, regioni che si oppongono alle decisioni europee e nazionali a tutela della fauna migratrice, la legge nazionale sulla caccia non correttamente applicata. Sono questi i principali problemi derivanti dalla caccia elencati dal Wwf Italia in occasione - domani 31 gennaio - della chiusura della stagione venatoria domani. Il Wwfchiede che "anche in l'Italia si elimini finalmente il piombo dalle munizioni di caccia, grave fonte di inquinamento, sostituendolo con leghe non tossiche entro il 2017 come stabilito recentemente dall'onu al meeting della convenzione sulle specie migratorie in applicazione della "convenzione di Bonn", con una decisione vincolante anche per il nostro paese". 

La caccia, infatti, "sia nella forma illegale del bracconaggio, sia nella forma legale autorizzata con provvedimenti regionali o nazionali, in italia rappresenta uno dei fattori che contribuiscono alla perdita di biodiversità, che si somma ad altri fattori negativi quali il consumo del suolo, gli inquinamenti, i cambiamenti climatici, gli incendi boschivi". Il motivo, spiega l'associazione ambientalista, "è dovuto alla particolare situazione italiana in cui l'attività venatoria viene gestita, normata e praticata in maniera quasi sempre non sostenibile, e non rispettando i criteri scientifici, né le normative internazionali di tutela delle specie e degli habitat naturali".

Drammatici i numeri forniti dalla Lega Antivivisezione: "Anche quest'anno la stagione di caccia si conclude ufficialmente il 31 gennaio, portando con sé il solito tragico bilancio: un'assurda carneficina, una strage di animali, danni incalcolabili all'ambiente, vittime tra i cacciatori e tra la gente comune. Sono ben 88 le vittime umane, registrate da settembre 2014 a 29 gennaio 2015: 22 morti e 66 feriti in poco più di quattro mesi, attribuibili ad armi da caccia e cacciatori, secondo gli ultimi dati dell'associazione vittime della caccia". "Una vera e propria guerra, che ad ogni stagione ripropone le assurdità dell'attività venatoria- dice Massimo Vitturi, responsabile Lav settore caccia e fauna selvatica- il massiccio uso di armi e l'odioso libero accesso dei cacciatori nei terreni privati: il governo e il parlamento devono sentire il dovere di mettere fine a questa carneficina".

Se la stagione venatoria si chiude il 31 gennaio, "la caccia non si ferma mai: non c'è pace per gli animali selvatici che, complici i numerosi piani di abbattimento, di volta in volta disposti da regioni e province, continuano ad essere uccisi per tutto il corso dell'anno- continua Vitturi- tra le specie maggiormente colpite: le volpi con i loro cuccioli, le nutrie, i daini, i caprioli, i colombi che cadranno a migliaia sotto il piombo dei cacciatori, il più delle volte senza alcuna motivazione scientifica se non il chiaro intento della classe politica di raccogliere i voti dei cacciatori. A tutto questo, negli ultimi decenni si aggiungono le sistematiche stragi per la caccia cosiddetta di selezione".

Chiusura di stagione di caccia. Wwf: piombo, bracconaggio e Regioni che non applicano le direttiva

Lipu: è da cambiare tutto il sistema

Domani chiude la stagione venatoria 20214/2015 e il Wwf traccia un bilancio sconfortante: «Bracconaggio di specie protette, inquinamento da piombo, Regioni che si oppongono alle decisioni europee e nazionali a tutela della fauna migratrice, la Legge nazionale sulla caccia non correttamente applicata».

Il Panda chiede che anche «In l’Italia si elimini finalmente il piombo dalle munizioni di caccia, grave fonte di inquinamento, sostituendolo con leghe non tossiche entro il 2017 come stabilito recentemente dall’Onu al meeting della Convenzione sulle specie migratorie in applicazione della “Convenzione di Bonn”, con una decisione vincolante anche per il nostro paese».

Agli ambientalisti non piace come l’attività venatoria viene consentita nel nostro paese: «La caccia, sia nella forma illegale del bracconaggio, sia nella forma legale autorizzata con provvedimenti regionali o nazionali, in Italia rappresenta uno dei fattori che contribuiscono alla perdita di biodiversità, che si somma ad altri fattori negativi quali il consumo del suolo, gli inquinamenti, i cambiamenti climatici, gli incendi boschivi. Il motivo è dovuto alla particolare situazione italiana in cui l’attività venatoria viene gestita, normata e praticata in maniera quasi sempre non sostenibile, e non rispettando i criteri scientifici, né le normative internazionali di tutela delle specie e degli habitat naturali. Situazione particolarmente grave in Italia importantissimo “corridoio biologico”, una sorta di autostrada attraversata ogni anno da oltre un miliardo di uccelli migratori che si spostano tra l’Africa, l’Europa e l’Asia per riprodursi e svernare. Purtroppo ogni anno milioni di animali, compresi molti appartenenti a specie protette, trovano la morte nei nostri cieli, dopo viaggi che durano anche migliaia di chilometri».

La presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi, ricorda che «Nella campagna “Stop ai crimini di natura”, lanciata in questi mesi dal Wwf Italia, abbiamo dovuto purtroppo constatare come i fenomeni legati alla caccia illegale ed al bracconaggio , anche di specie protette e rare come lupi, orsi, aquile, persino cicogne, anche nei Parchi, non siano in diminuzione , nonostante l’impegno di forze dell’ordine (come il Corpo Forestale dello Stato) e la mobilitazione quotidiana di centinaia di guardie volontarie del Wwf Aspettiamo da anni che l’Italia si adegui finalmente alla regole europee sulla tutela della fauna selvatica e sul controllo dell’attività venatoria, per una reale diminuzione dei suoi impatti negativi e per rendere operativa la “Strategia nazionale per la tutela della biodiversità”, approvata nell’ottobre 2011 dal Governo Italiano”».

Le associazioni ambientaliste ed animaliste hanno accolto con favore la decisione presa nei giorni scorsi dal Governo che, come evidenzia il Wwf, «per la prima volta, ha bloccato in tutto il territorio nazionale dal 20 gennaio la caccia a tre specie migratrici tordo bottaccio, cesena e beccaccia, in applicazione della direttiva europea sulla conservazione degli uccelli selvatici, da ancora troppe Regioni (e purtroppo sempre le stesse) arrivano decisioni e prese di posizione negative, illegittime e di assoluta retroguardia. Bene ha fatto il Governo a ricorrere ai poteri sostitutivi, come gli consente la legge e la Costituzione, nei confronti di quelle regioni (Liguria, Toscana, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Marche), che si ostinano a considerare gli animali selvatici come semplice “selvaggina” di cui disporre a proprio piacimento in nome di una inesistente “autonomia regionale ” in materia di disciplina della caccia».

Ma gli ambientalisti ricordano ai governatori delle Regioni italiane, ad iniziare dal Veneto che ha addirittura annunciato un ricorso al Tar , pagato dai contribuenti, contro la decisione del Governo, che «secondo giurisprudenza ormai consolidata della Corte Costituzionale, le Regioni possono “nell’esercizio della loro potestà legislativa residuale in materia di caccia“, modificare le norme statali esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela della fauna e nel rispetto dello standard minimo di tutela fissato dalla legge statale. Le Regioni che continuano a non rispettare gli standard europei ed internazionali per la tutela degli animali selvatici, il bracconaggio che non diminuisce, i controlli che non aumentano, tutti questi fatti evidenziano come la legge 157/1992 , che è ancora l’unica legge italiana per la tutela della fauna selvatica, non funziona ancora come dovrebbe, a causa della mancata o distorta applicazione da parte di molte, se non tutte, le Regioni italiane».

Secondo la Lipu-BirdLife Italia «L’Europa sta mettendo a nudo la caccia italiana, evidenziandone le gravi mancanze e le numerose infrazioni» e il presidente dell’associazione, Fulvio Mamone Capria, denuncia che «L’attenzione del mondo venatorio e di alcune amministrazioni regionali si è tutta focalizzata sulla riduzione della stagione venatoria per tre specie di uccelli quali il tordo bottaccio, la cesena e la beccaccia, giustamente decisa dal Consiglio dei Ministri su segnalazione del ministero dell’Ambiente. Il problema è però molto più vasto e riguarda numerose e gravi contestazioni che riguardano quasi l’intero sistema della caccia italiana. L’Europa chiede alle autorità italiane di chiarire come vengano raccolti e analizzati i dati sugli abbattimenti degli animali, come sia gestito e controllato il meccanismo di annotazione dei capi abbattuti sui tesserini e se esistano studi dettagliati sulla consistenza e la dinamica delle popolazioni che sono oggetto di abbattimento. Tutte situazioni sulle quali, come è noto da anni, l’Italia è del tutto carente ed ha finora fatto finta di nulla, pur trattandosi di elementi essenziali per poter valutare la sostenibilità del prelievo venatorio e dunque la sua liceità. Inoltre, il nostro Paese è in difetto sotto il profilo della durata della stagione venatoria a varie specie di uccelli migratori, cacciati in periodi di migrazione e dunque vietati dalle normative comunitarie. Non meno preoccupante è poi il quadro degli aspetti di conservazione, sul quale l’Europa chiede di sapere perché in Italia si caccino numerose specie in stato di conservazione non buono, tra cui l’allodola, la quaglia, la beccaccia, il combattente, e se esistano piani di gestione adeguati, obbligatori quando si tratta di cacciare specie in stato di sofferenza. “Così, mentre i cacciatori protestano perché hanno perso poche ore di caccia a tre specie, bene farebbe tutto il sistema, lo Stato, le Regioni, i portatori di interesse, a preoccuparsi di come rispondere ai quesiti seri e precisi posti dalla Commissione europea e operare interventi concreti. In questo senso, un plauso va all’azione del ministro dell’Ambiente e del Governo, pur considerato che si tratta solo del primo, doveroso atto di una lunga serie di interventi, indispensabili se si vuol correggere profondamente il sistema e far sì che la Commissione europea, dopo aver scoperchiato il vaso di Pandora della caccia italiana, non proceda nel contenzioso contro l’Italia. Con la conseguenza, in quel caso, che non la caccia ai tordi ma gran parte della caccia italiana possa l’anno prossimo essere sospesa».

Secondo il Wwf, «La conservazione e tutela delle specie selvatiche e della biodiversità sono anche per l’Italia impegni presi nei confronti della comunità internazionale. La caccia non è e non può essere oggetto di “trattativa ” e di mercato, come pretenderebbero alcune regioni italiane , non è un “diritto”, ma rientra tra le attività dell’uomo che compromettono la conservazione della biodiversità (soprattutto se non viene esercitata sulla base di criteri scientifici e nel rispetto delle normative internazionali ed europee). La sua disciplina, quindi, deve rispondere ai principi scientifici di tutela dettati dalle norme europee ed internazionali, nonché sanciti con numerose sentenze dalla Corte Costituzionale».

Il Panda si fa forte di tutti i sondaggi che rivelano una diffusa contrarietà verso la selvaggia” e senza limiti da parte degli italiani e «auspica e chiede un atteggiamento maggiormente responsabile e collaborativo da parte delle Regioni e delle Associazioni venatorie. Per bloccare chi continua violare le Direttive europee», intanto assicura che «continuerà a mettere in campo tutti gli strumenti, compresi quelli giudiziari, per accertare le responsabilità per i danni causati alle specie cacciate illegalmente e sono sempre allertati i nostri “ranger”, le guardie volontarie Wwf, contro ogni genere di bracconaggio ed illegalità per contrastare i crimini di natura».

sabato 31 gennaio 2015

Ecco come i cacciatori amano la natura: avvelenando i nostri suoli con migliaia di tonnellate di piombo

In un solo anno i fucili dei cacciatori italiani sparano sul territorio nazionale 500 milioni di cartucce*. Vengono così disperse ogni anno nell’ambiente 17.500 tonnellate di piombo sotto forma di pallini, un diluvio di frammenti velenosi che si accumulano nei prati e nei boschi, sul fondo di laghi, fiumi e stagni. A tutto ciò vanno aggiunte le tonnellate di plastica dei bossoli (che per legge i cacciatori sarebbero tenuti a raccogliere). 

Il breve servizio mandato in onda nella trasmissione televisiva Le Iene lo scorso 3 dicembre ha riacceso l’attenzione sul problema dell’inquinamento da piombo contenuto nelle cartucce da caccia. Una questione nota a livello scientifico ma poco conosciuta dall’opinione pubblica e dai cittadini.

Seppur contestato nei numeri, in particolare su quello complessivo delle cartucce sparate, il servizio ha giustamente ricordato che il piombo contenuto nelle cartucce inquina il terreno per lungo tempo, con conseguenze, anche molto gravi, per l’uomo, gli animali e l’ambiente.

Già nel 2012 l’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – aveva diffuso un dettagliato rapporto sulle problematiche legate al piombo nelle munizioni da caccia (Andreotti A., Borghesi F. 2012. Il piombo nelle munizioni da caccia: problematiche e possibili soluzioni. Rapporti ISPRA, 158/2012.).
Numerose specie di uccelli sono esposte al rischio di avvelenamento da piombo e ci sono aspetti allarmanti che riguardano l’inquinamento dei suoli.
E gli effetti sull’uomo? Il piombo può arrivare all’uomo tramite l’acqua potabile e il cibo, ma anche tramite l’aria, il terreno e la polvere.


Come si legge nel rapporto, l’intossicazione genera cefalee, ipertensione, anemia, disfunzioni renali, ipofertilità e disturbi al sistema nervoso. Si sospetta anche che possa determinare l’insorgenza del cancro.

Sono ancor più gravi gli effetti sui bambini: il piombo ostacola lo sviluppo del sistema nervoso, al punto che è stata dimostrata una relazione tra aumento del livello di piombo nel sangue e riduzione delle capacità cognitive. C’è quindi da prestare particolare attenzione ai segni e sintomi di avvelenamento da piombo nei bambini.
L’inquinamento provocato dalla caccia

I cacciatori in Italia sono molti e possono andare ovunque, anche dove si fa agricoltura biologica. Sempre secondo ISPRA: “se si ipotizza l’esistenza di un rapporto diretto tra il numero di cacciatori attivi e il numero di colpi esplosi, si arriva a stimare in 10.000 t il piombo disperso in Italia nel 2006”.

Per ridurre l’inquinamento dovuto a questo metallo tossico, va eliminata ogni possibile causa di dispersione nell’ambiente. Lo si è già fatto da tempo in altri settori, come la produzione di benzine, vernici, tubazioni, ecc. e si è visto il beneficio, anche in termini di diminuzione dell’aggressività e violenza nella società. Un altro aspetto pericolosamente collegato alla diffusione di questo metallo, analizzato ad esempio da questo articolo inglese.

Senza dimenticare che la caccia è già di per se pericolosa: le cronache parlano spesso di case colpite dagli spari dei cacciatori e periodicamente si legge di incidenti con feriti e morti anche tra i cacciatori stessi.

In vari paesi ci sono norme che cercano di ridurre i pericoli per l’ambiente (come ad esempio il divieto di utilizzare proiettili contenenti piombo nelle zone di caccia umide) ed arrivare presto all’abolizione dell’uso del piombo per la caccia.

In attesa di questa norma però il piombo continua a disperdersi nell’ambientesia quando la preda non viene colpita e sia tramite il cibo quando la preda è colpita e mangiata: è difficile infatti pulire perfettamente la selvaggina ed è alta la probabilità di ingerire pallini o schegge di piombo.
L’attività venatoria risulta ad oggi la principale causa di diffusione di questo pericoloso metallo. E’ quindi fondamentale agire subito in quest’ambito, per tutelare la salute e per continuare sulla strada intrapresa dagli altri settori che si sono già allontanati dai pericoli del piombo.

Caccia: l'Europa mette a nudo l'Italia e fa l'elenco delle violazioni

Lipu BirdLife Italia commenta la procedura Pilot 6955 attivata dalla Commissione Ue nei nostri confronti

Roma, 26 gennaio 2015 - "Mancanza di dati, carenza di controlli, assenza pressoché totale di piani di gestione, caccia in periodi non consentiti e a specie in sofferenza:l'Europa sta mettendo a nudo la caccia italiana,evidenziandone le gravi mancanze e le numerose infrazioni". Lo dice la Lipu-BirdLife Italia commentando la procedura 'Pilot 6955' attivata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia e relativa alla non corretta applicazione di varie disposizioni della direttiva 2009/147 detta 'Uccelli'.

"L'attenzione del mondo venatorio e di alcune amministrazioni regionali - afferma Fulvio Mamone Capria, presidente Lipu - si è tutta focalizzata sulla riduzione della stagione venatoria per tre specie di uccelli quali il tordo bottaccio, la cesena e la beccaccia, giustamente decisa dal Consiglio dei ministri su segnalazione del ministero dell'Ambiente. Il problema è però molto più vasto e riguarda numerose e gravi contestazioni che toccano quasi l'intero istema della caccia italiana".

L'Europa "chiede alle autorità italiane di chiarire come vengano raccolti e analizzati i dati sugli abbattimenti degli animali, come sia gestito e controllato il meccanismo di annotazione dei capi abbattuti sui tesserini e se esistano studi dettagliati sulla consistenza e la dinamica delle popolazioni che sono oggetto di abbattimento- specifica il presidente Lipu - Tutte situazioni sulle quali, comeè' noto da anni, l'Italia è del tutto carente ed ha finora fatto finta di nulla, pur trattandosi di elementi essenziali per poter valutare la sostenibilità del prelievo venatorio e dunque la sua liceità".

"Inoltre, il nostro Paese è in difetto sotto il profilo della durata della stagione venatoria a varie specie di uccelli migratori, cacciati in periodi di migrazione e dunque vietati dalle normative comunitarie. Non meno preoccupante è poi- prosegue Fulvio Mamone Capria - il quadro degli aspetti di conservazione, sul qualel'Europa chiede di sapere perché in Italia si caccino numerose specie in stato di conservazione non buono, tra cui l'allodola, la quaglia, la beccaccia, il combattente, e se esistano piani di gestione adeguati, obbligatori quando si tratta di cacciare specie in stato di sofferenza".

Così, "mentre i cacciatori protestano perché hanno perso poche ore di caccia a tre specie, bene farebbe tutto il sistema, lo stato, le regioni, i portatori di interesse, a preoccuparsi di come rispondere ai quesiti seri e precisi posti dalla Commissione europea e operare interventi concreti. In questo senso - conclude il Presidente Lipu - un plauso va all'azione del ministro dell'Ambiente e del Governo, pur considerato che si tratta solo del primo, doveroso atto di una lunga serie di interventi, indispensabili se si vuol correggere profondamente il sistema e far sì che la Commissione europea, dopo aver scoperchiato il vaso di Pandora della caccia italiana, non proceda nel contenzioso contro l'Italia. Con la conseguenza, in quel caso, che non la caccia ai tordi ma gran parte della caccia italiana possa l'anno prossimo essere sospesa". 

Altavilla Silentina (SA): beccati cacciatori in area protetta“

Cacciatori sanzionati ad Altavilla Silentina

Continuano i controlli anti-bracconaggio, lungo le sponde del fiume Calore, ricadenti nella Riserva foce Sele-Tanagro. Dalla sponda destra il personale dell'Enpa aveva avvistato tre cacciatori sull’argine ed un quarto nel letto del fiume: in pochi minuti è stato sorpreso a pochissimi metri dal fiume un uomo con un setter, privo di porto d’armi che dovrebbe sostenere l’esame a fine febbraio. A circa 30 metri da lui, c’era il padre, proprietario dell’arma.

Durante il controllo, alcuni agenti si sono addentrati tra la vegetazione e hanno così notato un altro cacciatore che sparava stando comodamente appostato nel letto del fiume. Dopo l’arrivo dei carabinieri della stazione di Altavilla Silentina, l’operazione è proseguita: sono scattate le sanzioni per esercizio di caccia ed abbattimento di fauna in area protetta e per la mancanza del porto d’armi.


Sassari, tragico incidente di caccia La vittima è un 54enne di Porto Torres

Un cacciatore è morto giovedì pomeriggio durante una battuta di caccia nelle campagne tra Sassari e Porto Torres.

Il tragico incidente è avvenuto in località Campu Lu Carracciu. La vittima è Costantino Masnata, 54 anni, titolare di una vetreria a Porto Torres.

L'uomo, un cacciatore esperto, stava partecipando a una battuta al cinghiale con degli amici. Secondo la ricostruzione dell'ANSA la compagnia si era divisa per gli appostamenti e verso le 15,20 uno dei componenti del gruppo ha fatto partire un colpo in direzione di un cespuglio, pensando che ci fosse un cinghiale, raggiungendo però il vetraio al volto. Diverso invece il racconto fatto da Giuliano Pesce, presidente dell'Associazione autogestita "Campu Chervaggiu”. "Il socio cacciatore - scrive in un comunicato inviato alla nostra redazione - è morto a causa di un colpo di fucile caricato a palla unica deviato in seguito all’impatto con una roccia". Saranno gli ulteriori sviluppi delle indagini a chiarire l'accaduto. Per i rilievi hanno operato gli uomini del Corpo forestale e i carabinieri.

giovedì 29 gennaio 2015

Pesaro Urbino – Controlli sui cacciatori: capriolo morto e spari segnalati dai cittadini

GEAPRESS – Nella giornata di ieri il personale della Polizia di Stato ha denunciato in stato di libertà un uomo ritenuto responsabile di violazioni penali in materia di armi e munizioni.

L’intervento fa seguito ai controlli del Commissariato di P.S. di Urbino che aveva intensificato i controlli nelle zone di Montesoffio, Gualdi di Urbania e dintorni. Alcuni residenti, infatti, avevano segnalato esplosioni di colpi di arma da fuoco che, secondo la Polizia di Stato, sarebbero stati riconducibili ad attività di bracconaggio.

In tale contesto avveniva la denuncia della persona, intercettata all’uscita di un terreno agricolo.

I Poliziotti estendevano il controllo alla sua abitazione ubicata in provincia. Dall’accertamento sarebbe emerso che l’uomo deteneva armi e munizioni in località diverse da quelle indicate in denuncia e che, inoltre, possedeva munizioni a palla di calibro non dichiarato. Nella stessa circostanza veniva rinvenuta una carcassa di capriolo, della quale il denunciato non giustificava plausibilmente la provenienza.

La carcassa veniva sequestrata ed affidata in custodia al CRAS della Provincia di Pesaro e Urbino. Nell’ambito della medesima attività venivano controllati e sanzionati amministrativamente anche altri cacciatori per illeciti in materia di caccia.

Brescia – Cacciatori con richiami. Due interventi del Corpo Forestale dello Stato

GEAPRESS – Il Comando Stazione di Gavardo del Corpo Forestale dello Stato, in collaborazione con alcuni volontari di Legambiente, è intervenuto nei giorni scorsi in due diverse operazioni antibracconaggio. In tal maniera, riporta la Forestale, è stato possibile individuare dei cacciatori che facevano uso di richiami di allevamento di dubbia provenienza.

In particolare si trattava di cesene e tordi sassello, riportanti anelli che sarebbero risultati alterati nella forma e nelle dimensioni. Gli anelli facevano riferimento ad un’associazione ornitologica.

Nel primo caso veniva controllato in località “Funtanì” del comune di Serle, un uomo intento ad esercitare la caccia da appostamento fisso con l’ausilio di richiami di allevamento. Gli uccelli avevano alla zampa anelli di un’associazione ornitologica ma, ad una prima verifica, sarebbero risultati alterati nella forma e nelle dimensioni. Il cacciatore avrebbe a questo punto dichiarato che i richiami erano di proprietà del padre, allevatore iscritto all’associazione. Il controllo è così proseguito presso l’abitazione ove venivano rinvenuti altri esemplari di specie di avifauna, tordi bottaccio e merli, senza la presenza di una voliera utile alla riproduzione in cattività di tali animali.

Gli agenti del Corpo forestale dello Stato hanno così proseguito il controllo nel bosco prospiciente l’abitazione, rinvenendo ben 14 trappole per la cattura uccelli.

Il cacciatore è stato così deferito all’Autorità Giudiziaria per il reato di uccellagione con mezzi vietati. Tutte le trappole sono state poste sotto sequestro e gli uccelli, anch’essi sottoposti a sequestro, trasferiti al Centro di recupero per la fauna selvatica “Il Pettirosso” di Modena per le opportune cure di riabilitazione finalizzate alla liberazione in natura.

Nel secondo caso, in località “Cariadeghe” sempre del comune di Serle, veniva controllato un’altro cacciatore intento ad esercitare la caccia da appostamento fisso utilizzando uccelli da richiamo privi di anello di identificazione. Il soggetto avrebbe così dichiarato che le cesene ed i tordi sasselli da richiamo erano di sua proprietà e provenivano dal suo allevamento, mostrando alcuni anelli di alluminio dell’associazione ornitologica e tentando di applicarli sul momento al tarso degli uccelli. Venivano così sequestrati 10 anellini e 13 esemplari di avifauna. L’uomo dovrà ora rispondere innanzi all’Autorità Giudiziaria dei reati di uccellagione e per tentato uso abusivo di sigilli.

Vicenza – Cacciatori uccellatori. Colluttazione con la Polizia Provinciale

GEAPRESS – Un intervento maturato di venerdì pomeriggio, giorno di silenzio venatorio. Così, però, è sembrato non essere per due cacciatori individuati alcuni giorni addietro da una pattuglia della Polizia Provinciale di Vicenza in servizio di prevenzione sul territorio. I due, entrambi in possesso di licenza di caccia, si trovavano in mezzo al bosco in fase di installazione di una rete per l’uccellagione di grandi dimensioni.

Erano arrivati nel bosco all’imbrunire a bordo di due scooter. Dopo avere trovato un sito idoneo si sono messi a tagliare la vegetazione con una roncola. Un’operazione, spiega la Polizia Provinciale di Vicenza, funzionale a creare un varco dove sistemare la rete per catturare uccelli.

Alla vista della Polizia Provinciale i due si sono dati alla fuga in due direzioni diverse. Il primo è stato raggiunto e fermato, mentre l’altro avrebbe dato vita ad una colluttazione con un Agente, riuscendo a far perdere le proprie tracce. Sul posto, però, era stato abbandonando lo scooter.

Il mezzo, sprovvisto della targa e rivelatosi successivamente radiato è stato rimosso e successivamente confiscato.

Le indagini della Polizia Provinciale, però, non si sono fermate e dopo qualche giorno sono risaliti all’identità del secondo uomo, che è stato interrogato.

I due cacciatori sono stati quindi segnalati alla Procura della Repubblica di Vicenza per concorso nel reato d’uccellagione. A finire sotto sequestro la rete e la roncola.

All’uomo fuggito e identificato in un secondo momento, sono stati altresì contestati i reati di resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità, oltre che ad una rilevante sanzione amministrativa per svariate infrazioni al codice della strada connesse all’utilizzo dello scooter radiato.

Follia in Friuli: cacciatore spara alle auto, impicca un cane e appicca incendi

Sette crimini in pochi giorni: l'avventura di un trentenne udinese residente a Savogna è però terminata grazie ad un'attività investigativa condotta da Polizia e Carabinieri di Cividale del Friuli. L'uomo, E.V., aveva compiuto una serie di atti scellerati nelle valli del Natisone: celibe, disoccupato e incensurato, si è reso protagonista di alcuni gesti folli.

Il primo - riporta UdineToday - nella mattinata del 25 gennaio quando ha dato fuoco a 50 balle di fieno e 20 balle di pagliapresso la cava Julia Marmi, provocando la semi distruzione di una struttura adibita ad ovile. Nella stessa giornata, a Tarpezzo di San Pietro al Natisone aveva esploso alcuni colpi di arma da fuoco su un'auto condotta da un abitante di Clenia. Il colpo ha infranto il lunotto posteriore e lo specchietto retrovisore sinistro. E, ancora, un tentato incendio di una Fiat Doblo a Tarpezzo di San Pietro al Natisone.

Ma non è finita qui: sempre il 25 gennaio ha esploso altri colpi di arma da fuoco a Clenia all’indirizzo di un abitante del paese che è stato sfiorato dal proiettile che si è conficcato nel muro di una abitazione. Inoltre, ha incendiato a Savogna una Ford Fiesta di proprietà di un abitante del luogo. Nel pomeriggio, a Merso di Sotto, ha colpito altre due macchine.

Non contento dei crimini commessi, ne ha commesso uno davvero falle: ha ucciso un labrador, impiccandolo. Infine, nella mattinata seguente, quella del 27 gennaio, a Masseris, ha incendiato la legnaia pertinente l’abitazione del sindaco di Savogna.

Nel corso dell’attività investigativa le forze dell'ordine hanno sequestrato il fucile utilizzato per esplodere i colpi di arma da fuoco. Sono anche stati ritirati, in via cautelare, altri quattro fucili e le munizioni legalmente detenute grazie al porto d'armi per uso di caccia.