Nel 1987 vennero raccolte in Piemonte 60.000 firme alla richiesta di un referendum popolare sulla caccia. I cittadini del Piemonte avrebbero dovuto votare nel 1988. Per 23 anni le Amministrazioni regionali di ogni colore, con strumentali iniziative legislative ed illegittimi provvedimenti amministrativi hanno sempre impedito il voto popolare. Dopo ben 23 anni la Corte d’Appello di Torino – Sezione prima civile, con sentenza del 29 dicembre 2010 ha dato ragione al Comitato promotore del referendum regionale. La Regione Piemonte dovrà da subito riattivare le procedure referendarie per fare esprimere gli elettori piemontesi sulla caccia.
Il quesito chiede ai cittadini se sono favorevoli a ridurre drasticamente l’attività venatoria attraverso le seguenti azioni:
a) protezione per 25 specie selvatiche oggi cacciabili (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi);
b) divieto di caccia sul terreno innevato;
c) abolizione delle deroghe ai limiti di carniere per le aziende faunistiche private;
d) divieto di caccia la domenica.
Non era possibile nel 1987 proporre un quesito che abolisse del tutto la caccia attraverso un referendum regionale, essendo l’attività venatoria prevista da una legge nazionale.
Fonte: newsletter LAC del 16 febbraio 2011
Il quesito chiede ai cittadini se sono favorevoli a ridurre drasticamente l’attività venatoria attraverso le seguenti azioni:
a) protezione per 25 specie selvatiche oggi cacciabili (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi);
b) divieto di caccia sul terreno innevato;
c) abolizione delle deroghe ai limiti di carniere per le aziende faunistiche private;
d) divieto di caccia la domenica.
Non era possibile nel 1987 proporre un quesito che abolisse del tutto la caccia attraverso un referendum regionale, essendo l’attività venatoria prevista da una legge nazionale.
Fonte: newsletter LAC del 16 febbraio 2011
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