mercoledì 7 agosto 2013

Lecco: litiga, va a casa, prende il fucile, torna al bar e spara

TORRE DE BUSI – Verso l’una del mattino, i militari della Compagnia di Lecco, sono dovuti intervenire presso il bar “Bacco” di Torre de’ Busi, in provincia di Lecco, a seguito di una lite scaturita tra due avventori, i cui disaccordi duravano da tempo, uno di questi, anche in preda ai fumi dell’alcool, al fine di far valere le proprie ragioni, si è recato presso la propria abitazione, situata a poca distanza, e dopo aver prelevato un fucile da caccia, una doppietta regolarmente detenuta, ed averla caricata con due cartucce con munizionamento spezzato, è ritornato all’esterno del bar invitando il contendente ad uscire all’esterno. Dopo pochi attimi, visto che il soggetto non ottemperava all’invito, il protagonista della vicenda, F.P. 55enne di origini calabresi, ma residente da tempo a Torre de Busi, ha pensato bene di passare all’azione, sparando un colpo di fucile all’indirizzo della porta d’ingresso del bar, senza colpire nessuno degli avventori presenti e senza arrecati danni evidenti.

A seguito del gesto ovviamente si è verificato il parapiglia, ed è scattato l’allarme alla Centrale Operativa dei Carabinieri che ha fatto intervenire alcune gazzelle che stavano svolgendo la consueta attività di controllo. All’atto dell’intervento, i militari hanno identificato l’autore del gesto, nonché il secondo avventore coinvolto nella lite, un 49enne di Calolziocorte (LC), ed hanno provveduto a sequestrare l’arma utilizzata per commettere il gesto, con ancora un una cartuccia in canna.

Ricostruita la vicenda, i militari, inoltre, hanno effettuato una perquisizione all’interno dell’abitazione di F.P., sequestrando altri 6 fucili, che il soggetto deteneva regolarmente in quanto titolare di licenza di porto di fucile per uso caccia. Una volta accertati i fatti, F.P. è stato denunciato all’Autorità Giudiziaria con l’accusa di porto abusivo di armi da fuoco e per minacce aggravate. Sono ancora in corso gli accertamenti per riscostruire l’esatta dinamica dei fatti e verificare l’insieme delle testimonianze raccolte.

lunedì 15 luglio 2013

L’Aquila. I bracconieri con l’arsenale in casa e il porto d’armi in tasca

GEAPRESS – Sorpresi dagli agenti forestali del locale Comando Stazione Forestale di Avezzano e di Gioia dei Marsi. Due cacciatori di frodo ma con regolare porto d’armi, ora denunciati per esercizio di attività venatoria in periodo di divieto generale. Un laziale di 60 anni e un abruzzese di 74 anni.

I forestali li hanno bloccati in località Marano nel Comune di Magliano dei Marsi (AQ), nell’ambito di un articolato servizio effettuato per contrastare il fenomeno del bracconaggio. I due erano intenti a caricare sulla loro autovettura le carcasse di due cinghiali. Le armi, recuperate per l’abbattimento, erano invece occultate nei pressi.

Sorprendente quanto altresì scoperto nel corso della perquisizione domiciliare. Nelle loro abitazioni, comunica il Corpo Forestale dello Stato, è stato rinvenuto un vero e proprio arsenale. Tredici fucili, quattro pistole e oltre 450 munizioni complessive detenute e non denunciate. Per loro è scattata l’immediata denuncia all’Autorità Giudiziaria.

Gli Agenti hanno provveduto anche al sequestro delle carcasse degli animali, della carabina utilizzata per l’abbattimento e del relativo munizionamento.

giovedì 11 luglio 2013

Uccisero daino fuggito dal recinto. Condannati due cacciatori di Romano (BG)

Erano finiti a processo per aver ucciso una femmina di daino fuggita dal recinto di una villa. Ora per due cacciatori di Romano, Riccardo Morganti, imprenditore di 64 anni, presidente della locale sezione delle doppiette, e Mario Forlani, pensionato di 69 anni, è arrivata la condanna.

Il giudice Maria Luisa Mazzola ha inflitto 6 mesi (pena sospesa) a Morganti per uccisione di animale in concorso con Forlani, a cui è andata la condanna più pesante: un anno e 6 mila euro di multa (anche in questo caso pena sospesa). 

Forlani, oltre ad essere colui che ha materialmente premuto il grilletto, doveva infatti rispondere anche di detenzione abusiva di un fucile calibro 24, di una pistola lanciarazzi, di un proiettile 7,65, di tre cartucce calibro 12, di 500 grammi di polvere da sparo e di un chilo di propellente per nitrocellulosa per caccia, oltre che del porto abusivo di un coltello con lama di 10 centimetri.

sabato 6 luglio 2013

Montalto (VT). Gli sequestrano i fucili, cacciatore minaccia di fare una strage

Minaccia di uccidere l’ex moglie, il capitano dei carabinieri e i figli. 

L’uomo, 55 anni, residente a Capalbio, è stato denunciato per stalking dai carabinieri della compagnia di Tuscania.

La donna, originaria di Pescia Romana, si era recata più volte dai carabinieri per segnalare le continue minacce di morte rivoltele dall’ex marito.

Fatti che avevano spinto i militari a sequestrare i fucili dell’uomo, cacciatore. E’ la prassi, in questi casi: succede spesso, a chi viene denunciato per minacce, di vedersi sequestrare le armi che ha a disposizione.

Ma l’uomo l’ha presa male. Al punto da minacciare, stavolta, di fare una strage. Prima dell’apertura della caccia avrebbe ucciso non solo l’ex consorte, ma anche il capitano dei carabinieri di Capalbio e i suoi figli. 

A questo punto è scattata la denuncia per stalking e il divieto di avvicinamento alla moglie. Sugli episodi denunciati, intanto, continua a indagare la procura di Civitavecchia.

mercoledì 3 luglio 2013

Sindaci e cacciatori all'arrembaggio della gestione dei Parchi nazionali?

COMUNICATO STAMPA WWF ITALIA 


SINDACI E CACCIATORI ALL’ARREMBAGGIO DELLA GESTIONE DEI PARCHI NAZIONALI ?

Mentre un Sindaco cacciatore viene nominato Presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, i Sindaci dei Sibillini contestano la prevista nomina di un qualificato accademico alla Presidenza del Parco Nazionale dei Monti Sibillini rivendicando il controllo della gestione dell’area protetta nazionale.

Il sindaco cacciatore Luca Santini è stato nominato Presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, nonostante le proteste delle maggiori Associazioni ambientaliste e molti comuni cittadini. Per il WWF la nomina di Santini resta una decisione grave, non solo per la discutibile nomina di un cacciatore alla guida di un Parco Nazionale, una palese contraddizione per tutti evidente, ma anche per il pericoloso precedente della nomina nel ruolo di massima responsabilità per la gestione di un Parco nazionale di un Sindaco di uno dei Comuni dell’area protetta. Una decisione che determinerà un gravissimo spostamento degli equilibri tra gli interessi nazionali e localistici all’interno dell’organo di governo dell’Ente parco. Con il Decreto del Presidente della Repubblica sul riordino dei consigli direttivi dei Parchi nazionali, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, i Sindaci dei Comuni dei territori interessati dalle aree naturali protette nazionali avranno infatti il 50% della rappresentanza nell’organo collegiale di governo dei Parchi (4 componenti su 8 saranno nominati dalla Comunità del Parco costituita dai Sindaci). La nomina del Presidente del Parco diventa a questo punto la garanzia della prevalenza dell’interesse pubblico nazionale sugli interessi localistici, in conformità con quanto prevede la nostra Costituzione che stabilisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di conservazione della natura.

La nomina dell’attuale Sindaco del Comune di Stia, Comune del Parco, a Presidente attribuisce sostanzialmente il totale controllo dell’Ente Parco da parte degli Amministratori locali, chiaramente più attenti agli interessi locali che alla tutela del patrimonio naturale quale interesse pubblico generale che un Parco nazionale deve assicurare come sua missione prioritaria. Il WWF vigilerà con attenzione sulla futura gestione del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi per verificare il rispetto della missione prioritaria dell’area naturale protetta, la conservazione della natura. L’appartenenza del nuovo Presidente al mondo venatorio, da sempre ostile ai Parchi, sommato all’inevitabile prevalenza degli interessi localistici potrebbe determinare non pochi problemi per la efficace gestione del Parco. Per il WWF diventa a questo punto determinante il rinnovo della composizione del Consiglio direttivo, prevista alla fine del 2013, con le nomine degli esperti del Ministero dell’Ambiente e del Ministero delle Politiche Agricole che dovranno essere persone di elevato profilo, garanti dell’interesse nazionale nella gestione del Parco.

Nel frattempo la nomina del Sindaco cacciatore alla presidenza del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ha creato un precedente che qualcuno vorrebbe già replicare nella nomina dei Presidenti degli altri Parchi Nazionali. La Commissione Ambiente della Camera ha infatti convocato questa mattina, su pressioni dei Sindaci del territorio, l’attuale Commissario del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il prof. Oliviero Olivieri dell’Università di Perugia per “invitarlo” a rinunciare alla Presidenza del Parco lasciando libera la poltrona per una persona gradita agli Amministratori locali ed ai partiti. Sul prof. Olivieri, qualificato docente universitario gia’ componente della Commissione CITES del Ministero dell’Ambiente è già stata raggiunta l’intesa tra il Ministro e le due Regioni competenti, Umbria e Marche. Per la sua nomina a Presidente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini si attende solo il parere positivo delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato che da settimane stanno rinviando senza nessuna valida motivazione. Anche l’audizione del candidato Presidente da parte della Commissione Ambiente della Camera costituisce un precedente che desta sospetti e preoccupazione per l’evidente tentativo di “pressioni politiche” in risposta alle richieste dei Sindaci del territorio che chiedono di replicare quanto già deciso per il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi candidando una persona espressione del territorio, gradita anche ai partiti.

Per il WWF l’interesse generale della conservazione del nostro patrimonio naturale deve però sempre prevalere su interessi di parte o sugli equilibri politici dei diversi territori. I parlamentari delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato devono dimostrare di saper interpretare al meglio l’interesse generale del Paese con la tutela di un bene comune per tutti gli italiani, mettendo da parte gli interessi meramente localistici. 

Roma, 3 luglio 2013

Caccia, Wwf: «No alla “pseudoriforma” filo venatoria, serve rispetto regole internazionali»

Catanoso (Pdl) contro il ministro Nunzia De Girolamo: «Questa proposta sia fermata al più presto» 

Al Wwf non è proprio piaciuta l’iniziativa autonoma del ministero dell’Agricoltura, che ha predisposto un testo di “riforma” della legge quadro sulla caccia, la legge quadro 157/1992, da approvare insieme alle regioni e presentare in Parlamento. Secondo il Panda «Il testo è gravemente peggiorativo della legge attuale che disciplina l’attività venatoria in Italia e, ricordiamo, è a tutt’oggi l’unica legge nazionale per la tutela della fauna selvatica. Questa proposta va nella direzione opposta rispetto agli obblighi di migliorare i livelli di tutela della fauna restringendo tempi luoghi e specie oggetto di caccia, come ci chiede e ci impone l’Europa. E siamo già alla soglia di una nuova condanna da parte dell’Unione Europea per le reiterata violazione delle leggi europee sulla tutela della fauna e degli habitat naturali».

Sull’uscita del ministero dell’agricoltura non sembra molto d’accordo nemmeno un pezzo delle truppe berlusconiane: ieri il deputato siciliano del Pdl Basilio Catanoso, che fa parte della Commissione agricoltura della Camera, ha annunciato battaglia per bloccare la proposta di modifica alla legge: «Sono venuto a conoscenza di una serie di riunioni dove, invece che restringere le possibilità di caccia, secondo quanto dettato dall’Unione Europea, si mira ad allargare le stesse con una serie di metodologie specificamente vietate. Quello predisposto da ministero dell’agricoltura è un testo pericoloso ed inopportuno, che non rappresenta una riforma della normativa sulla tutela della fauna e regolamentazione della caccia, ma tende piuttosto a dilatare tempi e modi dell’attività venatoria. Ho chiesto ai ministri dell’agricoltura e dell’ambiente di fermarlo».

Catanoso ha presentato una interrogazione sulla proposta di revisione «Che, inaspettatamente, il Mipaaf ha inviato alla Conferenza delle Regioni ed il cui esame è imminente. Nonostante la drammatica assenza di applicazione attiva delle finalità prioritarie della legge 157/92, ovvero la tutela e la conservazione delle specie selvatiche che sono patrimonio indisponibile dello Stato e che oggi sono gravemente minacciate dalla frammentazione degli habitat, dall’inquinamento, dal consumo del territorio, il nuovo testo autorizza la caccia sulla neve, la caccia agli ungulati anche nelle oasi di protezione e nei parchi con il pretesto del prelievo selettivo, e concede più tempo e più spazio per gli spari. Oltretutto, rimane inalterata la possibilità di uccidere le 19 specie di avifauna che a livello europeo sono considerate in uno stato di conservazione sfavorevole e parimenti immutata è la previsione di caccia durante le fasi di migrazione, di nidificazione, di dipendenza dei piccoli, in totale violazione della direttiva 147/2009 – già 79/409 – sulla conservazione degli uccelli selvatici, ed in totale disprezzo delle valutazioni scientifiche ampiamente dispiegate nella “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/92, così come modificata dalla legge Comunitaria 2009, art. 42″ messa a punto già tre anni or sono dall’Ispra e rivolta anche a tutte le regioni».

Catanoso ci va giù duro contro la sua collega di partito e ministro dell’agricoltura Nunzia De Girolamo: «Auspico che questa proposta sia fermata al più presto. Forse giova ricordare che l’Italia è un “osservato speciale” dell’Europa: non solo relativamente alla fase conclusiva della procedura d’infrazione n. 2131/2006, dove ancora si attende una efficace e completa risposta dello Stato alla reiterata pessima applicazione delle Regioni italiane che hanno abusato del prelievo in deroga a specie protette, e su cui è imminente la seconda condanna della Corte di Giustizia Europea e la relativa sanzione, ma anche per la possibilità che ancora si offre di sparare, per mero “divertimento”, a specie le cui popolazioni selvatiche sono riconosciute in crisi sia livello nazionale sia a quello internazionale».

L’interrogazione del deputrato berlusconiano si guadagna il plauso entusiasta del Wwf che si chiede «Se si ritiene necessaria o opportuna una riforma della legge quadro sulla caccia, questa deve esclusivamente essere finalizzata ad una maggior tutela della fauna ed al rigoroso rispetto delle regole europee ed internazionali, ad iniziare dall’applicazione della Convenzione internazionale sulla tutela della biodiversità» e conclude: «Quella proposta non è che una pseudoriforma, pensata esclusivamente a fini filovenatori e senza il coinvolgimento, assolutamente imprescindibile, di tutti i soggetti istituzionali, sociali e scientifici».

Caccia, la previsione di un unico comparto regionale contrasta con le disposizio​ni statali

Il territorio regionale agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in ambiti territoriali di caccia, deve essere ripartito in dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali. Dunque, la previsione di un unico comparto regionale contrasta con la regolamentazione nazionale della caccia alle specie migratorie.

Per questo la Corte Costituzionale – con sentenza 20 giugno 2013, n. 142 dichiara incostituzionale la legge regionale dell’Abruzzo del 2004, “Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente”. La questione di legittimità è stata sollevata nel corso di un giudizio amministrativo riguardante il calendario venatorio 2011-2012 in Abruzzo.

Alcune associazioni ambientali hanno contestato la legittimità degli atti della Regione che l’hanno approvato. Perché non osservano una contraria indicazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Perché, dal momento che il calendario venatorio risulta meramente attuativo delle disposizioni regionali, queste contrastano con la normativa statale. Le disposizioni, infatti, prevedono un unico comparto regionale in luogo di quelli di dimensioni sub provinciali.

Il comparto unico sulla fauna migratoria è previsto dalla legge regionale che dispone l’iscrizione di diritto al comparto unico dei cacciatori iscritti a un ambito territoriale di caccia (Atc) abruzzese o residenti in Regione e disciplina le giornate settimanali di caccia consentite. Mentre quelli subprovinciali sono previsti dalla legge nazionale (157/1992), quella che detta le disposizioni per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.

La legge nazionale ha introdotto la nozione di ambito di caccia “di dimensioni subprovinciali” proprio per assicurare la naturale omogeneità degli ambienti venatori, Infatti, dispone che le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali (articolo 14, 1 comma legge 157/1992).

Con tale disposizione – così come ha già chiarito la Corte Costituzione con una sentenza del 2000 – il legislatore nazionale ha cercato di individuare un punto di equilibrio tra il primario obiettivo dell’adeguata salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale e l’interesse all’esercizio dell’attività venatoria, attraverso la previsione di penetranti forme di programmazione dell’attività di caccia.

In tale prospettiva diventa qualificante la valorizzazione delle caratteristiche di omogeneità, dal punto di vista naturalistico, dei territori nei quali si esercita la caccia. Tali caratteristiche devono essere adeguatamente considerate dalle Regioni in vista della delimitazione degli ambiti territoriali di caccia. Anche perché l’aspetto rilevante, nel disegno del legislatore statale, è quello della realizzazione di uno stretto vincolo tra il cacciatore e il territorio nel quale esso è autorizzato a esercitare l’attività venatoria.

Quindi attraverso la ridotta dimensione degli ambiti stessi, il legislatore statale ha voluto pervenire a una più equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio, e attraverso il richiamo ai confini naturali, ha voluto conferire specifico rilievo – in chiave di gestione, responsabilità e controllo del corretto svolgimento dell’attività venatoria – alla dimensione della comunità locale, più ristretta e più legata sotto il profilo storico e ambientale alle particolarità del territorio.

La previsione di un unico comparto regionale dimentica queste finalità. Anzi si pone in evidente contrasto con il modello statale, non solo per la mancata scansione in ambiti venatori subprovinciali dell’intero territorio regionale, ma anche per l’omessa considerazione delle peculiarità ambientali, naturalistiche e umane afferenti ai singoli contesti territoriali.

sabato 22 giugno 2013

Rieti. Maltratta i cani: cacciatore condannato a 7mila euro di multa

RIETI - Maltratta i cani: condannato a 7mila euro di multa. La pena è stata comminata a un cacciatore, proprietario di numerosi cani da caccia. La vicenda risale al 2008 quando la Polizia sequestrò i cani presso l'abitazione di un cacciatore reatino. 
Dei cani la Lav era divenuta custode giudiziaria nel 2008. Il Giudice ha ritenuto la condotta dell'imputato più grave del capo d'imputazione (art. 727, detenzione incompatibile con le caratteristiche etologiche dell'animale), condannandolo invece per maltrattamento. Confisca definitiva per gli animali. 

La vicenda risale al 2008, quando la Polizia sequestrò i cani presso l'abitazione del cacciatore reatino, trovandoli in cattive condizioni, costretti a vivere detenuti in spazi angusti. I cani sequestrati erano undici adulti (setter, jagd terrier e un jack russel) e tre cuccioli. Gli animali, però, furono messi in custodia presso un canile già oggetto di inchieste giudiziarie per maltrattamenti di animali, dove cominciarono ad ammalarsi, ad indebolirsi, a sbranarsi con gli altri cani, in alcuni casi riportando ferite mortali. 

La Lav chiese subito il loro affidamento per sottrarli a quelle drammatiche condizioni di detenzione e a luglio 2008, quando finalmente la ottenne, erano solo sette i cani sopravvissuti, per i quali, dopo un periodo presso un'oasi dove furono portati per favorire il loro recupero fisico e psicologico, furono trovate delle famiglie affidatarie disposte a dar loro l'affetto e le cure che meritavano.

lunedì 27 maggio 2013

La Corte Costituzionale boccia il calendario venatorio della Toscana

Comunicato stampa del 27 maggio 2013

La Corte Costituzionale boccia il calendario venatorio della Toscana. Zanoni: «Ora anche la Lombardia deve fare un passo indietro»

Il 20 maggio 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il Calendario Venatorio della Toscana, perché approvato con Legge regionale e non con delibera amministrativa. L’eurodeputato Andrea Zanoni ha affermato: «Alla luce di quanto stabilito dalla Corte, il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, provveda immediatamente a predisporre il calendario venatorio della prossima stagione di caccia con atto amministrativo e ritiri quello in vigore».

Il 20 maggio 2013, la Corte Costituzionale, presieduta dal giudice Franco Gallo, con sentenza numero 90/2013, ha decretato l’illegittimità della Legge Regionale della Toscana numero 20 del 2002, laddove prevede che il calendario venatorio sia approvato con legge di durata pluriennale piuttosto che con atto deliberativo annuale.

In particolare, la Corte ha dichiarato illegittimo l’articolo 7 della Legge Regionale del 10 giugno 2002 numero 20 recante “Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, numero 3” (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”).

Il calendario venatorio, infatti, è stato approvato non con un provvedimento amministrativo, ma attraverso un atto avente forza di legge, sganciato dal riferimento ad un arco temporale proprio del provvedimento amministrativo annuale.

Nel 2010, WWF, LIPU, ENPA, LAC, LAV, Legambiente e Animalisti Italiani presentarono un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Toscana contro il calendario venatorio della Provincia di Firenze. Il TAR, con ordinanza del 20 ottobre 2011 numero 267, ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale, ritenendo fondata la richiesta delle Associazioni e ha sottoposto la norma regionale toscana a valutazione da parte della Corte Costituzionale.

La Corte ha confermato che le Associazioni hanno ragione, sia su questo punto, sia su altri due punti: caccia agli ungulati su terreno innevato e per periodi diversi rispetto a quelli indicati dalla legge quadro e non necessità di utilizzo del tesserino venatorio nelle aziende agrituristico venatorie. Su questi due punti, la Regione Toscana ha già modificato le norme impugnate e dichiarate illegittime dalla Corte.

Adesso, però, la Regione dovrà procedere anche alla modifica del Calendario venatorio da Legge in delibera annuale.

L’eurodeputato Andrea Zanoni, vice Presidente dell’Intergruppo per il Benessere degli Animali al Parlamento europeo ha affermato: «Approvare un calendario venatorio con una legge anziché con un atto amministrativo agli occhi dei profani può sembrare differenza di poco conto. In realtà, è un aspetto importantissimo per la tutela della fauna selvatica. Il calendario con validità annuale permette di poter adeguare le scelte di gestione faunistica alle situazioni e, quindi, di poterle tempestivamente modificare per problemi che singole specie possono incontrare per vari motivi o per difficoltà della fauna dovute a situazioni climatiche. Ora, la Regione Toscana deve fare marcia indietro e correggere il madornale errore. Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, chiedo alla Lombardia e al Presidente Roberto Maroni di ritirare immediatamente il calendario venatorio approvato il 2 agosto 2004 con Legge regionale numero 17, quindi illegittimo. Va inoltre ricordato che, mentre un calendario venatorio approvato per legge risulta blindato, ovvero non può essere impugnato al TAR, se approvato con delibera può essere facilmente impugnato davanti ad un Tribunale amministrativo da una o più associazioni animaliste e/o ambientaliste».

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lunedì 20 maggio 2013

Perugia: doppiette pericolose ritirate 500 licenze di caccia

PERUGIA - Armi e controlli. Armi e crisi economica. Armi ed eccessi. Il rapporto è strettissimo, deve esserlo, perché il possedere e maneggiare un’arma non può che avere come primaria condizione la completa affidabilità fisica, mentale ed economica

I dati diffusi dalla questura durante la festa per il centosessantunesimo anno di fondazione della polizia, mettono in evidenza un dato che può essere interpretato in un senso duplice e al tempo stesso univoco. Il numero intanto: in un anno, sono centinaia le licenze da caccia su cui la divisione di Polizia amministrativa, sociale e dell'immigrazione diretta da Maria Letizia Tomaselli ha posto il veto. Quante? Almeno cinquecento.


A fronte di 2610 rilasci-rinnovi di licenze per il porto di fucili da caccia nel periodo primo maggio 2011-30 aprile 2012, per quanto riguarda lo stesso periodo di riferimento 2012-2013 i rilasci sono stati 2230. Dunque, 380 in meno. A questi bisogna aggiungere le 125 licenze da caccia rifiutate (nel periodo precedente erano state 97), senza dimenticare i 9 ricorsi trattati dalla Prefettura e altri cinque dal Tar.

I numeri sono importanti, ma le motivazioni forse anche di più. E se una è rappresentata dal binomio crisi economica - età avanzata della maggioranza di appassionati della caccia, dall’altro lato vengono alla luce situazioni che testimoniano tanto l’attenzione delle forze dell’ordine in materia di armi quanto una realtà allarmante sotto il profilo dei comportamenti sociali. Alla base di buona parte del mancato rinnovo o rilascio delle licenze di caccia, dicono dalla questura, ci sono motivazioni relative agli abusi con l’alcol e alle violenza domestiche da parte di chi al tempo stesso possiede uno o più fucili. Guide in stato d’ebbrezza e segnalazioni o denunce per atti di violenza in famiglia, dunque, diventano inevitabilmente l’allarme che porta la questura a bloccare l’autorizzazione a usare armi.

Pianeta truffe. Spulciando i numeri di un anno di attività di polizia, un’altro dato che balza agli occhi è il +433,33% su Perugia città in fatto di lotta alla contraffazione. Trentadue sequestri in un anno rispetto ai sei del periodo precedente. Anche in questo caso da un lato va rilevato il sempre più preoccupante, e scorretto a livello di concorrenza, assalto di prodotti d’abbigliamento falsificati; dall’altro però una risposta sicuramente importante. 
Una risposta oltretutto interforze, che prende il via da uno specifico tavolo in Prefettura con il Comune e che vede impegnati guardia di finanza, municipale, carabinieri e polizia in un controllo continuo ai mercati cittadini (soprattutto quello del sabato a Pian di Massiano) la Fiera dei Morti ma anche nei negozi. Sempre in tema, non può sfuggire il 75% di denunce per truffe telematiche (14 rispetto a 6) derivante dall’aumento continuo di affari su internet e transazioni con carte di credito.




mercoledì 15 maggio 2013

Grosseto: recuperati 15 mila bossoli abbandonati


GAVORRANO – 15 mila cartucce sparate e abbandonate in campagna sono stata recuperate dai volontari della Lega Abolizione della Caccia nel comune di Gavorrano. A darne notizia sono gli stessi attivisti della Lac.

Circa quaranta persone, spiegano, hanno partecipato all’iniziativa e in meno di due ore hanno raccolto migliaia di bossoli sparati in un raggio di 150 metri in una zona considerata di passo per gli uccelli migratori.

«È una vergogna – dice Raimondo Silveri, responsabile regionale della Lac Toscana – vedere così tante cartucce sparate, rifiuti speciali pericolosi, lasciate abbandonate dai cacciatori, coloro che si definiscono amanti della natura, considerando anche il danno dalle tonnellate di piombo sparso per boschi e nelle falde acquifere».

«Adesso – spiega Silveri – spetterà al Comune di Gavorrano smaltire tutti quei bossoli abbandonati e recuperati dai volontari, con un costo non indifferente: il servizio di smaltimento ha un valore stimabile intorno ai 5,40 eruo per ogni chilogrammo oltre il trasporto che è intorno ai 350 euro».

martedì 23 aprile 2013

Molise. Per sparare ai cinghiali niente pallini di piombo. «Il metallo è nocivo alla salute del consumatore»

CAMPOBASSO Niente proiettili di piombo per la caccia al cinghiale in Molise, perché sono nocivi per la salute umana. È il senso di una sentenza destinata a «fare giurisprudenza» e anche parecchio clamore nel mondo venatorio, emessa dalla prima sezione del Tribunale amministrativo regionale, che ha accolto il ricorso presentato dalla Lega per l’abolizione della caccia e dall’associazione «Vittime della caccia». La prescrizione non riguarda solo i cinghiali, ma tutti gli ungulati, e quindi anche daini, caprioli e mufloni. Le due associazioni avevano impugnato il calendario venatorio regionale per due aspetti, entrambi condivisi dal Tar: il primo si riferiva alla durata del periodo di caccia alla lepre, che deve essere circoscritto tra il 15 ottobre e il 30 novembre come raccomanda l’Ispra, l’Isituto per la tutela della fauna selvatica, e non tra il 16 settembre e il 31 dicembre 2012 come voleva la Regione. Il secondo profilo riguardava proprio la tipologia di proiettili usati per la caccia agli ungulati, tra cui il cinghiale. Contro il ricorso degli ambientalisti si erano costituiti la Regione, e il comitato di gestione di un ambio territoriale di caccia di Campobasso, che tra l’altro avevano proposto un’eccezione di competenza territoriale. «Se è vero che la fauna selvatica è proprietà dello Stato - hanno chiarito i giudici - è altresì vero che tutti i provvedimenti impugnati sono atti della Regione», e in quanto tali esplicano i propri effetti in Molise.

I giudici (Goffredo Zaccardi, presidente, Orazio Ciliberti, estensoreAntonio Andolfi, referendario), hanno ricordato che il parere dell’Ispra non può essere disatteso. si dà il caso che proprio in quel parere l’Istituto avesse invitato la Regione Molise a proibire l’uso delle munizioni di piombo nella caccia agli ungulati, poiché tale elemento «risulta nocivo sia per l’uomo sia per i rapaci necrofagi, quando essi assumono nella nutrizione la carne di ungulati attinti da piombo. Anche tale parere tecnico è stato inopinatamente disatteso dalla Regione, nella parte dei provvedimenti impugnati in cui ha omesso di vietare l’utilizzo di munizioni in piombo nella caccia agli ungulati».

Secondo il Tar l’amministrazione, oltre tutto, avrebbe dovuto motivare con argomenti plausibili le ragioni per le quali ha ritenuto di non seguire le indicazioni dell’organismo tecnico, e non lo ha fatto. Per questo motivo ha dichiarato illegittimi i provvedimenti impugnati « per eccesso di potere e per difetto di motivazione». condannando la Regione al pagamento di una parte delle spese di giudizio.