lunedì 15 luglio 2013

L’Aquila. I bracconieri con l’arsenale in casa e il porto d’armi in tasca

GEAPRESS – Sorpresi dagli agenti forestali del locale Comando Stazione Forestale di Avezzano e di Gioia dei Marsi. Due cacciatori di frodo ma con regolare porto d’armi, ora denunciati per esercizio di attività venatoria in periodo di divieto generale. Un laziale di 60 anni e un abruzzese di 74 anni.

I forestali li hanno bloccati in località Marano nel Comune di Magliano dei Marsi (AQ), nell’ambito di un articolato servizio effettuato per contrastare il fenomeno del bracconaggio. I due erano intenti a caricare sulla loro autovettura le carcasse di due cinghiali. Le armi, recuperate per l’abbattimento, erano invece occultate nei pressi.

Sorprendente quanto altresì scoperto nel corso della perquisizione domiciliare. Nelle loro abitazioni, comunica il Corpo Forestale dello Stato, è stato rinvenuto un vero e proprio arsenale. Tredici fucili, quattro pistole e oltre 450 munizioni complessive detenute e non denunciate. Per loro è scattata l’immediata denuncia all’Autorità Giudiziaria.

Gli Agenti hanno provveduto anche al sequestro delle carcasse degli animali, della carabina utilizzata per l’abbattimento e del relativo munizionamento.

giovedì 11 luglio 2013

Uccisero daino fuggito dal recinto. Condannati due cacciatori di Romano (BG)

Erano finiti a processo per aver ucciso una femmina di daino fuggita dal recinto di una villa. Ora per due cacciatori di Romano, Riccardo Morganti, imprenditore di 64 anni, presidente della locale sezione delle doppiette, e Mario Forlani, pensionato di 69 anni, è arrivata la condanna.

Il giudice Maria Luisa Mazzola ha inflitto 6 mesi (pena sospesa) a Morganti per uccisione di animale in concorso con Forlani, a cui è andata la condanna più pesante: un anno e 6 mila euro di multa (anche in questo caso pena sospesa). 

Forlani, oltre ad essere colui che ha materialmente premuto il grilletto, doveva infatti rispondere anche di detenzione abusiva di un fucile calibro 24, di una pistola lanciarazzi, di un proiettile 7,65, di tre cartucce calibro 12, di 500 grammi di polvere da sparo e di un chilo di propellente per nitrocellulosa per caccia, oltre che del porto abusivo di un coltello con lama di 10 centimetri.

sabato 6 luglio 2013

Montalto (VT). Gli sequestrano i fucili, cacciatore minaccia di fare una strage

Minaccia di uccidere l’ex moglie, il capitano dei carabinieri e i figli. 

L’uomo, 55 anni, residente a Capalbio, è stato denunciato per stalking dai carabinieri della compagnia di Tuscania.

La donna, originaria di Pescia Romana, si era recata più volte dai carabinieri per segnalare le continue minacce di morte rivoltele dall’ex marito.

Fatti che avevano spinto i militari a sequestrare i fucili dell’uomo, cacciatore. E’ la prassi, in questi casi: succede spesso, a chi viene denunciato per minacce, di vedersi sequestrare le armi che ha a disposizione.

Ma l’uomo l’ha presa male. Al punto da minacciare, stavolta, di fare una strage. Prima dell’apertura della caccia avrebbe ucciso non solo l’ex consorte, ma anche il capitano dei carabinieri di Capalbio e i suoi figli. 

A questo punto è scattata la denuncia per stalking e il divieto di avvicinamento alla moglie. Sugli episodi denunciati, intanto, continua a indagare la procura di Civitavecchia.

mercoledì 3 luglio 2013

Sindaci e cacciatori all'arrembaggio della gestione dei Parchi nazionali?

COMUNICATO STAMPA WWF ITALIA 


SINDACI E CACCIATORI ALL’ARREMBAGGIO DELLA GESTIONE DEI PARCHI NAZIONALI ?

Mentre un Sindaco cacciatore viene nominato Presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, i Sindaci dei Sibillini contestano la prevista nomina di un qualificato accademico alla Presidenza del Parco Nazionale dei Monti Sibillini rivendicando il controllo della gestione dell’area protetta nazionale.

Il sindaco cacciatore Luca Santini è stato nominato Presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, nonostante le proteste delle maggiori Associazioni ambientaliste e molti comuni cittadini. Per il WWF la nomina di Santini resta una decisione grave, non solo per la discutibile nomina di un cacciatore alla guida di un Parco Nazionale, una palese contraddizione per tutti evidente, ma anche per il pericoloso precedente della nomina nel ruolo di massima responsabilità per la gestione di un Parco nazionale di un Sindaco di uno dei Comuni dell’area protetta. Una decisione che determinerà un gravissimo spostamento degli equilibri tra gli interessi nazionali e localistici all’interno dell’organo di governo dell’Ente parco. Con il Decreto del Presidente della Repubblica sul riordino dei consigli direttivi dei Parchi nazionali, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, i Sindaci dei Comuni dei territori interessati dalle aree naturali protette nazionali avranno infatti il 50% della rappresentanza nell’organo collegiale di governo dei Parchi (4 componenti su 8 saranno nominati dalla Comunità del Parco costituita dai Sindaci). La nomina del Presidente del Parco diventa a questo punto la garanzia della prevalenza dell’interesse pubblico nazionale sugli interessi localistici, in conformità con quanto prevede la nostra Costituzione che stabilisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di conservazione della natura.

La nomina dell’attuale Sindaco del Comune di Stia, Comune del Parco, a Presidente attribuisce sostanzialmente il totale controllo dell’Ente Parco da parte degli Amministratori locali, chiaramente più attenti agli interessi locali che alla tutela del patrimonio naturale quale interesse pubblico generale che un Parco nazionale deve assicurare come sua missione prioritaria. Il WWF vigilerà con attenzione sulla futura gestione del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi per verificare il rispetto della missione prioritaria dell’area naturale protetta, la conservazione della natura. L’appartenenza del nuovo Presidente al mondo venatorio, da sempre ostile ai Parchi, sommato all’inevitabile prevalenza degli interessi localistici potrebbe determinare non pochi problemi per la efficace gestione del Parco. Per il WWF diventa a questo punto determinante il rinnovo della composizione del Consiglio direttivo, prevista alla fine del 2013, con le nomine degli esperti del Ministero dell’Ambiente e del Ministero delle Politiche Agricole che dovranno essere persone di elevato profilo, garanti dell’interesse nazionale nella gestione del Parco.

Nel frattempo la nomina del Sindaco cacciatore alla presidenza del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ha creato un precedente che qualcuno vorrebbe già replicare nella nomina dei Presidenti degli altri Parchi Nazionali. La Commissione Ambiente della Camera ha infatti convocato questa mattina, su pressioni dei Sindaci del territorio, l’attuale Commissario del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il prof. Oliviero Olivieri dell’Università di Perugia per “invitarlo” a rinunciare alla Presidenza del Parco lasciando libera la poltrona per una persona gradita agli Amministratori locali ed ai partiti. Sul prof. Olivieri, qualificato docente universitario gia’ componente della Commissione CITES del Ministero dell’Ambiente è già stata raggiunta l’intesa tra il Ministro e le due Regioni competenti, Umbria e Marche. Per la sua nomina a Presidente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini si attende solo il parere positivo delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato che da settimane stanno rinviando senza nessuna valida motivazione. Anche l’audizione del candidato Presidente da parte della Commissione Ambiente della Camera costituisce un precedente che desta sospetti e preoccupazione per l’evidente tentativo di “pressioni politiche” in risposta alle richieste dei Sindaci del territorio che chiedono di replicare quanto già deciso per il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi candidando una persona espressione del territorio, gradita anche ai partiti.

Per il WWF l’interesse generale della conservazione del nostro patrimonio naturale deve però sempre prevalere su interessi di parte o sugli equilibri politici dei diversi territori. I parlamentari delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato devono dimostrare di saper interpretare al meglio l’interesse generale del Paese con la tutela di un bene comune per tutti gli italiani, mettendo da parte gli interessi meramente localistici. 

Roma, 3 luglio 2013

Caccia, Wwf: «No alla “pseudoriforma” filo venatoria, serve rispetto regole internazionali»

Catanoso (Pdl) contro il ministro Nunzia De Girolamo: «Questa proposta sia fermata al più presto» 

Al Wwf non è proprio piaciuta l’iniziativa autonoma del ministero dell’Agricoltura, che ha predisposto un testo di “riforma” della legge quadro sulla caccia, la legge quadro 157/1992, da approvare insieme alle regioni e presentare in Parlamento. Secondo il Panda «Il testo è gravemente peggiorativo della legge attuale che disciplina l’attività venatoria in Italia e, ricordiamo, è a tutt’oggi l’unica legge nazionale per la tutela della fauna selvatica. Questa proposta va nella direzione opposta rispetto agli obblighi di migliorare i livelli di tutela della fauna restringendo tempi luoghi e specie oggetto di caccia, come ci chiede e ci impone l’Europa. E siamo già alla soglia di una nuova condanna da parte dell’Unione Europea per le reiterata violazione delle leggi europee sulla tutela della fauna e degli habitat naturali».

Sull’uscita del ministero dell’agricoltura non sembra molto d’accordo nemmeno un pezzo delle truppe berlusconiane: ieri il deputato siciliano del Pdl Basilio Catanoso, che fa parte della Commissione agricoltura della Camera, ha annunciato battaglia per bloccare la proposta di modifica alla legge: «Sono venuto a conoscenza di una serie di riunioni dove, invece che restringere le possibilità di caccia, secondo quanto dettato dall’Unione Europea, si mira ad allargare le stesse con una serie di metodologie specificamente vietate. Quello predisposto da ministero dell’agricoltura è un testo pericoloso ed inopportuno, che non rappresenta una riforma della normativa sulla tutela della fauna e regolamentazione della caccia, ma tende piuttosto a dilatare tempi e modi dell’attività venatoria. Ho chiesto ai ministri dell’agricoltura e dell’ambiente di fermarlo».

Catanoso ha presentato una interrogazione sulla proposta di revisione «Che, inaspettatamente, il Mipaaf ha inviato alla Conferenza delle Regioni ed il cui esame è imminente. Nonostante la drammatica assenza di applicazione attiva delle finalità prioritarie della legge 157/92, ovvero la tutela e la conservazione delle specie selvatiche che sono patrimonio indisponibile dello Stato e che oggi sono gravemente minacciate dalla frammentazione degli habitat, dall’inquinamento, dal consumo del territorio, il nuovo testo autorizza la caccia sulla neve, la caccia agli ungulati anche nelle oasi di protezione e nei parchi con il pretesto del prelievo selettivo, e concede più tempo e più spazio per gli spari. Oltretutto, rimane inalterata la possibilità di uccidere le 19 specie di avifauna che a livello europeo sono considerate in uno stato di conservazione sfavorevole e parimenti immutata è la previsione di caccia durante le fasi di migrazione, di nidificazione, di dipendenza dei piccoli, in totale violazione della direttiva 147/2009 – già 79/409 – sulla conservazione degli uccelli selvatici, ed in totale disprezzo delle valutazioni scientifiche ampiamente dispiegate nella “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/92, così come modificata dalla legge Comunitaria 2009, art. 42″ messa a punto già tre anni or sono dall’Ispra e rivolta anche a tutte le regioni».

Catanoso ci va giù duro contro la sua collega di partito e ministro dell’agricoltura Nunzia De Girolamo: «Auspico che questa proposta sia fermata al più presto. Forse giova ricordare che l’Italia è un “osservato speciale” dell’Europa: non solo relativamente alla fase conclusiva della procedura d’infrazione n. 2131/2006, dove ancora si attende una efficace e completa risposta dello Stato alla reiterata pessima applicazione delle Regioni italiane che hanno abusato del prelievo in deroga a specie protette, e su cui è imminente la seconda condanna della Corte di Giustizia Europea e la relativa sanzione, ma anche per la possibilità che ancora si offre di sparare, per mero “divertimento”, a specie le cui popolazioni selvatiche sono riconosciute in crisi sia livello nazionale sia a quello internazionale».

L’interrogazione del deputrato berlusconiano si guadagna il plauso entusiasta del Wwf che si chiede «Se si ritiene necessaria o opportuna una riforma della legge quadro sulla caccia, questa deve esclusivamente essere finalizzata ad una maggior tutela della fauna ed al rigoroso rispetto delle regole europee ed internazionali, ad iniziare dall’applicazione della Convenzione internazionale sulla tutela della biodiversità» e conclude: «Quella proposta non è che una pseudoriforma, pensata esclusivamente a fini filovenatori e senza il coinvolgimento, assolutamente imprescindibile, di tutti i soggetti istituzionali, sociali e scientifici».

Caccia, la previsione di un unico comparto regionale contrasta con le disposizio​ni statali

Il territorio regionale agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in ambiti territoriali di caccia, deve essere ripartito in dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali. Dunque, la previsione di un unico comparto regionale contrasta con la regolamentazione nazionale della caccia alle specie migratorie.

Per questo la Corte Costituzionale – con sentenza 20 giugno 2013, n. 142 dichiara incostituzionale la legge regionale dell’Abruzzo del 2004, “Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente”. La questione di legittimità è stata sollevata nel corso di un giudizio amministrativo riguardante il calendario venatorio 2011-2012 in Abruzzo.

Alcune associazioni ambientali hanno contestato la legittimità degli atti della Regione che l’hanno approvato. Perché non osservano una contraria indicazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Perché, dal momento che il calendario venatorio risulta meramente attuativo delle disposizioni regionali, queste contrastano con la normativa statale. Le disposizioni, infatti, prevedono un unico comparto regionale in luogo di quelli di dimensioni sub provinciali.

Il comparto unico sulla fauna migratoria è previsto dalla legge regionale che dispone l’iscrizione di diritto al comparto unico dei cacciatori iscritti a un ambito territoriale di caccia (Atc) abruzzese o residenti in Regione e disciplina le giornate settimanali di caccia consentite. Mentre quelli subprovinciali sono previsti dalla legge nazionale (157/1992), quella che detta le disposizioni per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.

La legge nazionale ha introdotto la nozione di ambito di caccia “di dimensioni subprovinciali” proprio per assicurare la naturale omogeneità degli ambienti venatori, Infatti, dispone che le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali (articolo 14, 1 comma legge 157/1992).

Con tale disposizione – così come ha già chiarito la Corte Costituzione con una sentenza del 2000 – il legislatore nazionale ha cercato di individuare un punto di equilibrio tra il primario obiettivo dell’adeguata salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale e l’interesse all’esercizio dell’attività venatoria, attraverso la previsione di penetranti forme di programmazione dell’attività di caccia.

In tale prospettiva diventa qualificante la valorizzazione delle caratteristiche di omogeneità, dal punto di vista naturalistico, dei territori nei quali si esercita la caccia. Tali caratteristiche devono essere adeguatamente considerate dalle Regioni in vista della delimitazione degli ambiti territoriali di caccia. Anche perché l’aspetto rilevante, nel disegno del legislatore statale, è quello della realizzazione di uno stretto vincolo tra il cacciatore e il territorio nel quale esso è autorizzato a esercitare l’attività venatoria.

Quindi attraverso la ridotta dimensione degli ambiti stessi, il legislatore statale ha voluto pervenire a una più equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio, e attraverso il richiamo ai confini naturali, ha voluto conferire specifico rilievo – in chiave di gestione, responsabilità e controllo del corretto svolgimento dell’attività venatoria – alla dimensione della comunità locale, più ristretta e più legata sotto il profilo storico e ambientale alle particolarità del territorio.

La previsione di un unico comparto regionale dimentica queste finalità. Anzi si pone in evidente contrasto con il modello statale, non solo per la mancata scansione in ambiti venatori subprovinciali dell’intero territorio regionale, ma anche per l’omessa considerazione delle peculiarità ambientali, naturalistiche e umane afferenti ai singoli contesti territoriali.