Dopo il recente ritrovamento di carcasse di cinghiali morti nel fiume Esino, probabilmente malati di tubercolosi bovina, si ripropone l’annoso problema della gestione della popolazione del cinghiale nella nostra Regione. Come LAC abbiamo richiesto all'assessore regionale Paola Giorgi la sospensione cautelativa della caccia al cinghiale per la prossima imminente stagione, in modo da permettere un monitoraggio a tappeto sullo stato di salute di tutta la popolazione marchigiana del cinghiale, verificare la diffusione della tubercolosi, ed approntare poi le decisioni da prendere, sia per tutelare la salute dei cittadini, che il lavoro degli allevatori di bestiame. Sulla proposta di sospensione della caccia, la Coldiretti si è però detta contraria, perché “lo stop alla caccia significherebbe aggravare una situazione, quella dei danni agli agricoltori, già drammatica, che non apporterebbe alcune beneficio”. Noi della LAC siamo convinti invece che per affrontare seriamente, ed in via definitiva il problema dei danni procurati dai cinghiali, bisognerebbe incidere sugli interessi consolidati dei cacciatori, i quali, come è noto, dalla caccia al cinghiale ne ricavano una significativa fonte di reddito, vendendo ai ristoranti gli animali abbattuti nel corso delle battute di caccia. L’unico soggetto che ha quindi interesse ad avere un'alta presenza di cinghiali sul territorio è proprio il cacciatore. Se i cinghiali sono oggi così numerosi è infatti a causa dei ripopolamenti venatori effettuati con animali d’allevamento e importati dall’Est europeo. Tali pratiche, legali fino a metà degli anni ’80, continuano ancora oggi illegalmente. Senza parlare poi del florido commercio clandestino di cinghiali uccisi dai bracconieri, venduti al nero e senza alcun tipo di controllo sanitario. E’ necessaria quindi una rivoluzione metodologica nell’affrontare il problema del cinghiale, che parta dall’esclusione dei cacciatori da ogni intervento di controllo e dal divieto di caccia alla specie. Vietare la caccia al cinghiale, ed escludere i cacciatori dagli interventi di controllo dei cinghiali, farebbe infatti perdere automaticamente l’interesse venatorio sul cinghiale. Far pagare inoltre ai cacciatori tutti i danni prodotti dai cinghiali attraverso l’aumento delle tasse di concessione venatoria. Vietare la detenzione, l’allevamento, il trasporto di cinghiali vivi. Investire risorse sugli studi, oggi pressoché abbandonati, tendenti a perfezionare e codificare misure incruente di prevenzione dei danni da cinghiali. Sostenere finanziariamente delle misure di prevenzione dei danni (recinzioni elettrificate, dissuasori a ultrasuoni, dissuasori chimici, contraccezione, ecc..). Infine realizzare degli attraversamenti stradali protetti per la fauna selvatica. Senza questa presa di coscienza da parte di politici, amministratori ed addetti ai lavori, ciclicamente, ad ogni incidente stradale o ad ogni ritrovamento di carcasse di animali uccisi di frodo, si tornerà a parlare di “cinghiali”, ognuno però dal proprio punto di vista particolare ed interessato, ma il problema resterà irrisolto, per la goduria di cacciatori e bracconieri!
Ancona, li 30 Agosto 2013 Danilo Baldini – Delegato regionale LAC Marche
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