LORO giurano che è stato un incidente, che il colpo di fucile è partito per caso e che hanno nascosto il cadavere del loro amico perché avevano paura e che, sopraffatti dal rimorso, solo il giorno dopo hanno deciso di costituirsi alla polizia. È un mistero l'omicidio di Andrea Macciò, 45 anni, rappresentante di libri di Pegli, ammazzato in una villetta di Stella Fondo Corona, in provincia di Savona. Sono indagati due suoi amici, Alessio Scardino, 33 anni, rappresentate di vini, e Claudio Tognini, 36 anni, agente immobiliare: le accuse mosse dagli inquirenti sono omicidio e occultamento di cadavere. Sono ancora tanti i lati oscuri di questa vicenda, che la Squadra Mobile fino a ieri in tarda serata ha cercato di ricostruire in un lungo interrogatorio (i due uomini sono difesi dagli avvocati Carlo Biondi di Genova e Emi Roseo di Savona).
Da una prima ricostruzione, Macciò e Tognini si trovano nell'abitazione di Scardino. Stanno festeggiando. Non è chiaro se un lieto evento o un regalo importante ricevuto da uno dei tre. Quel che è certo è che dal fucile da caccia di Scardino parte improvvisamente un colpo che centra Macciò al torace. La ferita è devastante. Subentra il panico. I due uomini non sanno che fare: non chiamano la polizia o il 118, ma decidono di nascondere il cadavere dietro la casa, sull'erba. Lo avvolgono in parte con del cellophane e lo coprono con un telo. Poi risalgono in casa. Pensano tutta la notte a quello che accaduto, alle conseguenze, ma non se la sentono ancora di costituirsi. Il peso di quello che hanno fatto è terribile. Ieri mattina contattano i loro legali e raccontano. Vengono consigliati di presentarsi alla polizia e tutti insieme ieri, poco dopo le 16, si recano in Questura, alla Squadra Mobile, per confessare.
"È stato un incidente - si sono difesi davanti al magistrato di turno, Danilo Ceccarelli - , il colpo è partito per sbaglio". Pare - ma è ancora un'ipotesi - che a imbracciare il fucile fosse Tognini e che la vittima si trovasse proprio di fronte. Sul luogo dell'omicidio è intervenuto il medico legale Marco Canepa. Il corpo era supino. Il fatto che Macciò indossasse jeans e camicia fa supporre che nel momento in cui è stato ucciso si trovasse in un'abitazione e non all'aperto, considerato che la temperatura era piuttosto bassa. Il cadavere era in buone condizioni di conservazione e la
morte, da un primo esame esterno, risalirebbe a non più di 24 ore prima. Sarà comunque l'autopsia che verrà condotta domani nella sala della medicina legale del San Martino allestita nel cimitero di Zinola a dare ulteriori e più precise risposte agli inquirenti. Innanzitutto potrà dire da quale distanza è stato sparato il colpo e la sua traiettoria, per capire se veramente si è trattato di un incidente o se il giallo nasconde un'altra verità.
Tra gli inquirenti, ieri sera, serpeggiavano tanti dubbi, perché tante sono le cose che non quadrano. Soprattutto è il comportamento dei due uomini a non convincere del tutto che si sia trattato di una tragica fatalità.
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