La video-denuncia di un agricoltore sardo rivela l'inquinamento provocato dai rifiuti e dai bossoli lasciati dai cacciatori durante le 'poste'. "Il nostro documentario - ci ha detto - punta il dito anche contro la totale mancanza di controlli"
Non sono esemplari rari quelli che da anni abitano nella proprietà di Marcello Saba, 57 anni agricoltore di Villacidro, in provincia del Medio Campidano in Sardegna, bensì una comunità numerosa che di danni all'ambiente ne fa parecchi. "Predatori", come li definisce lo stesso coltivatore, che bivaccano di notte nascosti tra le siepi, e spariscono di giorno lasciando sul terreno, ogni sorta di sporcizia, rifiuti e pallettoni contenenti residui di polvere di piombo. Ecco ciò che resta delle lunghe notti dei cacciatori passate a fare la "posta", spesso in terreni altrui, violando anche la proprietà privata.
Così ogni mattina, sacco in spalla, Marcello va a raccogliere tutto quello che trova sul suo terreno, alle pendici della cascata Sa Spendula, tre ettari di campo che, oramai, non riesce più a coltivare: "Da anni, ci provo, ma tutto è reso vano dall'inquinamento presente nella mia proprietà". "È come se non fosse più casa mia - ci spiega l'agricoltore -. Se tutto va bene, da febbraio sino ad agosto posso curare il mio oliveto, mentre da settembre a gennaio vivo una situazione di multiproprietà con individui di cui non conosco il volto".
Stanco di tutto questo, soprattutto dell'indifferenza di quanti dovrebbero controllare e tutelare, Marcello denuncia. E lo fa in modo diretto, con un video documentario dal titolo 'Prey field' ('il campo braccato'), girato pochi mesi fa proprio nel suo terreno, che mostra chiaramente l'impatto ambientale provocato dall'inquinamento dei rifiuti lasciati dai cacciatori. Un corto-inchiesta di 14 minuti, diretto da Fabrizio Marrocu per Faster Keaton Produzioni, che non vuole condannare un'intera categoria, bensì farsi portavoce della totale mancanza di rispetto verso la proprietà, la terra, l'ambiente. In Sardegna, come in molte altre regioni d'Italia. Per cercare di capire meglio la situazione NanniMagazine.it a parlato a lungo proprio con Marcello Saba:
Marcello da quanto tempo va avanti questo fenomeno e in quale periodo dell'anno si manifesta?"Praticamente da sempre. Le dico, io ho 57 anni e questo fenomeno lo conosco da una vita. Va detto, ovviamente, che non si può fare di tutta l'erba un fascio, quindi non tutti i cacciatori vanno in giro in cerca di prede e poi lasciano in giro rifiuti di vario tipo. Il periodo di caccia, invece, parte generalmente dalla fine di settembre fino a dicembre, ma con la 'caccia in deroga' viene protratto fino alla fine di gennaio, o addirittura alla fine di febbraio. E questo ci rende fuori legge davanti alla Comunità europea".
Marcello da quanto tempo va avanti questo fenomeno e in quale periodo dell'anno si manifesta?"Praticamente da sempre. Le dico, io ho 57 anni e questo fenomeno lo conosco da una vita. Va detto, ovviamente, che non si può fare di tutta l'erba un fascio, quindi non tutti i cacciatori vanno in giro in cerca di prede e poi lasciano in giro rifiuti di vario tipo. Il periodo di caccia, invece, parte generalmente dalla fine di settembre fino a dicembre, ma con la 'caccia in deroga' viene protratto fino alla fine di gennaio, o addirittura alla fine di febbraio. E questo ci rende fuori legge davanti alla Comunità europea".
Fuori legge perché?
"Perché la caccia in deroga viene effettuata solo per motivi di sovrappopolamento di una determinata specie animale, magari ci sono troppi esemplari e allora si interviene. Ma le assicuro che, almeno da queste parti, di animali ne sono rimasti ben pochi, e sono gli stessi cacciatori che lo dicono".
"Perché la caccia in deroga viene effettuata solo per motivi di sovrappopolamento di una determinata specie animale, magari ci sono troppi esemplari e allora si interviene. Ma le assicuro che, almeno da queste parti, di animali ne sono rimasti ben pochi, e sono gli stessi cacciatori che lo dicono".
Ciò che si vede nel video-denuncia accade solo nel suo terreno?"Assolutamente no. Guardi, quello che succede nel mio campo è quasi ben poca cosa rispetto quello che si verifica sia in altri terreni limitrofi ed in altre zone dove si pratica la caccia, soprattutto in quelle collinari e verso le montagne dove la sera ritornano gli animali, sopratutto uccelli".
Nel documentario si vedono le tracce lasciate dal bivacco dei cacciatori: cartucce, scatolette alimentari, bottiglie di plastica e vetro, tutti rifiuti lasciati dopo una "posta":"Esatto, la 'posta' è proprio il punto fisico dove il cacciatore si ferma e spara, e può avvenire in due modi: o si ricava uno spazio all'interno di una siepe già esistente, oppure costruendone uno con rami e pietre da ricollocare in un terreno libero le cui coltivazioni sono state già tagliate. Quest'ultima è una delle scelte più praticate perché i campi appena seminati o arati sono liberi così quando la preda viene colpita e cade giù è subito visibile ad occhio nudo, non c'è nemmeno bisogno del cane. Nella vegetazione, invece, gli animali si perdono. A volte ne ho trovati io stesso morti, nascosti tra le piante andando in giro per l'oliveto. Tra l'altro va detto che in un'area, ad esempio, di tre ettari si possono trovare dalle 10 alle 15 poste di cacciatori".
Nel documentario si vedono le tracce lasciate dal bivacco dei cacciatori: cartucce, scatolette alimentari, bottiglie di plastica e vetro, tutti rifiuti lasciati dopo una "posta":"Esatto, la 'posta' è proprio il punto fisico dove il cacciatore si ferma e spara, e può avvenire in due modi: o si ricava uno spazio all'interno di una siepe già esistente, oppure costruendone uno con rami e pietre da ricollocare in un terreno libero le cui coltivazioni sono state già tagliate. Quest'ultima è una delle scelte più praticate perché i campi appena seminati o arati sono liberi così quando la preda viene colpita e cade giù è subito visibile ad occhio nudo, non c'è nemmeno bisogno del cane. Nella vegetazione, invece, gli animali si perdono. A volte ne ho trovati io stesso morti, nascosti tra le piante andando in giro per l'oliveto. Tra l'altro va detto che in un'area, ad esempio, di tre ettari si possono trovare dalle 10 alle 15 poste di cacciatori".
Un vero e proprio campo di battaglia verrebbe da dire:"Guardi le dirò di più. Nel documentario non lo abbiamo fatto per motivi di tempo, ma avremmo voluto inserire delle interviste alle persone che un tempo mi venivano a trovare la domenica per vistare l'oliveto. Ecco, ogni volta siamo dovuti scappare perché sembrava di stare in guerra tra i tanti spari, la paura di essere colpiti dai pallini e via dicendo. Bisogna davvero vedere quel che succede da queste parti durante la stagione della caccia, e noi nel nostro documentario non abbiamo detto nulla di falso. Poi consideri che i cacciatori arrivano con le loro macchine, parcheggiano all'inizio del terreno e, possibilmente, anche vicino alla 'posta'".
Se le "poste" vengono effettuate all'interno dei terreni altrui è violazione di proprietà privata:"Certo. Lei pensi che una volta ho provato a farlo notare ad un cacciatore, pregandolo di non entrare nel mio terreno e di parcheggiare la macchina sulla strada per poi salire a piedi. Dal momento che non voleva saperne sono andato subito dai Carabinieri, il tempo di tornare indietro e il cacciatore già se n'era andato. Ma dobbiano andare avanti così?".
Quindi dal punto di vista della tutela e del controllo mi sembra di capire che nessuno vigila:"Esatto. Questo video denuncia non solo 'inquinamento ambientale prodotto da alcuni cacciatori durante le loro attività e le violazioni che commettono, ma indirettamente denuncia anche la totale mancanza di controllo delle istituzioni preposte a farlo. Dopo la diffusione del documentario, infatti, è iniziato un po' di fermento in chi dovrebbe vigilare. Ma allora perché nessuno controlla, ad esempio, quanto si spara e quante cartucce vengono lasciate per terra? Basterebbe venire nel mio terreno, così come in quello di altri, starci un paio d'ore, ascoltare i botti e poi chiedere ai cacciatori 'dove sono i bossoli?'. Il problema è che, non tutti ovviamente, ma la maggior parte di loro tiene sempre due o tre cartucce in tasca così da rispondere sempre 'eccoli qui quelli che ho usato'. Se le cose vanno avanti così da sempre, dice qualcuno, perché disturbare?".
Quali sono, secondo lei, le conseguenze di questo inquinamento ambientale?"Vede, oltre ai vari rifiuti lasciati ogni volta dai cacciatori, il danno maggiore sono i pallini di piombo che, una volta esplosi, contengono ancora tracce di polvere da sparo che, inevitabilmente, si riversa nel terreno su cui cadono. Ed è facile intuire che nel tempo questo fenomeno genera problemi di avvelenamento per l'uomo".
Se le "poste" vengono effettuate all'interno dei terreni altrui è violazione di proprietà privata:"Certo. Lei pensi che una volta ho provato a farlo notare ad un cacciatore, pregandolo di non entrare nel mio terreno e di parcheggiare la macchina sulla strada per poi salire a piedi. Dal momento che non voleva saperne sono andato subito dai Carabinieri, il tempo di tornare indietro e il cacciatore già se n'era andato. Ma dobbiano andare avanti così?".
Quindi dal punto di vista della tutela e del controllo mi sembra di capire che nessuno vigila:"Esatto. Questo video denuncia non solo 'inquinamento ambientale prodotto da alcuni cacciatori durante le loro attività e le violazioni che commettono, ma indirettamente denuncia anche la totale mancanza di controllo delle istituzioni preposte a farlo. Dopo la diffusione del documentario, infatti, è iniziato un po' di fermento in chi dovrebbe vigilare. Ma allora perché nessuno controlla, ad esempio, quanto si spara e quante cartucce vengono lasciate per terra? Basterebbe venire nel mio terreno, così come in quello di altri, starci un paio d'ore, ascoltare i botti e poi chiedere ai cacciatori 'dove sono i bossoli?'. Il problema è che, non tutti ovviamente, ma la maggior parte di loro tiene sempre due o tre cartucce in tasca così da rispondere sempre 'eccoli qui quelli che ho usato'. Se le cose vanno avanti così da sempre, dice qualcuno, perché disturbare?".
Quali sono, secondo lei, le conseguenze di questo inquinamento ambientale?"Vede, oltre ai vari rifiuti lasciati ogni volta dai cacciatori, il danno maggiore sono i pallini di piombo che, una volta esplosi, contengono ancora tracce di polvere da sparo che, inevitabilmente, si riversa nel terreno su cui cadono. Ed è facile intuire che nel tempo questo fenomeno genera problemi di avvelenamento per l'uomo".
Per le piante e la vegetazione circostante invece?
"Le dirò, in realtà non so quanto assorbano o meno. Però è anche vero, e lo posso dire perché l'ho denunciato nel documentario, che un filare di piante lungo la siepe da dove sparano i cacciatori da anni non fiorisce più e non fa più i suoi frutti. Le dirò di più: un giorno durante la potatura degli alberi, sono rimasto perplesso perché vedevo alcuni rami un po' strani, tutti bucati e pendenti, così ho pensato fosse un parassita che li aveva mangiati piano piano. Poi, guardando meglio, ho capito: erano rami impallinati. Ovviamente se un cacciatore vede un animale poggiato su un ramo spara comunque, non si fa tanti problemi sul danno che può provocare alla pianta. Cose del genere si sono manifestate anche in alcuni frutteti e agrumeti qui vicino: molti agricoltori si lamentano che spesso devono controllare uno ad uno gli impianti di irrigazione per tappare i buchi lasciati dai pallini. Guardi che a raccontarlo sembra assurdo. Ci vorrebbe un film intero per far vedere quello che succede qui".
Avete provato a far arrivare la vostra denuncia alle istituzioni perché si prendano dei provvedimenti?"Noi cerchiamo ogni giorno di contattare referenti politici, di parlare con senatori e parlamentari, associazioni ambientaliste perché qualcuno si faccia promotore di una qualche iniziativa, cerchi di mettre un freno a tutto questo o almeno lo regolamenti, o ancora che tuteli la proprietà privata così da non avere più cacciatori che circolano liberamente nel proprio terreno. Sì ci stiamo provando, non è semplice, ma ci stiamo provando".
"Le dirò, in realtà non so quanto assorbano o meno. Però è anche vero, e lo posso dire perché l'ho denunciato nel documentario, che un filare di piante lungo la siepe da dove sparano i cacciatori da anni non fiorisce più e non fa più i suoi frutti. Le dirò di più: un giorno durante la potatura degli alberi, sono rimasto perplesso perché vedevo alcuni rami un po' strani, tutti bucati e pendenti, così ho pensato fosse un parassita che li aveva mangiati piano piano. Poi, guardando meglio, ho capito: erano rami impallinati. Ovviamente se un cacciatore vede un animale poggiato su un ramo spara comunque, non si fa tanti problemi sul danno che può provocare alla pianta. Cose del genere si sono manifestate anche in alcuni frutteti e agrumeti qui vicino: molti agricoltori si lamentano che spesso devono controllare uno ad uno gli impianti di irrigazione per tappare i buchi lasciati dai pallini. Guardi che a raccontarlo sembra assurdo. Ci vorrebbe un film intero per far vedere quello che succede qui".
Avete provato a far arrivare la vostra denuncia alle istituzioni perché si prendano dei provvedimenti?"Noi cerchiamo ogni giorno di contattare referenti politici, di parlare con senatori e parlamentari, associazioni ambientaliste perché qualcuno si faccia promotore di una qualche iniziativa, cerchi di mettre un freno a tutto questo o almeno lo regolamenti, o ancora che tuteli la proprietà privata così da non avere più cacciatori che circolano liberamente nel proprio terreno. Sì ci stiamo provando, non è semplice, ma ci stiamo provando".
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