mercoledì 20 febbraio 2013

Cacciatore spara e uccide un’aquila “per salvare un cerbiatto”

Smentito dai testimoni, il giudice non gli crede e lo condanna a 2 mila euro di multa

Un altoatesino di 28 anni è stato condannato in tribunale a Innsbruck, a 2.000 euro di multa per aver abbattuto un aquila. Il fatto è avvenuto lo scorso giugno nella valle Oetztal, sul confine tra l’Austria e l’Italia.

L’uomo si è difeso davanti ai giudici, sostenendo di aver solo sparato in aria per spaventare il rapace che aveva “adocchiato un cerbiatto” e di averlo colpito accidentalmente. Questa versione è stata però smentita da alcuni escursionisti che si trovavano in zona.

Uccisa a fucilate la cerbiatta Belinda.Era la mascotte del paese, bimbi in lacrime. Un cacciatore le ha sparato per strada

Trovata in una stalla quando era cucciola, allattata e nutrita da tutta la comunità. Un cacciatore le ha sparato per strada

Come nel film Bambi. Finale leggermente differente, ma sempre tragico. Qui è la cucciola a morire, non la madre. A Biserno, paesino di 90 anime sull'Appenino Forlivese, impallinata e uccisa senza pietà dai cacciatori, venerdì pomeriggio, è stata la cerbiatta Belinda, due anni e mezzo, che del piccolo borgo era diventata ben presto la mascotte. Adottata da proprietari di agriturismi e ristoranti del posto, dai loro clienti, adulti e bambini. Che adesso sono in lacrime, choccati. La loro Belinda non c'è più, uccisa da un cacciatore che le ha sparato da una distanza di neanche 50 metri, in una via centrale dell'abitato. Un'esecuzione, insomma.

«CENA» IN PIZZERIA - Belinda aveva preso abitudini e orari quasi «umani», tanto da presentarsi all'ingresso della pizzeria regolarmente alle 19 e 30 dopo essere scesa dai boschi che circondano il paesotto. E qui c'era sempre qualcuno, tra proprietari e clienti, che provvedeva a a regalarle croste, avanzi, un frutto o una fetta di torta. Per i più piccini giocare con Belinda, paciosa, affatto diffidente, era una festa. Ed erano molte le famiglie che venivano a trascorrere il fine settimana a Biserno soltanto per poter vedere la cerbiatta.

IL GIALLO DELL'UCCISIONE - Quel che è successo venerdì sera, poco dopo le 17 e 30, ha tutti i contorni di un giallo che però, a oltre 72 ore dall'uccisione della cerva, dovrebbe essere prossimo alla soluzione. Incolpato dell'esecuzione di Belinda è un cacciatore di Biserno, in qualche modo «reo confesso» perchè, come prevede la prassi, ha regolarmente registrato l'uccisione al registro venatorio della Provincia. «Ho sentito distintamente i colpi di fucile, hanno tremato i vetri. -racconta Andrea Cocchi, 28 anni, titolare dell'agriturismo «il Molino» -. Sono uscito, assieme al proprietario del ristorante "Vecchia Romagna", per vedere cosa stesse accadendo: a sparare è stato un vicino di casa, un cacciatore fanatico. Quando ci ha visti ha gridato: "Non avvicinatevi, è meglio per voi se non vi avvicinate". Non riesco a comprendere perchè lo abbia fatto: non solo ha ucciso un animale che in qualche modo era diventato il simbolo della nostra comunità, ma lo ha fatto addirittura nell'abitato, dove è tassativamente vietata la caccia».

TROVATA NELLA STALLA -Proprio ad Andrea, Biserno deve «l'adozione», nel maggio 2011, della cerbiatta uccisa venerdì. «Non so come fosse finita nella stalla, era piccolissima. La madre doveva averla data alla luce pochi mesi prima. Presumo che sia morta perchè non succede mai che un cucciolo venga abbandonato. Le abbiamo dato il nome di Belinda perchè... era bella, un muso dolce, proprio come quello di Bambi. L'abbiamo nutrita dandole ogni giorno, grazie anche all'aiuto di tutta la comunità, sei o sette litri di latte. Per qualche mese ha dormito nella stalla. Poi si è fatta una specie di cuccia qui vicino, nel bosco».



«ADOTTATA» DA BISERNO - Nel frattempo Belinda era già diventata una «cittadina» del minuscolo borgo romagnolo. Di giorno i giochi con i bambini, dai quali prendeva il cibo dalle mani. Poi nel pomeriggio una specie di siesta, accucciata sullo zerbino all'ingresso del ristorante «La vecchia Romagna», dove la sera trovava anche il suo pasto, servito direttamente dalle cucine del locale.

L'UCCISIONE - Venerdì pomeriggio Belinda è stata ammazzata. Una vera e propria esecuzione. La cerbiatta passeggiava tra le stradine del paese. E' stata freddata con un fucile da caccia che ha sparato la «rosa» di grossi pallini a una cinquantina di metri. «Ci fosse stato un cristiano nelle vicinanze - è il sospiro di Andrea Cocchi - sarebbe stato colpito anche lui». La vicenda è destinata ad avere un risvolto giudiziario. «Tra i nostri clienti ci sono carabinieri e poliziotti, so che vogliono presentare un esposto all'autorità giudiziaria. Di una cosa qui a Biserno siamo tutti sicuri: l'uccisione della povera Belinda non ha nulla a che fare con la caccia. E' come se avessero sparato a qualcuno di noi».
Alessandro Fulloni



mercoledì 13 febbraio 2013

Caccia: in Italia 151 vittime in 62 giorni

151 vittime, di cui 32 morti e 119 feriti, in soli 62 giorni: è questo il bilancio finale dell’ultima stagione di caccia, pubblicato nel “Dossier stagione venatoria 2012-13” e realizzato dall'Associazione Vittime della Caccia.

La stagione venatoria 2012-13 (in forma di caccia vagante) si è da poco conclusa e ne tracciamo un bilancio, tornando a parlare di quello che, ormai, viene sempre più considerato dall’opinione pubblica un“bollettino di guerra”. Dal 1 settembre 2012 al 31 gennaio 2013, infatti, in un arco di 5 mesi e di soli 62 giorni effettivi di caccia, le vittime sono state ben 151 (delle quali 32 i morti e 119 i feriti) e sono così suddivise:


- 108 vittime tra gli stessi cacciatori - di cui 21 morti e 87 feriti;

- 43 vittime tra la gente comune - di cui 11 morti e 32 feriti, ma tra questi ultimi si contano anche 9 i minori vittime di caccia: 5 morti e 4 feriti.

Gli ultimi dati aggiornati sono contenuti nel “Dossier stagione venatoria 2012-2013” pubblicato dall’ Associazione Vittime della Caccia (AVC). L’arco temporale analizzato nel Dossier va dal 1 settembre al 31 gennaio, ma i giorni di caccia effettivi non sono 153, bensì 62, poiché i giorni previsti dai calendari venatori sono 5 (e non 7) a settimana e, in genere, di questi 5 giorni, ogni cacciatore ne può scegliere solo 3 a settimana.

“Non che le stagioni venatorie passate fossero state 'pacifiche', anzi, ma questa appena conclusa è stata un'apoteosi di atti di una gravità inaudita”: è questo il primo commento al Dossier di Daniela Casprini, presidente dell'Associazione Vittime della caccia.

I dati raccolti ed analizzati da AVC escludono tutti i casi di vittime dovute a cadute, infarti o incidenti di qualsiasi altra natura (avvenuti anche durante le battute) che non siano le armi da caccia. Sia in ambito venatorio che extravenatorio, le vittime umane conteggiate (uccise o ferite) sono solo ed esclusivamente coloro che hanno subito lesioni a causa di detonazioni esplose da armi da caccia.

L’AVC, oltre alle vittime della caccia, registra ed analizza anche tutti gli incidenti che avvengono in zone vietate alla caccia e in aree protette, tutti i casi chiamati 'di ordinaria follia' nei quali, solo per coincidenze fortunate, i soggetti coinvolti non sono andati ad aumentare il numero delle vittime di caccia, e tutti i casi di abusi perpetrati ai danni dei cittadini italiani, spesso minacciati in casa propria dalle armi dei cacciatori.Da notare che le statistiche diffuse da molte associazioni venatorie risultano sensibilmente inferiori ai dati del Dossier AVC, poiché le associazioni di cacciatori escludono dal numero totale delle vittime la gente comune, cioè tutti coloro che non possiedono un regolare porto d’armi ad uso caccia: chi viene ferito o ucciso in una battuta, ma non possiede il porto d’armi, non è una 'vera' vittima di caccia.

Ma il dato più tragico e preoccupante che emerge dall’intero Dossier è che su 32 morti totali a causa di armi da caccia durante la stagione venatoria 2012-2013, 5 sono minorenni. Ricordiamo ancora una volta che, in Italia, l’esercizio della caccia è vietato ai minori di 18 anni, eppure non esistono norme che tutelano i bambini che vengono condotti a caccia dai genitori. Ecco perché, ogni anno, si registrano casi di bambini feriti o uccisi dalle stesse armi utilizzate dai cacciatori - sia nel caso in cui i minori accompagnino i genitori nelle battute di caccia, sia in caso di omessa custodia di armi da caccia da parte degli adulti.

Quella appena conclusa è una stagione venatoria che l’AVC non esita a definire “insanguinata e costellata di atti folli e criminali”. “E ancora”, continua Daniela Casprini, “c'è chi fa/autorizza lezioni nelle scuole per avvicinare i minori alla caccia e addirittura una compagnia di assicurazione stipula un Contratto per i minori a caccia in qualità di “battitori”, forse non rendendosi conto che i minori non possono essere impiegati in attività pericolose e che il “battitore”, nei fatti, svolge attività venatoria a tutti gli effetti - attività vietata ai minori di 18 anni!”.

Una Sezione del Dossier AVC è interamente dedicata al problema dei minori ed ha lo scopo di evidenziare tutti i casi di coinvolgimento dei minori di età - sia vittime di armi da caccia, siabambini che hanno subito gravi turbative psichiche in quanto spettatori e/o oggetti, loro malgrado, di episodi violenti ad opera di chi detiene legalmente armi ad uso caccia. Il limitato arco temporale di 62 giorni effettivi di caccia evidenzia tutta la gravità e le ripercussioni, sul piano psicologico, dei bambini coinvolti, oltre all'inaccettabile casistica dei minori morti fucilati.

“Il ricambio generazionale che i cacciatori vogliono garantire a spese dei più piccoli, non trova alcuna giustificazione in un Paese civile”, si legge nel Dossier. “Eppure, le associazioni venatorie insistono nel voler portare nelle scuole la materia venatoria, fregandosene delle evidenti conseguenze che queste stesse cronache ci riportano e che, ogni anno, si rinnovano inesorabilmente. Una vergogna che non concepiamo come i cacciatori - padri di famiglia - possano non provare”.

“Non ci sono molte parole da aggiungere a questi numeri spaventosi, i fatti parlano già da sé”, continua Daniela Casprini. “Chi ha un minimo di coscienza ne tragga le proprie conclusioni ed i responsabili di questa strage legalizzata (cacciatori e politici/amministratori conniventi) comincino a riflettere seriamente - e una volta per tutte - su questo fenomeno solo italiano, quale conseguenza di una normativa ormai obsoleta ed inopportuna per un territorio come quello del nostro Paese”.

E a breve, conclude, “al Dossier si aggiungerà una nuova Sezione sulla violenza domestica e il femminicidio per mano di chi detiene legalmente armi da fuoco ad uso caccia, che non riguarderà solo l'arco temporale dei 5 mesi dedicati alla caccia, ma tutto l'anno solare”.

martedì 5 febbraio 2013

Piombino (Li): trovati trampolini abusivi e un mare di cartucce

Ieri i volontari del Wwf hanno ripulito tutta l’area di caccia Gualerci: «Sporco e irregolarità, altro che area protetta»

PIOMBINO. Alle 9, appuntamento sulla strada che porta dal Reciso agli appostamenti. Una domenica mattina (ieri) che il Comitato locale Wwf Val di Cornia ha deciso di dedicare - stagione venatoria appena conclusa - alla “Caccia alla cartuccia”. «Un’azione fin troppo proficua...» lamenteranno, alla fine, i partecipanti dopo aver raccolto qualcosa come un quintale di cartucce in un’area di poco superiore ai 300 metri quadrati. Ed aver trovato un bel po’ di “trampolini” abusivi per la caccia al colombaccio (non mancheranno le segnalazioni alle autorità competenti).

Di foto, ieri mattina i volontari e amici Wwf - in tutto 13 - ne hanno scattate parecchie.

«Tre ore e mezzo di pulizia – racconta Stefano Gualerci, responsabile Wwf Val di Cornia – a raccogliere soprattutto cartucce ma anche spazzatura della più varia. Per riscoprire anche tristi attività che sembravano ormai superate... c’è ancora chi fa il falò con le cartucce, abbiamo trovati resti delle teste d’acciaio; evidente , sono abitudini che si tramandano senza pensare ai danni. Insomma, che dire, un bel po’ di sporco e di abusi».

Qualche dato su questa iniziativa "Caccia la cartuccia" sul Promontorio di Piombino lo snocciola direttamente il responsabile del Comitato locale Wwf.

Cartucce. «Abbiamo raccolto circa un quintale di cartucce in un'area di poco superiore ai 300 mq. – conferma Stefano Gualerci – se rapportiamo il "raccolto" per la superficie del Promontorio che ricade nel sito di importanza comunitaria (nel caso, fondamentale per le rotte migratorie ndr) si raggiungono quantità pazzesche. Il Promontorio di Piombino - Monte Massoncello (circa 718 ettari, circa l’80% del Promontorio) è solo "teoricamente" area di importanza comunitaria per la conservazione della natura, per altro decisa da commissioni ministeriali, visto che sullo stesso Promontorio restano abbandonate svariate tonnellate di cartucce sparate. Se poi consideriamo che il piombo abbandonato nei boschi (20 gr. per ogni cartuccia sparata) – sottolinea ancora Gualerci – lascio immaginare il livello di inquinamento da metalli pesanti presente sull'area».

Abusivismo. Conferme e una ragnatela di scoperte. «Oltre agli appostamenti fissi di caccia – dice Gualerci – sono presenti numerosissimi "trampolini" abusivi per la caccia al colombaccio. Tanto per fare un esempio, proprio sotto uno di questi ci siamo messi a contare le cartucce e al numero 600 abbiamo smesso di contarle mettendole direttamente nei sacchi».

Altra spazzatura. «Tra l’altro, sempre sotto queste strutture abusive, che sono pure passibili di sanzioni amministrative e segnalazioni alla Regione Toscana per danno erariale a causa del mancato versamento delle concessioni regionali – aggiunge Gualerci – viene abbandonato "il mondo"... bottiglie, lattine, cartine di merendine, ma anche tappetini di auto, resti di brandine che abbiamo portato via documentando».

Turismo e territorio. « Impensabile – commenta – promuovere il Promontorio di Piombino nelle borse turistiche del centro e nord Europa se il biglietto da visita è una distesa ininterrotta di cartucce sparate ed abbandonate nel bosco e pure lungo i sentieri all'interno del territorio protetto, la così detta Anpil (Area naturale protetta d'interesse locale)».

Quale tutela. «Ai cacciatori è stato affidato sostanzialmente il" compito" di sorvegliare e di tutelare il Promontorio di Piombino? – si domanda polemicamente Gualerci – Ma se questi sono i risultati, è bene rivedere questo orientamento da parte degli amministratori locali. Probabilmente la Parchi Val di Cornia avrebbe maggiori titoli e competenze per garantire un livello accettabile di tutela dell'area».

«Tornare a casa con così tanti sacchi di cartucce e di sporco più vario... – conclude il responsabile del Comitato locale Wwf – purtroppo abbiamo trovato molto di più di quanto si credeva possibile. Prima dell’estate faremo un’altra pulizia».

sabato 2 febbraio 2013

IL CENTRO DESTRA VUOLE LA GALERA PER CHI FARA’ OSTRUZIONISMO CONTRO LA CACCIA

Disturbare cacciatori e pescatori potrebbe costare la galera.


La legge non lo prevede ancora, ma si rischierà di finire in carcere per un anno, pagando anche una multa di 2mila 400 euro, se il Parlamento darà il via libera alla proposta presentata in Senato da Pdl, Fli, Udc e Lega.

L’obiettivo è quello di inserire nel codice penale l’articolo 660-bis che introduce il reato di «turbativa, di ostacolo ed impedimento agli atti di caccia e pesca» e all’attività degli impienti di cattura della fauna selvatica.

Caccia e pesca, spiega il senatore del Pdl Valerio Carrara, primo firmatario del disegno di legge, «condizionano la vita dell’uomo da tempo immemorabile: per secoli la sopravvivenza della specie umana è stata garantita proprio dalle catture degli animali selvatici e dei pesci». Oggi caccia e pesca non sono più una questione di mera sopravvivenza, ma hanno assunto «valenze di segno diverso: sono -sottolinea Carrara- un patrimonio culturale tramandato di padre in figlio. La caccia, in particolare è elemento di una tradizione legata fortemente alla terra ed ai valori della ruralità».

L’attività venatoria inoltre, insiste Carrara, è divenuta un efficace strumento di ‘regolazione’ della fauna attraverso una serie mirata di interventi «che non si estrinsecano più, come in passato, esclusivamente in azioni di prelievo di animali dall’ambiente».

Ma c’è, attacca Carrara, «chi è ideologicamente contrario, e purtroppo nel nostro Paese alcuni sedicenti animalisti-ambientalisti sono passati dalle parole alle vie di fatto, trasformando l’opposizione ideologica in atti di vero e proprio ‘ostruzionismo’, anche violenti: appostamenti di caccia dati alle fiamme o danneggiati in modo grave; gomme tagliate alle auto dei cacciatori; azioni di disturbo con sirene e campanacci sui terreni di caccia per ostacolare l’attività venatoria».

I cacciatori e i pescatori, ricorda Carrara, pagano ogni anno una tassa di concessione statale ed una regionale, «ed è giusto che lo Stato assicuri loro la possibilità di esercitare l’attività, peraltro autorizzata attraverso apposite licenze».

Tra l’altro, argomenta il senatore del Pdl, «per poter svolgere l’attività venatoria occorre avere particolari requisiti psico-fisici e conseguire un’abilitazione tecnica, non facile ad ottenersi, rilasciata dalle strutture pubbliche competenti». «Ecco perché -sottolinea Carrara- occorre introdurre nel codice penale una norma, con valenza deterrente, che valga a rendere effettiva la tutela dell’ordine e della tranquillità che potrebbero essere turbati e messi in pericolo dal ‘contatto’ con sedicenti amanti della natura, determinati a disturbare o ostacolare l’attività venatoria».

Insomma, un reato di ‘turbativa, ostacolo e impedimento’ all’attività di caccia e pesca, come quello introdotto recentemente nell’ordinamento francese. Un nuovo reato che verrebbe punito con l’arresto fino a 6 mesi o, in alternativa, con un’ammenda fino a 1.200 euro se a commetterlo è una singola persona.

Se invece l’ostruzionismo è opera di più persone, allora la pena aumenta e si rischia di finire in galera per un anno, pagando, questa volta obbligatoriamente, una multa che può arrivare fino a 2mila 400 euro.